giovedì 22 settembre 2016

Gli ultimi sovrani angioini: Ladislao. Scontro con i Marzano.

Ladislao di Durazzo


Ladislao aveva solo 14 anni quando nel 1390 a Gaeta, dove era fuggito con la madre Margherita,  fu incoronato ufficialmente re di Napoli per mano del neo eletto papa Bonifacio IX, che lo aveva riconosciuto erede di diritto al trono.  
In quel periodo, la situazione del Regno di Napoli non era per niente facile. Era in atto lo Scisma d’Occidente e si ripeteva quello che era già accaduto con suo padre Carlo: due papi, due re di Napoli. Come se non bastasse, molti potenti baroni del regno, quali il Gran Connestabile Ramondello Orsino, i Sanseverino, i Della Ratta, conti di Caserta e Conversano, i Marzano, Duchi di Sessa e conti d'Alife, e tanti altri di parte angioina, si erano rifiutati di prestare obbedienza a Ladislao.  
Essi avevano occupato Napoli e costretto la regina alla fuga, proclamando re  Luigi II d’Angiò. Nell’attesa che Luigi giungesse a Napoli, i baroni costituirono un consiglio di otto magistrati che reggesse le sorti del regno in quella fase. A Napoli, Luigi giunse nel 1389 dove, quello stesso anno,  fu incoronato re da un Legato dell’ antipapa Clemente VII, e prese subito possesso del regno.

La lotta per riappropriarsi del Regno di Napoli si rivelava molto aspra e Ladislao era ancora troppo giovane per affrontarla, ma la madre fu molto previdente. Nel 1392 fece unire in matrimonio Ladislao con la ricchissima Costanza Chiaromonte per fornire al figlio i mezzi economici per combattere Luigi. Anche il papa Bonifacio fece la sua parte a favore di Ladislao: mandò denaro a Ramondello Orsino perché rifornisse l’esercito e prendesse le parti di Ladislao.

La giovane moglie di Ladislao rimase al fianco del marito solo tre anni, fino alla morte del padre che lasciò sua figlia senza mezzi e quindi inutile alla causa napoletana. Ladislao chiese allora l’annullamento del matrimonio al papa, il quale lo concesse. Ma Ladislao non si risposò subito, come era prevedibile; solo dieci anni dopo, nel 1402, si risposò con Maria di Lusignano, figlia del re  Giacomo I di Cipro. Anche questa secondo moglie stette poco tempo con il marito perché dopo due anni, nel 1404, morì senza avergli dato un erede.  

Prima di poter rientrare a Napoli, Ladislao dovette aspettare ben 10 anni, fino al 1399, anno in cui Luigi perse l’appoggio della Francia e soprattutto quella dell’antipapa Clemente VII, che nel frattempo era morto. Cinse d'assedio Napoli, costrinse alla fuga Luigi e rovesciò il governo degli otto. Poi iniziò la sua vendetta contro i baroni a lui ribelli.

Ladislao passò la sua breve vita a guerreggiare contro tutto e tutti; contro Luigi che gli aveva usurpato il Regno; contro il papa perché aveva deciso di annettere lo Stato Pontificio al Regno di Napoli; contro Firenze che fece lega con Siena per combattere i sogni di annessione di Ladislao;  contro gli ungheresi, finché non gli riconobbero il titolo di re d’Ungheria che gli spettava di diritto. Ma l’azione più energica dovette affrontarla nel suo Regno per rafforzare il suo potere contro i terribili baroni che lo osteggiavano, e dove non arrivava con la forza, arrivava con l’astuzia e con l’inganno.  

Molti baroni li fece uccidere, altri imprigionare. Riuscì a far imprigionare ben 11 membri della famiglia Sanseverino e, dopo un sommario giudizio, li fece tutti strangolare a Castel Nuovo. In quest’azione di pulizia erano compresi anche i Marzano, Duchi di Sessa e signori di Carinola, che però non furono toccati subito perché protetti da papa Bonifacio, a cui Ladislao aveva promesso di non toccarli. 
Solo alla morte di Bonifacio (1404), Ladislao realizzò la sua vendetta contro i Marzano.

