lunedì 12 marzo 2012

La difesa del Regno di Sicilia e il ruolo delle contee

Cavalieri normanni armati alla pesante



E’ chiaro che la priorità di un regno così grande come quello di Sicilia era la difesa; difesa dai nemici esterni, ma anche da quelli interni che male accettavano l’accentramento del potere tutto nelle mani del re, mentre a loro era lasciata solo la giurisdizione più bassa. 
I nemici potevano arrivare  sia da terra che dal mare, in qualsiasi momento,  e siccome era materialmente impossibile indire la leva generale in difesa del Regno in breve tempo, re Ruggiero ideò tre momenti difensivi fondamentali che avrebbero dato il tempo all’esercito regio di compattarsi e correre ad affrontare il nemico. In questi tre momenti, le contee erano determinanti per il ruolo tattico-militare affidato a ciascuna di esse.

Il primo momento era quello della guardia continua sul territorio e dell’osservazione verso le coste per avvistare immediatamente probabili nemici in arrivo dal mare. Tutti i conti, soprattutto quelli le cui contee erano situate in punti strategici e di confine, avevano un proprio ruolo, oltre a quello di controllare le strade e le coste mediante punti di osservazione, che potevano essere torri inglobate nel castello (castrum) o anche costruite appositamente al di fuori delle mura cittadine.


In caso di  nemico in vista, scattava il secondo momento: l’intervento armato da parte dei conti incaricati all’uopo per fermare l’avanzata del nemico, in attesa dell’arrivo dell’esercito regio capitanato dal re. Al conte di Fondi, per esempio, era affidata la difesa del confine nord-occidentale del Regno e aveva il compito di intervenire nella media e bassa valle del Liri e in quella del Garigliano, mentre il conte de Aprutio (Abruzzi) doveva controllare e intervenire in tutta la valle del fiume Tronto.


Il terzo momento era rappresentato dall’arrivo dell’esercito regio in forza alle truppe locali.

Ben presto però ci si rese conto che la strategia militare ideata da 
Ruggiero II presentava un cruciale punto debole: l’infedeltà dei conti. 
Sebbene essi fossero legati al re dal giuramento vassallatico e dalla consanguineità, non esitavano a tradire il loro re. 
Riccardo di Aquila, conte di Fondi, nel 1155 lasciò passare l’esercito pontificio di Adriano IV senza opporre resistenza;  Roberto III, conte  di Loritello e di Conversano, cugino del re,  si ribellò al giovane re Guglielmo; il conte di Taranto favorì, nel 1156, la presa della città da parte dell’esercito bizantino. 
Ben pochi erano i conti di cui il re poteva davvero fidarsi ciecamente e questo spinse i successori di Ruggiero, Guglielmo, Tancredi e Federico II, ad apportare  delle importanti riforme, che vedremo a suo tempo, nel sistema difensivo.

Ma tornando a  re Ruggiero II, egli aveva organizzato il nuovo organismo in modo che tutti i feudatari, piccoli e grandi, dovevano concorrere alla sua difesa. Nelle registrazioni del Catalogus Baronum, accanto al nome del feudatario e lo stato giuridico del feudo, veniva riportata anche la grandezza del feudo stesso, calcolata in base al numero di cavalieri armati alla pesante (milites) o alla leggera (servientes), la fanteria (pedites) o i balestarii che il feudatario doveva fornire annualmente al re. Nessun feudatario poteva esimersi dal prestare il servizio militare dovuto al re, né poteva sostituirlo con una cifra in denaro. Anzi, in caso di una leva generale per la difesa del Regno era proprio il conte che aveva il privilegio di capitanare i suoi cavalieri feudali.  Solo i piccoli suffeudatari potevano dare il servizio militare al proprio feudatario maggiore invece che al re o versare, come gli ecclesiastici, una somma al posto del servizio.

Nel caso di una magna expeditio il feudatario doveva fornire il doppio degli uomini dovuti. Il servizio militare del Regno durava di solito quaranta giorni, ma, nel caso di una magna expeditio o di azioni  difensive  del Regno, esso era legato alla durata dell’azione stessa  e solo il re poteva  prendere decisioni al riguardo, ossia se mandare o non mandare a casa alcuni cavalieri per determinati motivi.
Il mantenimento dei cavalieri nell’esercito regio era a carico del feudatario stesso, che non solo doveva fornire gli uomini, ma provvedere anche al loro mantenimento e a quello dei cavalli.

Dopo queste dovute premesse, vedremo quale ruolo aveva la Contea di Carinola nel sistema difensivo ideato da re Ruggiero.


c.d.l.

Alcuni testi consultati

Cucinotta Giovanni – Ieri e oggi Sicilia -  Cosenza, 1996
Cuozzo Errico -  La cavalleria nel Regno normanno di Sicilia – Avellino,Salerno, 2002
Cuozzo Errico – La Monarchia bipolare- Il regno normanno di Sicilia – Avellino, 2000
Di Mauro Nicola – Normanni- i predoni venuti dal nord – Firenze-Milano, 2003
Dragonetti Giacinto – Origine dei Feudi nei regni di Napoli e Sicilia – Palermo, 1842
Jemison Evelyn – Catalogus Baronum – Istituto Storico Italiano – Roma, 1972
Licinio Raffaele e Violante Francesco (a cura di) - I caratteri originari della conquista normanna –  Centro di studi normanno svevi-  Bari, 2006

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