martedì 3 maggio 2016

Guglielmo D’Alneto (D’Aulnay)

Stemma della Famiglia D'Alneto
Come abbiamo visto, alla conquista del Regno di Sicilia, insieme a Carlo I d’ Angiò, arrivarono molti nobili francesi che poi Carlo ricompensò largamente, dando loro incarichi importanti, titoli e feudi, dove poterono vivere con le loro famiglie. Una volta in Italia, i loro cognomi vennero italianizzati e dell’originale francese ne conservavano tuttavia una buona traccia. Tra i tanti nobili venuti in Italia insieme a Carlo erano i quattro fratelli D’Aulnay, il cui cognome divenne poi l'italianizzato D’Alneto:
Gualtiero, Germondo, Nicolò e Giovanni
La storia di questi quattro nobili fratelli la raccontano diversi  storici del XVI-XVII secolo tra cui: Carlo De Lellis e Ferrante Della Marra.
Il De Lellis è molto largo di particolari, ma meno attendibile. Come succede a tanti storici del passato, egli traspone in italiano il termine “caleno”, confondendo Calvi con Carinola. L’errore del De Lellis è palese per ben tre motivi:
1. Caleno non può riferirsi a Calvi poiché. essendo un termine del periodo normanno-svevo applicato a Carinola, da cui Carlo I lo estrae, esso si riferisce ovviamente a Carinola.
2. Nei diplomi di Carlo I d’Angiò, la città di Calvi è sempre appellata usando la radice Calv- e non Calen-
3. La Rocca di Mondragone era allora sotto la giurisdizione di Carinola. Al signore che si concedeva la Rocca di Mondragone, si concedeva anche la città di Carinola, eccetto in qualche rara eccezione. 

Tuttavia, bisogna precisare che, sotto Carlo I d’Angiò, le donazioni si alternarono e si accavallarono continuamente, sia per premiare i molti cavalieri francesi che lo avevano accompagnato, sia per la morte dei beneficiati.  La Rocca di Mondragone, da sola, fu soggetta a frequenti donazioni. Nel 1283, essa risulta nelle mani del milite Goffredo di Janville (Gianvilla), poi in quelle del milite Sergio Siginulfo e nel 1298-99 fu concessa alla famiglia del  Grande Ammiraglio Ruggiero di Lauria (o D’Auria), passato al servizio di Carlo II d’Angiò a causa di conflitti con gli Aragonesi.

Fatte queste dovute precisazioni storiche, riprendiamo la narrazione rifacendoci al più attendibile Della Marra. 
I quattro fratelli D’Alneto vennero ricompensati largamente da Carlo d'Angiò, ma ebbero tutti la sfortuna di morire presto e senza eredi maschi.
Gualtiero, che più ci interessa seguire,  era già Gran Siniscalco e vicerè della Provenza quando giunse in Italia. Carlo lo ricompensò dei suoi servigi facendolo Signore di Teano, ma non detenne a lungo quella signoria perché poco dopo morì. Nel 1275 gli successe suo figlio Gugliemo che, nel 1291 troviamo anche come signore di Carinola e della Rocca di Mondragone,  come attesta il seguente documento:
Landulfus miseracione dominica Sancti Angeli Diaconus Cardinalis Apostilice Sedis Legatus discreto viro Guillelmo de Subiaco vicario Guillelmo de Alnetodomine de Caleno in civitate Calinense et Rocca Montis Dragoni salutem in domin. Cum venerabilis in Christo pater Robertus Episcopus Calinensis discretos viros Lucam deGuerraymo et Iacobum dicto pisanum clericos calinenses procuratores seu administratores constituerit generales discrecionem vestram actente requrimus  et rogamus quatimus eisdem  procuratori bus pro divina reverencia vestrique intuitu efficacis defensionis presidia assistente eis cun ad ipsis requisiti fueritis consilium auxilium vel favorem procuracione seu administracione huiusmodi impendatis. Ita quod practer humane laudis preconium retribucionis divine premium exiude possitis acquitrere dignisque a nobis in domino laudi bus commendari. Datum Neapoli.
IIII Idus Iulii.Pontificatus domini Bonifacii pape VIII anno primo (1291).[1]

Il Della Marra ci narra la sfortuna di questa nobile famiglia che, a causa della mancanza di eredi maschi, si estinse nel 1360 con la morte dell'ultima erede Caterina d'Aulnay

Guglielmo aveva in Francia altri due fratelli, figli di Gualtiero, Filippone e Gualtierone, i quali erano considerati i più belli di Francia. Purtroppo commisero l’imprudenza di far innamorare di sé due donne della famiglia reale. Filippone divenne l’amante della Regina, moglie di re Ludovico; Gualtierone divenne invece amante della cognata del re, moglie di suo fratello Carlo. Furono colti in flagranza di adulterio con le loro amanti e perciò imprigionati. Ad entrambi furono tagliati i genitali, poi scorticati vivi ed infine impiccati, per dimostrare che non si offende impunemente la Corona di Francia.

Guglielmo ebbe un figlio, Roberto, il quale morì anch'egli giovane, nel 1320, subito dopo aver sposato la nobildonna Isabella Stendarda, vedova di Giacomo di Lagonessa  (De La Gonesse, poi Della Leonessa),  da cui ebbe una figlia, Margerita.  
Margherita sposerà in seguito, in seconde nozze, Bertrando del Balzo  a cui porterà in dote Teano e Carinola che, a quel tempo, fruttava 130 once in oro. Da Margherita e Bertrando nascerà nel 1332 Francesco del Balzo, Duca d’Andria, il quale si ribellò alla Regina Giovanna I e con lei ebbe un lungo conflitto. 
Ma questa è un’altra pagina.
cdl


Testi consultati
Berardo Candida Gonzaga - Memorie delle famiglie nobili – vol. II - Na, 1873
Biagio Greco – Storia di Mondragone – Napoli, 1927
Carlo De Lellis – Discorsi sulle famiglie nobili del Regno di Napoli – Napoli, 1654
Ferrante Della Marra - Discorsi delle famiglie estinte – Napoli, 1641
Matteo Camera - Annali delle Due Sicilie – vol. II, Napoli, 1860





[1] Pergamene di Montevergine, vol. 80, pergamena n. 13, in Biagio Greco – Storia di Mondragone – Napoli, 1927, pag. 123

Traduzione: Landolfo Diacono di S. Angelo Cardinale Legato della Sede Apostolica all’egregio uomo Guglielmo di Subiaco Vicario di Guglielmo di Alneto, signore di Carinola e della Rocca di Mondragone, salute.
Avendo il venerabile padre Roberto vescovo di Carinola nominato procuratori e amministratori Luca de Guerraimo e Giacomo detto Pisano, chierici carino lesi, noi domandiamo alla vostra discrezione e attenzione e vi preghiamo che qualora dagli stessi sarete richiesti del vostro aiuto e e assistenza, vogliate loro prestare ogni vostro aiuto e consiglio nell’esercizio loro di procuratori e amministratori nostri. Di guisa che, oltre al premio che vi sarà accordato da Dio, possiate ottenere anche le nostre lodi.
Dato a Napoli, 11 luglio – Anno primo del pontificato di Papa bonifacio VIII (1291).







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