Ceprano: epigrafe dedicata a Manfredi |
Uno dei thriller storici più affascinanti riguarda senza
dubbio la scomparsa dei resti di Manfredi che furono trafugati dal ponte di Benevento,
in cui originariamente il re era stato sepolto, per essere portati ad un luogo sconosciuto. Per
ritrovarli, nel corso dei secoli, si è scatenata una specie di caccia al tesoro che
continua tuttora, ma niente di certo è venuto a galla. Attualmente è Ceprano a rivendicare l’onore della sepoltura del re svevo, basandosi sull'interpretazione dei versi danteschi del XXVIII canto dell' Inferno, ma
anche su accurate ricerche di studiosi
locali.
La storia è nota ed avvincente: secondo il cronista medievale Giovanni Villani il
corpo di re Manfredi, morto eroicamente nella battaglia di Benevento del 1266, fu
cercato per due-tre giorni, ma non si riuscì a trovarlo perché Manfredi, al
momento di scendere in battaglia, si era tolto le insegne reali che lo distinguevano e che lo avrebbero
reso riconoscibile tra tanti corpi di soldati caduti. Il suo corpo senza vita fu ritrovato da un ribaldo
che lo mise di traverso su un asino e andava gridando: “Chi accatta Manfredi? Chi accatta
Manfredi?”. Un barone del re uccise il ribaldo e portò il corpo del suo signore nella tenda di Carlo d’Angiò che lo fece riconoscere dai baroni prigionieri e
poi ne ordinò la sepoltura nei pressi del ponte sul fiume Calore, a Benevento. Manfredi,
essendo stato scomunicato più volte dal papa, non poteva essere sepolto in
luogo sacro.
Ma papa Clemente IV, non contento di questo, volle far
scomparire per sempre quella sepoltura, convinto
che con essa sarebbero scomparsi gli ultimi ardori ghibellini che ancora
perduravano in Italia. Dal vescovo di Cosenza Bartolomeo Pignatelli, acerrimo
nemico di Manfredi, fece esumare i resti dello svevo e li fece portare fuori dallo Stato della Chiesa:
“Come fu mandato il corpo di re Manfredi fora del Regno. Alli 1267, di settembre. In questo tempo venne in Benevento lo vescovo di Cosenza et trovò lo corpo di re Manfredi che stava atterrato a’ piè del ponte di Benevento, subito fè ordinare che fosse levato da detto loco, perché era scomunicato e perché lo predetto loco era terreno di Benevento et era terra della S. Chiesa; e così fu dissotterrato e mandato a sotterrare fora li confini del Regno” (B. Capasso, Historia diplomatica ).
“Come fu mandato il corpo di re Manfredi fora del Regno. Alli 1267, di settembre. In questo tempo venne in Benevento lo vescovo di Cosenza et trovò lo corpo di re Manfredi che stava atterrato a’ piè del ponte di Benevento, subito fè ordinare che fosse levato da detto loco, perché era scomunicato e perché lo predetto loco era terreno di Benevento et era terra della S. Chiesa; e così fu dissotterrato e mandato a sotterrare fora li confini del Regno” (B. Capasso, Historia diplomatica ).
Con il passaggio del Regno agli angioini, Bartolomeo
Pignatelli era stato nominato arcivescovo di Messina e, andando a prendere
possesso della nuova sede, poteva portare quei resti altrove, in luogo sconosciuto. L’intera
vicenda fu riferita da Dante nella sua Commedia con pochi magnifici versi:
Se
‘l pastor di Cosenza, che alla caccia di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora
avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora
in co’ del ponte presso a
Benevento, sotto la guardia della grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
dov’ei le trasmutò a lume spento.”
(Purgatorio, III, 124-132)
Or le bagna la pioggia e move il vento di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
dov’ei le trasmutò a lume spento.”
(Purgatorio, III, 124-132)
Questi versi hanno
tuttavia dato origine ad un vero giallo interpretativo: quale territorio si
potrebbe realmente intendere per “fuor dal regno”? Immediatamente fuori dei confini dello Stato della Chiesa o del Regno di Sicilia, anch’esso territorio
ecclesiastico dato in feudo ai re normanno-svevi? E quale fiume per il Verde?
