Mileto, Casa Naccari - Dipinto raffigurante Ruggero II |
Per feudalesimo si intende, come dice la storica Gabriella Piccinni, l’insieme dei legami personali, lo scambio di favori e servizi, tra un re e un vassallo, e tra un vassallo e altri suoi fedeli, tutti uomini liberi.
Il rapporto vassallatico fu dunque un fatto privato che assunse funzione pubblica perché servì a governare a livello locale.
Da questo punto di vista, la struttura feudale fu valido strumento di controllo per il potere centrale, soprattutto in una realtà considerevolmente estesa e problematica come poteva essere il Regno di Sicilia.
La creazione del Regno di Sicilia era senza dubbio un fatto unico per l’Europa del tempo: per la prima volta, in un’ Italia frammentata, nasceva un regno di vaste proporzioni, che abbracciava tutta l’Italia meridionale, e con una solidità militare paragonabile a quella degli eserciti romani. Ma la struttura organizzativa normanna non era certo casuale; essa fu il frutto di tante esperienze dei re normanni che seppero dare al loro regno un’organizzazione centralizzata e costruire un apparato amministrativo abbastanza funzionale, anche grazie all’apporto delle altre realtà politiche-amministrative presenti sul territorio.
La creazione del Regno di Sicilia era senza dubbio un fatto unico per l’Europa del tempo: per la prima volta, in un’ Italia frammentata, nasceva un regno di vaste proporzioni, che abbracciava tutta l’Italia meridionale, e con una solidità militare paragonabile a quella degli eserciti romani. Ma la struttura organizzativa normanna non era certo casuale; essa fu il frutto di tante esperienze dei re normanni che seppero dare al loro regno un’organizzazione centralizzata e costruire un apparato amministrativo abbastanza funzionale, anche grazie all’apporto delle altre realtà politiche-amministrative presenti sul territorio.
Il merito di una struttura feudale fortemente centralizzata va senza dubbio a Ruggiero II, abile politico, con una concezione molto personale di regno.
Anche se scomunicato due volte da papa Innocenzo II, Ruggiero era pur sempre il difensore ufficiale della cristianità, il vassallo per eccellenza della Chiesa e in questo ruolo si era calato intensamente, maturando un proprio concetto di “re” e di “regno”. Considerava il re, ossia se stesso, strumento di Dio e il regno un dono che gli era stato affidato e di cui era custode e responsabile. Ciò comportava un legame personale tra il sovrano ed il suo popolo, in cui la fiducia del popolo stesso nel sovrano era fondamentale. Per dirla con le parole di Errico Cuozzo: “il re era [...] legato ai suoi sudditi da un legame diretto, che non era mediato da alcuna struttura operante nello Stato, e tanto meno da quella feudale, i cui compiti erano eclusivamente militari” (La conquista normanna e la nascita del Regno di Sicilia, pag. 59).
Quanto fosse genuina o quanto fosse politica questa concezione ruggieriana di monarchia non ci è dato di saperlo. Quello che è certo è che essa non fu un limite alla crescita del Regno di Sicilia, anzi servì a dargli quella struttura solida che lo distinse.
Fu lo stesso Ruggiero che nell’Assise del 1140 di Ariano Irpino (AV) ci tenne a mettere i puntini sulle i dichiarando che “chiunque detiene molto o poco delle nostre regalie, in nessun modo e con nessun artifizio può alienare, donare, vendere o distruggere, in tutto o in parte ciò che ad esso attiene in modo che i relativi diritti siano affievoliti, annullati o subiscano ancora qualche lesione”. (idem, pag. 55)
Anche se scomunicato due volte da papa Innocenzo II, Ruggiero era pur sempre il difensore ufficiale della cristianità, il vassallo per eccellenza della Chiesa e in questo ruolo si era calato intensamente, maturando un proprio concetto di “re” e di “regno”. Considerava il re, ossia se stesso, strumento di Dio e il regno un dono che gli era stato affidato e di cui era custode e responsabile. Ciò comportava un legame personale tra il sovrano ed il suo popolo, in cui la fiducia del popolo stesso nel sovrano era fondamentale. Per dirla con le parole di Errico Cuozzo: “il re era [...] legato ai suoi sudditi da un legame diretto, che non era mediato da alcuna struttura operante nello Stato, e tanto meno da quella feudale, i cui compiti erano eclusivamente militari” (La conquista normanna e la nascita del Regno di Sicilia, pag. 59).
Quanto fosse genuina o quanto fosse politica questa concezione ruggieriana di monarchia non ci è dato di saperlo. Quello che è certo è che essa non fu un limite alla crescita del Regno di Sicilia, anzi servì a dargli quella struttura solida che lo distinse.