A quel tempo, era duca di Sessa Giacomo Marzano, al quale re Luigi d’Angiò aveva chiesto la mano della figlia Maria semplicemente per avere dalla sua parte il potente duca di Sessa e indebolire così i partito di Ladislao. Ma Ladislao aveva capito perfettamente quali erano i piani di Luigi ed allora fece occupare la Rocca di Mondragone ed egli stesso devastava continuamente i casali di Sessa, Carinola e la pianura di Mondragone. Giacomo fu costretto a chiedere aiuto al futuro genero, che gli inviò mille cavalieri sotto il comando di Bernabò Sanseverino, per fermare le scorrerie di Ladislao. Inutilmente. 
A sua volta Ladislao mandò 110 lancieri alla Rocca di Mondragone perché ogni giorno ci si scontrava con gli angioini di re Luigi e servivano sempre forze fresche. 

Il Duca Giacomo non era certo contento di avere la guerra in casa e soprattutto di vedere i suoi sudditi così tartassati e vessati dalle truppe di Ladislao. Essi perdevano tutto, case e raccolti e si impoverivano sempre più. Giacomo cominciò a pentirsi del suo appoggio a Luigi e allora subito ne approfittò papa Bonifacio, sostenitore di Ladislao, il quale gli mandò suo fratello Giovanni Tomacelli per trattare la pace tra i Marzano e Ladislao. 

Il duca tentennava e ci vollero ben tre visite del Tomacelli per cercare di convincerlo, ma la pace stentava ad arrivare. Allora Ladislao perse la pazienza e nel 1399 cavalcò contro il Duca, gli tolse alcuni territori e per cinque lunghi mesi assediò Sessa. 
La pace fu allora conclusa a condizione che il sovrano perdonasse il Duca di Sessa e che gli restituisse i territori tolti. A pace fatta, sia Giacomo che suo fratello Goffredo fecero giuramento di fedeltà a Ladislao e le nozze di Maria con re Luigi d’Angiò furono annullate.

Ladislao si rivelò molto magnanimo con i due Marzano. Confermò Giacomo nei suoi possedimenti e nella carica di Grande Ammiraglio e  la figlia Maria, promessa a re Luigi, la diede in moglie a Nicolò de Berardi, conte di Celano, che nominò Gran Giustiziere. A Goffredo, già Gran Camerlano del Regno e conte di Alife, donò invece le città di Teano e di Carinola.

Nel 1402 morì Giacomo Marzano lasciando la moglie  Caterina Sanseverino e cinque figli: la già citata Maria, Angiola, Margherita, Isabella e il piccolo Giovanni Antonio di cui fu tutore lo zio Goffredo.

Goffredo non era uno sprovveduto e conosceva l’animo vendicativo di Ladislao:  nonostante le sue elargizioni, non si fidava di lui.  Memore della strage dei Sanseverino che Ladislao aveva fatto compiere, cominciò a far fortificare Sessa, Mondragone e Teano per non farsi trovare impreparato ad un eventuale attacco. Ma Ladislao decise di giocare d’astuzia e chiese per un suo figlio naturale di otto anni, Rinaldo, principe di Capua, la mano dell’unica figlioletta di Goffredo, anche lei di nome Maria

A Goffredo la manovra subodorò d’inganno, ma non poteva far altro che accettare. Ladislao, per allontanare qualsiasi dubbio, inviò suo figlio Rinaldo ad Alife affinché Goffredo lo crescesse in amore insieme a sua figlia. Come se non bastasse nel febbraio del 1404 riconfermò al piccolo Giovannantonio Marzano il Ducato di Sessa e lo investi del privilegio del “mero e misto imperio”. Di fronte a queste prove, Goffredo Marzano non potette più dubitare e quando Ladislao invitò tutti i Marzano di Sessa e d’Alife a Capua per festeggiare con onore i due minorenni promessi sposi Rinaldo e Maria, si fidò e accettò volentieri l’invito. 
E fece male. 

Ladislao non era uomo di pace, ma di vendetta: tutti i Marzano intervenuti furono arrestati e portati in prigione a Castel Nuovo e Ladislao si impadronì dei loro territori. Il matrimonio di  Rinaldo e Maria Marzano, figlia di Goffredo, fu sciolto. 

