domenica 26 febbraio 2012

La struttura feudale normanna

Mileto, Casa Naccari - Dipinto raffigurante Ruggero II

Per feudalesimo si intende, come dice la storica Gabriella Piccinni,  l’insieme dei legami personali, lo scambio di favori e servizi, tra un re e un vassallo, e tra un vassallo e altri suoi fedeli, tutti uomini liberi. 
Il rapporto vassallatico fu dunque un fatto privato che assunse funzione pubblica perché servì a governare a livello locale. 
Da questo punto di vista, la struttura feudale fu valido strumento di controllo per il potere centrale, soprattutto in una realtà considerevolmente estesa e problematica come poteva essere il Regno di Sicilia.
La creazione del Regno di Sicilia era senza dubbio  un fatto unico per l’Europa del tempo: per la prima volta, in un’ Italia frammentata, nasceva un regno di vaste proporzioni, che abbracciava tutta l’Italia meridionale, e con una solidità militare paragonabile a quella degli eserciti romani. Ma la struttura organizzativa normanna non era certo casuale; essa fu il frutto di tante esperienze dei re normanni che seppero dare al loro regno un’organizzazione centralizzata e costruire un apparato amministrativo abbastanza funzionale, anche grazie all’apporto delle altre realtà politiche-amministrative presenti sul territorio. 
Il merito di una struttura feudale fortemente centralizzata va senza dubbio a Ruggiero II, abile politico, con una concezione molto personale di regno.

Anche se scomunicato due volte da papa Innocenzo II, Ruggiero era pur sempre il difensore ufficiale della cristianità, il vassallo per eccellenza della Chiesa e in questo ruolo si era calato intensamente, maturando un proprio concetto  di “re” e  di “regno”. Considerava il re, ossia se stesso,  strumento di Dio e il regno un dono che gli era stato affidato e di cui era custode e responsabile. Ciò comportava un legame personale tra il sovrano ed il suo popolo, in cui la fiducia del popolo stesso nel sovrano era fondamentale. Per dirla con le parole di Errico Cuozzo: “il re era [...] legato ai suoi sudditi da un legame diretto, che non era mediato da alcuna struttura operante nello Stato, e tanto meno da quella feudale, i cui compiti erano eclusivamente militari” (La conquista normanna e la nascita del Regno di Sicilia, pag. 59).  
Quanto fosse genuina o quanto fosse politica questa concezione ruggieriana  di monarchia non ci è dato di saperlo. Quello che è certo è che essa non fu  un limite alla crescita del Regno di Sicilia, anzi servì a dargli quella struttura solida che lo distinse.
Fu lo stesso Ruggiero che nell’Assise del 1140 di Ariano Irpino (AV) ci tenne a mettere i puntini sulle i dichiarando che “chiunque detiene molto o poco delle nostre regalie,  in nessun modo e con nessun artifizio può alienare, donare, vendere o distruggere, in tutto o in parte  ciò che ad esso attiene in modo che  i relativi diritti siano affievoliti, annullati o subiscano ancora qualche lesione”. (idem, pag. 55)
Il perno intorno a cui ruota la feudalità ruggieriana è dunque la parola regalia: tutto ciò che viene concesso ai feudatari è considerato un dono del re ai suoi vassalli e che a lui dovrà ritornare.  Con regalia ci si riferisce a tutti i beni, mobili e immobili, tra cui i feudi, concessi dal re a principi, conti, baroni maggiori e baroni minori. La feudalità ruggieriana è quindi una struttura piramidale che dipende, direttamente e indirettamente, dal re e i feudatari sono considerati al pari di burocrati che esercitano i poteri regi in particolari circoscrizioni territoriali, i feudi appunto, per delega del re. 

Per mettere in pratica la sua concezione di regno  e per affermare sempre più il potere centrale, Ruggiero avviò, subito dopo il 1140, una radicale riforma dell’organizzazione feudale. In un'altra assemblea pubblica del 1142, quella di Silva Marca (AV), tra le tante cose, decise anche una rigorosa inchiesta conoscitiva, raccolta nel Catalogus Baronum,  per registrare tutti i nomi dei feudatari, lo stato giuridico di ogni feudo posseduto e la quota militare dovuta  in rapporto ad esso. 
Con questa importante indagine, Ruggiero volle “razionalizzare” la gran varietà di feudi e di abitudini ad essi connessi, sviluppatisi nei periodi precedenti. Solo dopo la raccolta dei dati necessari, seguì la riforma vera e propria.

