martedì 11 dicembre 2012

Vita privata di un imperatore



Federico II - Miniatura dalla Chronica Regia Coloniensis


Guardare oltre l’ufficialità è sempre stata una mia curiosità e di fronte al “gigantismo”  di personaggi che hanno fatto la Storia, mi affascina molto conoscere gli aspetti ordinari della loro vita privata, di semplici uomini.  Le domande che sempre mi sono posta sono queste: come può un re e imperatore come Federico II, sempre in giro a sedare ribellioni, a fronteggiare invasioni, a parare attacchi da ogni parte per difendere il suo potere e il suo regno, trovare il tempo di amare e di fare tanti figli? Quali erano i suoi rapporti con le donne? Aveva i necessari momenti di solitudine per  pensare  e ritrovare se stesso? L’esplorazione  del lato nascosto di Federico II, re di Sicilia e imperatore dei Romani, ha riservato cose abbastanza interessanti.

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Quello che per ogni uomo può essere la normalità, per un imperatore sicuramente non lo è, anche se del medioevo. 
Federico II, re e imperatore,  era cresciuto con la consapevolezza di essere diverso dagli altri, di essere “superiore” agli altri; uno a cui si doveva rispetto, deferenza ed obbedienza, pena il carcere o la morte. Questo aveva plasmato in lui un carattere volitivo e determinato, impulsivo e generoso, ma anche ostinato ed inflessibile. Generoso con gli amici, diventava spietato con i nemici. Affettuoso e tenero con le donne che amava, diventava dispotico ed indifferente con le altre. Non mancava al suo carattere un’accentuata sensualità,  circondato come era dalle bellissime donne che componevano l’harem reale della corte siciliana. 

La fragilità non gli era concessa. Ma essa, di tanto in tanto, riaffiorava in tutta la sua drammaticità. In momenti salienti della sua vita personale, Federico dimenticava per un attimo di essere re e imperatore, per diventare semplicemente marito, amante  e padre. O se vogliamo, semplicemente uomo. La ferrea disciplina a cui era stato abituato, lo costringevano apparentemente a riprendersi, a superare ogni possibile manifestazione di fragilità umana di cui i nemici avrebbero potuto approfittare, ma chi lo conosce bene, conosceva anche le sofferenze nascoste che lo tormentavano.

La peculiarità del suo carattere era, tuttavia, il bisogno di guardarsi intorno, di osservare, capire, conoscere.  Il gran desiderio di conoscenza è ciò che più di ogni cosa lo distinse dagli altri sovrani del suo tempo ed egli lo seppe coltivare fino al punto da diventare quell’ illuminato che la Storia ci ha consegnato.

Federico era cresciuto anche con la consapevolezza  che c’era una sola cosa che contava più di se stesso: il Regno o, se vogliamo, l’Impero. A questa entità astratta e allo stesso tempo concreta, fatta di potere, ma anche di uomini, Federico doveva essere pronto a sacrificare qualcosa della sua vita, dei suoi desideri e soprattutto dei suoi sentimenti. E  lo fece con la grandezza di un  imperatore e con la ruvidezza e l’insensibilità di un uomo.  Da valoroso o da meschino, non risparmiando di mostrare tutte le sfaccettature di se stesso. 

Aveva appena quindici anni quando il papa Innocenzo III, suo tutore, gli impose di prender moglie per avere un erede, ma soprattutto per convenienza politica.   La scelta cadde su Costanza d’Aragona che aveva dieci anni più di lui ed era già vedeva di Emerico, re d’Ungheria, morto nel 1204. Tuttavia, la dote di Costanza era rilevante: 500 cavalieri spagnoli, oro gioielli e stoffe preziose in quantità, secondo  gli usi del tempo. 
Il 19 agosto del 1209, Costanza arrivò a Palermo con i 500 cavalieri comandati da suo fratello Alfonso, conte di Provenza

Da questo matrimonio politico, Federico ebbe più di quanto si aspettava: Costanza era colta e raffinata e fu facile per lui apprezzarla. In lei, più che la moglie, trovò un'amica, una sorella, la madre che aveva perduto troppo presto. Tra i due si stabilì un rapporto di stima e complicità che ben presto si trasformò in amore.  In  lei, donna matura ed equilibrata, Federico trovò una vera confidente ed una consigliera;  colei che sapeva frenare  il suo carattere   impulsivo e a volte sfrontato. Con lei affrontò i primi durissimi anni di regno e d’impero, e da lei ebbe il primo figlio, Enrico
Costanza, da vera signora, visse con dignità lunghi anni di solitudine, mentre il marito si occupava del suoi doveri reali ed imperiali. Quando  infine poteva restargli accanto, la colse la morte. Era il 23 giugno del 1222.