A questo punto furono i Marzano a giocare d’astuzia, colpendo Ladislao nel suo punto più debole: il fascino femminile. La bella Margherita Marzano riuscì a sedurre il re e a diventare la sua amante. Grazie alle armi di seduzione di Margherita, Ladislao liberò tutti i Marzano e piazzò le sorelle di lei ottimamente: Maria che aveva già sposato il Conte di Celano, alla morte di questi si risposò con Muzio (Giacomuzzo) Attendolo Sforza da cui ebbe i due figli Bartolomeo, che poi sarà conte di Celano, e Carlo, che poi diventerà arcivescovo di Milano; in terze nozze si riposò con Nicolò Orsino, conte di Manoppelo.  Angiola fu marita ad Antonello della Ratta, conte di Caserta, e Isabella al conte di Tagliacozzo  Giacomo Orsini. Il piccolo Giovannantonio fu affidato alla mamma Caterina Sanseverino. Tuttavia, Ladislao restituì solo una parte delle terre confiscate ai Marzano; il resto fu poi restituito dalla regina Giovanna II nel 1416.

Nel 1407, con una mossa d’astuzia, Ladislao si sposò per la terza volta con Maria d’Enghien, vedova di Raimondo Orsini del Balzo, principe di Taranto e conte di Lecce. Non riuscendo ad espugnare il castello della principessa e a sottometterla, Ladislao cambiò tattica e decise di chiederla in moglie. La sposò a Taranto nel 1407. Assunse personalmente il titolo di principe di Taranto, togliendolo al figlio di Maria e Raimondo, Giovanni Antonio, ed incorporò i suoi beni alla Corona, ossia a se stesso.

La guerra con Luigi d’Angiò, che non si dava per vinto, continuò tra alti e bassi. 
Nel 1413, Ladislao era impegnato nell’occupazione di Roma, dove doveva giungere Sigismondo d’Ungheria per essere incoronato Re dei Romani dal papa, che in quel periodo era Giovanni XXIII, il secondo e ultimo papa eletto dal Concilio di Pisa dopo la morte del primo, Alessandro V
Per paura che Sigismondo potesse avere delle pretese sul Regno di Napoli, Ladislao si mosse preventivamente alla volta di Roma e la occupò, costringendo il papa alla fuga a Bologna. Ma mentre era impegnato nell’occupazione cominciò a sentirsi male. Fu portato subito a Napoli dove, dopo quattro giorni di sofferenze, morì. Aveva 38 anni. 

Si pensò subito che fosse stato avvelenato, secondo l’uso del tempo di eliminare i nemici in quel modo, ma non fu il veleno ad ucciderlo bensì la sifilide. L' aveva contratta a causa di una vita sessuale molto intensa e promiscua.
Al momento della morte, Ladislao era soggetto a scomunica papale e il suo corpo fu portato a lumi spenti e senza clamore nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara, dove sua sorella Giovanna II fece poi erigere un maestoso monumento funebre.
cdl

Monumento funebre di Ladislao - Chiesa di S.Giovanni a Carbonara


Alcuni testi consultati

Agnese Palumbo - Maurizio Ponticelli: Il giro di Napoli in 501 luoghi - Roma, 2014

Angelo di Costanzo:  Storia del regno di Napoli – Cosenza, 1839

Archivio Storico Napoletano – tomo 13 – Firenze 1861

Attilia Tommasino: Sessa Aurunca nel periodo aragonese – Roma, 1997
Francesco Capecelatro: Storia del regno di Napoli – Napoli, 1840
Filippo M. Pagano; Saggio istorico sul Regno di Napoli - Napoli, 1824
G.B. Crollalanza (diretto da):  Giornale araldico genealogico diplomatico – Vol. 1-2, Fermo, 1873-4

Giovanni Antonio Summonte; Dell’historia della città e regno di Napoli- vol. 4 – Napoli, 1675

Giovanni Bausilio: Storie antiche di una Napoli antica – Frosinone, 2016

Giovanni Gravier: Raccolta di tutti i più rinomati scrittori dell'istoria generale del Regno- Napoli, 1769






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