Tutti i più importanti feudi divennero quaternata  (o in baronia), soprattutto quelli del baronaggio più ribelle, cosiddetti perché registrati nei quaterniones curiae, insieme ai servizi dovuti. La particolarità dei feuda quaternata era che essi erano sotto il diretto e rigido  controllo del re, a cui dovevano anche il servizio militare. 
Il re aveva la prerogativa di concedere un feudo quaternato sia a conti e baroni, sia a loro suffeudatari, e la concessione avveniva tramite un diploma, consegnato al titolare, o anche ai legittimi eredi, all’inizio della donazione ed ogni volta che la si rinnovava.

Le vecchie contee, che erano ormai diventate vere e proprie signorie autonome,  vennero ristrutturate secondo un nuovo schema costituito da una serie di feuda quaternata, tenuti da un conte in demanio ed in servitio. Solo le famiglie comitali normanne imparentate con gli Altavilla ne conservarono il possesso; le altre furono tutte sostituite. 
I feudi meno importanti  non entrarono nella nuova categoria e ai loro titolari fu concesso di fornire il servizio militare al rispettivo feudatario in capite invece che al re.
Chiaramente, questa riforma fu accompagnata da un insieme di riforme legislative e figure amministrative ad hoc che permisero a re Ruggiero di consolidare il suo controllo su di essa.
In tutto questo, è evidente che ci viene spontanea una domanda: che tipo di feudo era Carinola nell’ambito del Regno di Sicilia? 
Questo lo vedremo nei prossimi articoli.
c.d.l.



Alcuni Testi consultati
Cerbone Carlo - Afragola feudale - Istituto di studi atellani-Frattamaggiore, 2004
Winspeare Davide – Storia degli abusi feudali –  Napoli, 1811
Cucinotta Giovanni – Ieri e oggi Sicilia: storia, cultura, problemi – Cosenza, 1996
Centro Studi Normanno-Svevi – Società potere e popolo nell’età di Ruggero II – Bari, 197
Centro Studi Normanno-Svevi - I caratteri originari della conquista normanna -  Bari, 2006
Gregorio Rosario – Considerazioni sopra la storia di Sicilia dai tempi normanni – Palermo, 1831
Cuozzo Errico – La conquista normanna e la nascita del Regno di Sicilia – Avellino, 2002
Cuozzo Errico – La monarchia bipolare. Il regno normanno di Sicilia – Avellino, 2000
Piccinni Gabriella -  Il Medioevo – Milano, 2004
Piccinni Gabriella – I mille anni del Medioevo - Milano, 1999

martedì 21 febbraio 2012

Il castello e la cinta muraria di Carinola

Torre normanna nella cinta muraria di Carinola
Questo spazio accoglierà un articolo dopo che tutti i dati raccolti in questi giorni dai soci degli Archeoclub di Carinola e Falciano saranno elaborati. Intanto, auguro un buon lavoro ai partecipanti capitanati dal dott. Ugo Zannini e dal prof. Silvio Ricciardone. Posso solo anticipare che la perlustrazione è stata molto fruttuosa e che ha riservato diverse sorprese.

Spazio riservato

martedì 7 febbraio 2012

Carinola normanna

Cattedrale di Carinola - Affresco

Il neo Regno di Sicilia ebbe nel suo primo re, Ruggiero II, un sovrano molto attento all’organizzazione del regno che, ben presto, assunse una struttura solida e funzionale, e a cui contribuirono anche i sovrani successivi Guglielmo I detto il Malo e Guglielmo II detto il Buono, rispettivamente figlio e nipote di Ruggiero. L'amata Palermo fu investita dal re quale capitale del nuovo regno e Ruggiero pensò anche a dargli una moneta propria, il ducato, che accompagnò la storia italiana fino all' Unità d'Italia del 1860.
Il feudalesimo, che già con i Longobardi era stato accennato, venne chiaramente schematizzato in ogni sua parte proprio per permettere la funzionalità dell’intero organismo, imperniato su un ordine politico-militare.

