domenica 5 maggio 2013

La crudeltà di Carlo d’Angiò



Castel del Monte - stampa del 1890

La Storia è uno snodarsi di avvenimenti documentabili esposti con un distacco che non lascia spazio alcuno al sentimentalismo, di qualsiasi tipo esso sia. Ma chi studia storia sa benissimo che dietro certi  avvenimenti si nascondono spesso drammi umani, conseguenti a quegli avvenimenti, che quasi mai vengono raccontati. Uno di questi drammi riguarda la vicenda di Manfredi.

Manfredi aveva solo 34 anni quando morì nella Battaglia di Benevento del 1266. Oltre ad essere il bravo guerriero che conosciamo, egli era anche marito e padre. 
Dopo la morte della sua prima moglie, Beatrice di Savoia da cui aveva avuto la figlia Costanza, aveva sposato Elena degli Angeli o Comneno, figlia del despota d’Epiro Michele II, da cui aveva avuto altri quattro figli che, alla sua morte, erano tutti piccoli: Beatrice, di circa sei anni, nata nel 1260; Enrico, di quattro anni, nato nel 1262; Federico, di tre anni, nato nel 1263; Enzo, di venti mesi, nato nel 1264.

Carlo d’Angiò, senza alcuna compassione, li fece  imprigionare e nascondere agli occhi del mondo. Della sorte  dei quattro figli di Manfredi, avuti dal suo secondo matrimonio, nessun cronista del tempo sapeva nulla,  neanche Dante, che altrimenti ne avrebbe parlato nel Terzo canto  del Purgatorio.  Invece Dante cita solo Costanza, scrivendo:


Vadi a mia bella figlia, genitrice

de l’onor di Cicilia e d’Aragona,

e dichi il vero a lei s’altro si dice

 ……………………………

Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto

revelando a la mia buona Costanza

come m’hai visto, e anco esto divieto

che qui per quei di là molto s’avanza.

(Dante– Divina Commedia, Purg. c. III, vv. 115-117/142-145)



Solo Saba Malaspina ne cita una figlia che sarebbe sopravvissuta al padre, ma non ne dice il nome.  Potrebbe essere la stessa Costanza.
 
Che cosa era dunque successo? Perché l'angioino fu così disumano con i figlioletti di Manfredi?

Era successo che, dopo la decapitazione di Corradino, i figli di Manfredi erano gli unici, legittimi eredi al trono di Sicilia e per Carlo d'Angiò rappresentavano una minaccia. Egli si preoccupò quindi di far diffondere la notizia della loro morte  per togliere definitivamente ogni speranza ai ghibellini d’Italia.   
Poteva effettivamente farli giustiziare, come aveva fatto con Corradino, ma avrebbe dovuto fare i conti con il Papa che, secondo le norme della Chiesa,  non avrebbe  potuto accettare la pena capitale  di piccole creature innocenti.

Quando giunse la notizia dell’esito della battaglia e della morte di Manfredi, Elena ed i suoi figli si trovavano nel Castello di Lucera, ben protetti dai fedelissimi Saraceni.  Tutti i baroni presenti si affrettarono a mettersi in salvo; solo pochi rimasero accanto alla regina.
Nel trambusto che seguì la ferale notizia, fu deciso di far partire subito la regina e i suoi figli per la bizantina isola di Corfù, portata in dote dalla stessa Elena, e scelta Trani come porto d’imbarco, lo stesso da cui era arrivata nel Regno come sposa di Manfredi. 
I fuggitivi vi arrivarono nel cuore della notte, ma una violenta tempesta li costrinse a rimandare la partenza. Questo increscioso imprevisto permise ai soldati di Carlo di raggiungere e prendere la regina e i bambini. 

Elena fu rinchiusa nella Rocca di Nocera, senza i suoi figli e sotto la severa custodia di un soldato provenzale di fiducia del re. 
La piccola Beatrice fu invece portata a Castel dell’Ovo, dove le venne assicurato un trattamento abbastanza decoroso e dove raggiunse i 18 anni senza sapere nulla della madre e dei fratelli. 
Nel 1282, con la rivolta dei Vespri Siciliani, fu rimessa  sul trono di Sicilia la prima figlia di Manfredi, Costanza, che aveva sposato Pietro d’Aragona, e Beatrice poté cominciare a sperare. Solo due anni dopo ella,  ormai  ventiquattrenne,  fu liberata grazie  all' azione di Ruggiero di Lauria, ammiraglio di Pietro, e poté andare in Sicilia, dove fu accolta con gioia dalla sorella Costanza e da tutto il popolo. 
Beatrice sposò poi Manfredi, figlio del marchese di Saluzzo, che del suo amato padre aveva il nome.

Sorte meno fortunata ebbero i figli maschi di Manfredi che tutti credevano morti e perciò il trono di Sicilia era andato a Costanza. Essi erano stati incarcerati nel castello di Santa Maria del Monte, dove si trovava anche Corradello, signore di Caserta e di Carinola, e solo nei registri angioni di Carlo II se ne ha notizia. 
Nel 1294 essi, ormai trentenni, furono trasferiti nei sotterranei di Castel dell’Ovo, dove tra il 1300 e il 1301 morì Enzo, il più giovane dei fratelli, accomunato nella sorte allo zio Enzo, di cui portava il nome, che morì nelle prigioni bolognesi. 
Federico riuscì invece ad evadere e a riparare in Egitto e di lui non si ebbero più notizie. 
A Castel dell’Ovo rimase il primogenito Enrico che vi morì a 56 anni, nel 1318, dopo 52 anni di carcere! 

Si consumò così, lentamente e miseramente, il dramma degli ultimi Hohenstaufen, la cui unica colpa era quella di essere gli ultimi discendenti di una illuminata casata. 
 cdl




Testi consultati:
Dallo studio di Pasquale Cafaro: I figli di Manfredi.
http://emeroteca.provincia.brindisi.it/Archivio%20Storico%20Pugliese/1953/Archivio%20Storico%20pugliese%20A.6%201953%20fasc.1-4%20articoli/I%20Figli%20di%20Manfredi.pdf 

 

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