La morte di Costanza fu un brutto colpo per Federico; solo la sua forte volontà lo aiutò a riequilibrare il suo morale duramente provato.
A volere il secondo matrimonio di Federico fu ancora un papa, Onorio III, che mise gli occhi su Jolanda, figlia dodicenne del conte Giovanni de Brienne, che però era l’erede legittima del regno di Siria e della corona di Gerusalemme, titoli appartenuti alla mamma morta prematuramente.
I titoli portati in dote da Jolanda erano puramente di rivendicazione perché tutte le città erano in mano ai musulmani, ma proprio per questo Onorio vide in questo progetto di nozze l’impulso per una nuova crociata: Federico l’avrebbe promossa per liberare i territori portati in dote dalla moglie e che gli spettavano di diritto
Ma Federico, ormai trentenne e abituato a ben altre donne, non sapeva che farsene di una dodicenne acerba ed immatura, e non gli piacque l’idea di sposare Jolanda. Alla fine, pressato da più parti, acconsentì, riuscendo a rinviare di due anni il matrimonio, che fu celebrato a Brindisi nel novembre del 1225. 
Durante la fastosa cerimonia nuziale, più che per la sua giovanissima moglie quattordicenne, Federico ebbe occhi per la bella cugina di lei, Anais, che fungeva da dama di compagnia. La bellezza orientale e la  flessuosità di Anais stuzzicarono incredibilmente la sensualità di Federico che, incurante di ogni altra cosa, la prima notte di nozze la passò con Anais e non con la moglie. 
Sembra che la mattina dopo Federico ebbe una violenta discussione con il padre della sposa che accusò Federico di aver usurpato il titolo reale e di aver offeso sua figlia. Il conte de Brienne lasciò Brindisi e andò direttamente dal papa per metterlo al corrente dell’accaduto e Federico si ritrovò un nemico in più.

Federico, spregiudicato in materia amorosa, volle con sé la bella Anais da cui era stato folgorato e relegò la sua sposa legittima nel castello di Terracina. I cronisti del tempo scrivono che Federico visitò la moglie solo due volte e per motivi di ufficialità, in cui era opportuna la presenza di sua moglie, e che l’infelice  Jolanda morì due anni dopo le nozze, nel 1228, dando alla luce l’unico figlio Corrado. Federico volle che Jolanda fosse sepolta ad Andria e non a Palermo, dove già era sepolta Costanza, sua prima moglie, la quale rimane l’unica delle quattro mogli che Federico ha voluto accanto al suo sepolcro.

Anais rimase con lui fino a quando non si rese conto che non sarebbe diventata nulla più di un’odalisca. Si rifiutò di essere solo “carne di piacere” e fuggì, lasciando nella disperazione Federico  che forse non la considerava solo “carne di piacere” e per lei scrisse uno struggente addio:

  Oi lasso! non pensai
sí forte mi parisse
lo dipartire da Madonna mia;
ca poi che m'alontai,
ben paria ch'eo morisse,
membrando di sua dolze compagnia;
e giammai tanta pena non durai
se non quando a la nave adimorai.
Ed or mi crio morire certamente,
se da lei non ritorno prestamente.

Federico trovava conforto solo nelle lunghe passeggiate solitarie nei boschi, addestrando il suo falcone alla caccia e assaporando la sua penosa solitudine. 
Ebbe altre relazioni senza peso, ma il grande amore della sua vita lo trovò in Bianca Lancia, nobildonna piemontese che gli diede tre figli: Manfredi, Costanza e Violante. Per i soliti motivi politici sposò Isabella d’Inghilterra da cui ebbe la figlia Margherita, ma Bianca fu il punto fermo della sua vita fino alla morte, nonostante le fosse infedele ed ebbe altri figli naturali con altre donne. 

Alla morte della sua terza moglie, Isabella, avvenuta nel 1241, Federico volle regolarizzare la sua relazione con Bianca e la sposò, anche per legittimare il suo figlio preferito, Manfredi. Ma poiché Bianca non era di sangue reale, Manfredi fu sempre ritenuto un “bastardo” e  non poteva essere considerato  erede legittimo al trono di Sicilia che spettava invece a Corradino, figlio di suo figlio Corrado, e con cui si estinse la casata degli svevi. 

Non si sa esattamente quando Bianca morì, probabilmente intorno al 1252, appena due anni dopo la morte del suo Federico, che si era spento improvvisamente a Fiorentino di Puglia nel 1250. 
Qualcuno parla di avvelenamento, altri addirittura dicono che ad ammazzare Federico fu suo figlio Manfredi, che lo soffocò con un cuscino. 
Illazioni di cui non esistono prove. 
L'unica cosa certa è che, con la sua morte, ebbe termine un periodo di grandi cambiamenti e grandi speranze che la Storia non conoscerà più con la stessa intensità.
cdl


Alcuni testi consultati

Alessandri Claudio – Federico II di Svevia – Trento, 2011
Castelli Vincenzo - Fasti di Sicilia -  Messina, 1820
Gatto Ludovico – Le grandi donne del Medioevo – Roma. 2009
Imprint Collection – Raccolta di tutti i più rinomati scrittori – Tomo I - Napoli, 1769
LI Vigni Benito –  Federico II , il Principe Sultano -  Roma, 2011
Opera Periodica – Il Progresso delle Scienze e delle lettere – Vol IV – II anno – Napoli, 1833

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