Il Regno fu diviso complessivamente in tre province, quella insulare della Sicilia e due continentali: il Ducato di Apulia e il Principato di Capua che, per la prima volta, sarà registrato nei documenti normanni come Terra di Lavoro

Le due province continentali erano degli estesi organismi territoriali che abbracciavano tutto il meridione, dalla Calabria allo Stato Pontificio, ed erano formate dalle contee, organismi territoriali più piccoli, alla guida delle quali era un conte, investito direttamente dal re. Le contee normanne  subirono un fondamentale rinnovamento che venne esposto dal re in persona in un importantissimo raduno di tutti gli uomini liberi a Silva Marca (Ariano Irpino-Avellino) nel 1142. Re Ruggiero volle rendere esecutivo il suo  disegno accentratore nei confronti dei conti del Regno, mettendo subito in chiaro che chi non era con lui era contro di lui e perciò sarebbe stato isolato e dichiarato ribelle.

Alcune contee vennero soppresse, altre ridimensionate e ridistribuite. Venne creata una nuova categoria di feudi chiamati più tardi feuda quaternata o feuda in baronia, su cui il re aveva diretto controllo, i quali non potevano essere trasmessi per via ereditaria e solo al re ne spettava l’investitura dei loro conti. Erano chiaramente quei feudi che per la loro posizione territoriale costituivano un punto strategico del Regno. 
Il Regno di Sicilia aveva un governo centrale, controllato  direttamente dal re, e costituito soprattutto dai funzionari regi greci e bizantini, con varie funzioni che riguardavano la giustizia e l'amministrazione generale. Al governo centrale apparteneva la Dohana Baronum, l’ufficio finanziario, che possiamo considerare al pari dei moderni uffici del registro,  istituita nel 1168 da Guglielmo II, nel cui catalogus venivano registrati tutti i feudatari, i loro possedimenti, le tasse e il servizio militare dovuto al re per l’allestimento del magnus exercitus in vista di una magna expeditio, quali potevano essere le Crociate.
C’era poi il governo provinciale, con lo stesso tipo di funzionari, ma con competenza provinciale, controllati chiaramente da quelli di grado superiore.

Nel Catologus Baronum le due province continentali risultano divise in dieci connestabilìe, estese circoscrizioni amministrative istituite da re Ruggero tra il 1140  e il 1145, a capo delle quali c’era un ufficiale regio, scelto tra i feudatari appartenenti alla stessa connestabilìa, chiamato connestabile.
Le connestabilie seguivano l’estensione territoriale di ciascuna diocesi.
Carinola apparteneva alla connestabilìa di Landolfo Borrello, la quale era molto estesa e comprendeva all’incirca le attuali province di Napoli, Caserta, Latina ed Alto Molise.
La connestabilìa del Borrello era composto dalle diocesi di: Napoli, Nola, Pozzuoli, Cuma, Acerra, Aversa, Caserta, S. Agata de’ Goti, Benevento nella parte occidentale dei fiumi Sabato e Calore, Telese, Alife, Caiazzo, Capua, Carinola, Teano, Calvi, Sessa Aurunca, Venafro, Isernia e parte di Boiano, Trivento, Montecassino, Aquino, Fondi, Gaeta e la parte centro-meridionale di Sora
Questa enorme circoscrizione era stata divisa in una sottoconnestabilia, una delle tre del Regno, che comprendeva le diocesi di Montecassino, Aquino, Fondi, Gaeta e Sora, affidata ad Adenolfo di Caserta.
Il ruolo istituzionale del connestabile e del sottoconnestabile  era il comando militare degli uomini forniti dai feudatari delle proprie connestabile. Avevano anche quello di controllo sulle prestazioni del servizio militare che i feudatari dovevano al re, non necessariamente in caso di guerra, ma che riguardavano anche la guardia e la manutenzione dei castelli.
La nuova contea normanna di Carinola fu istituita dopo il 1143-45 e affidata a Gionata, che non è lo stesso Gionata che amministrava Carinola ai tempi di San Bernardo, bensì un suo nipote. Perché di conti Gionata, Carinola ne ha avuti due.

c.d.l.
Testi esaminati
Cuozzo Errico - Catalogus Baronum - Commentario - Roma,  1984
Cuozzo Errico - La Monarchia Bipolare - Il regno normanno di Sicilia - Avellino, 2000
Cuozzo Errico - La Cavalleria nel Regno normanno di Sicilia -  Avellino, 2002
Jamison Evelyn - Catalogus Baronum - Roma, 1972
Piccinni Gabrielle - I Mille anno del Medioevo - Milano, 1999