Secondo le ricerche di alcuni
studiosi locali quali il dott. Roberto Volterra, il dott. Osvaldo Torres, l’archeologa
Teresa Ceccani, il dott Gianfranco Tanzi ed altri, Manfredi sarebbe stato sepolto a Ceprano, già
terra “sconsacrata” perché ai confini con lo Stato della Chiesa. A Ceprano
scorre anche il fiume Liri che veniva detto il Verde. Ma tanti altri fiumi nel
medioevo venivano chiamati “Verde”: il Canneto, il Sabato, il Castellano.
Alcuni pensano infatti che Manfredi sia stato trasportato lungo il Canneto e
non lungo il Liri.
Secondo gli studiosi succitati, prenderebbe sempre più consistenza l’ipotesi che Manfredi sarebbe sepolto a Ceprano, non solo a causa dei versi di Dante, ma anche grazie a molti indizi da non sottovalutare. Si dice che la piccola teca custodita nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, accanto al simulacro di Sant’Arduino, contenga proprio le ossa di Manfredi e non quelle del santo. A rafforzare questa tesi si aggiunge un ulteriore indizio: alla sinistra della teca è murato un pezzo di sarcofago marmoreo con l’aquila federiciana, proveniente da un ritrovamento fatto nel 1614. Indizi importanti che tuttavia non risolvono definitivamente il giallo.
Secondo gli studiosi succitati, prenderebbe sempre più consistenza l’ipotesi che Manfredi sarebbe sepolto a Ceprano, non solo a causa dei versi di Dante, ma anche grazie a molti indizi da non sottovalutare. Si dice che la piccola teca custodita nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, accanto al simulacro di Sant’Arduino, contenga proprio le ossa di Manfredi e non quelle del santo. A rafforzare questa tesi si aggiunge un ulteriore indizio: alla sinistra della teca è murato un pezzo di sarcofago marmoreo con l’aquila federiciana, proveniente da un ritrovamento fatto nel 1614. Indizi importanti che tuttavia non risolvono definitivamente il giallo.
Ma c’è una tesi ancora più avvincente che ci fornisce lo
studioso Cono Antonio Mangieri nel suo intrigante studio in pdf “Le ossa di
Manfredi”.
I critici moderni preferiscono identificare il Verde con il
Liri-Garigliano, citando anche un’altra terzina del Paradiso dantesco che recita:
e quel corno d’Ausonia che s’imborga
di Bari di Gaeta e di Catona,
da dove Tronto e Verde in mare sgorga
(Paradiso, VIII-vv. 61-63)
Secondo il Mangieri, sono proprio questi versi che fanno invece capire che il Verde dantesco
non può essere il Liri-Garigliano, ma che Dante abbia voluto suggerire l’esatta
identificazione del fiume già menzionato nel
Purgatorio. In questa terzina sono citati tre toponimi che
rappresentano i vertici di un triangolo capovolto, il corno d’Ausonia, in cui i critici hanno visto l'intero territorio della Chiesa, sia quello papale governato direttamente dal papa, sia quello feudale, governato dai re normanno-svevi. Il regno citato da Dante, non sarebbe quindi solo il territorio beneventano, ma comprendeva anche l'intero regno in mano a Manfredi.
Analizzando accuratamente i confini territoriale dello Stato della Chiesa e del
Regno di Sicilia, il Mangieri arguisce che l’unico territorio in cui potevano
essere portati i resti di Manfredi, perché non appartenente alla Chiesa, era un territorio calabrese tra i fiumi Trointo
(erroneamente detto Tronto nella Commedia) e La Verde che sfociano entrambi nel
mar Ionio. Questo ipotesi giustificherebbe anche l’affidamento di tale missione
al vescovo di Cosenza promosso ad arcivescovo di Messina.
Perché proprio a lui?
In fondo, tra gli ecclesiastici, i nemici di Manfredi erano tanti e l’esecutore
materiale della missione poteva essere chiunque.
Semplicemente perché il Pignatelli,
andando a Messina a prendere possesso della nuova sede, doveva passare per quei
luoghi e gli era facile nascondervi quei resti.
Una tesi molto intrigante quella del Mangieri, che se venisse
provata, demolirebbe molte convinzioni. Ma sarà mai possibile provare dove
effettivamente sono i resti di Manfredi?...
cdl
Testi
consultati
Capasso Bartolommeo – Historia diplomatica –
Capasso Bartolommeo – Historia diplomatica –
http://www.classicitaliani.it/dante1/mang_manfredi.pdf
Villani Giovanni – Nuova Cronica – Tomo I - Firenze, 1844 (ristampa)
Villani Giovanni – Nuova Cronica – Tomo I - Firenze, 1844 (ristampa)
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