Fu lo stesso Ruggiero che nell’Assise del 1140 di Ariano Irpino (AV) ci tenne a mettere i puntini sulle i dichiarando che “chiunque detiene molto o poco delle nostre regalie, in nessun modo e con nessun artifizio può alienare, donare, vendere o distruggere, in tutto o in parte ciò che ad esso attiene in modo che i relativi diritti siano affievoliti, annullati o subiscano ancora qualche lesione”. (idem, pag. 55)
Il perno intorno a cui ruota la feudalità ruggieriana è dunque la parola regalia: tutto ciò che viene concesso ai feudatari è considerato un dono del re ai suoi vassalli e che a lui dovrà ritornare. Con regalia ci si riferisce a tutti i beni, mobili e immobili, tra cui i feudi, concessi dal re a principi, conti, baroni maggiori e baroni minori. La feudalità ruggieriana è quindi una struttura piramidale che dipende, direttamente e indirettamente, dal re e i feudatari sono considerati al pari di burocrati che esercitano i poteri regi in particolari circoscrizioni territoriali, i feudi appunto, per delega del re.
Per mettere in pratica la sua concezione di regno e per affermare sempre più il potere centrale, Ruggiero avviò, subito dopo il 1140, una radicale riforma dell’organizzazione feudale. In un'altra assemblea pubblica del 1142, quella di Silva Marca (AV), tra le tante cose, decise anche una rigorosa inchiesta conoscitiva, raccolta nel Catalogus Baronum, per registrare tutti i nomi dei feudatari, lo stato giuridico di ogni feudo posseduto e la quota militare dovuta in rapporto ad esso.
Con questa importante indagine, Ruggiero volle “razionalizzare” la gran varietà di feudi e di abitudini ad essi connessi, sviluppatisi nei periodi precedenti. Solo dopo la raccolta dei dati necessari, seguì la riforma vera e propria.
Tutti i più importanti feudi divennero quaternata (o in baronia), soprattutto quelli del baronaggio più ribelle, cosiddetti perché registrati nei quaterniones curiae, insieme ai servizi dovuti. La particolarità dei feuda quaternata era che essi erano sotto il diretto e rigido controllo del re, a cui dovevano anche il servizio militare.
Con questa importante indagine, Ruggiero volle “razionalizzare” la gran varietà di feudi e di abitudini ad essi connessi, sviluppatisi nei periodi precedenti. Solo dopo la raccolta dei dati necessari, seguì la riforma vera e propria.
Tutti i più importanti feudi divennero quaternata (o in baronia), soprattutto quelli del baronaggio più ribelle, cosiddetti perché registrati nei quaterniones curiae, insieme ai servizi dovuti. La particolarità dei feuda quaternata era che essi erano sotto il diretto e rigido controllo del re, a cui dovevano anche il servizio militare.
Il re aveva la prerogativa di concedere un feudo quaternato sia a conti e baroni, sia a loro suffeudatari, e la concessione avveniva tramite un diploma, consegnato al titolare, o anche ai legittimi eredi, all’inizio della donazione ed ogni volta che la si rinnovava.
Le vecchie contee, che erano ormai diventate vere e proprie signorie autonome, vennero ristrutturate secondo un nuovo schema costituito da una serie di feuda quaternata, tenuti da un conte in demanio ed in servitio. Solo le famiglie comitali normanne imparentate con gli Altavilla ne conservarono il possesso; le altre furono tutte sostituite.
Le vecchie contee, che erano ormai diventate vere e proprie signorie autonome, vennero ristrutturate secondo un nuovo schema costituito da una serie di feuda quaternata, tenuti da un conte in demanio ed in servitio. Solo le famiglie comitali normanne imparentate con gli Altavilla ne conservarono il possesso; le altre furono tutte sostituite.
I feudi meno importanti non entrarono nella nuova categoria e ai loro titolari fu concesso di fornire il servizio militare al rispettivo feudatario in capite invece che al re.
Chiaramente, questa riforma fu accompagnata da un insieme di riforme legislative e figure amministrative ad hoc che permisero a re Ruggiero di consolidare il suo controllo su di essa.
In tutto questo, è evidente che ci viene spontanea una domanda: che tipo di feudo era Carinola nell’ambito del Regno di Sicilia?
Chiaramente, questa riforma fu accompagnata da un insieme di riforme legislative e figure amministrative ad hoc che permisero a re Ruggiero di consolidare il suo controllo su di essa.
In tutto questo, è evidente che ci viene spontanea una domanda: che tipo di feudo era Carinola nell’ambito del Regno di Sicilia?
Questo lo vedremo nei prossimi articoli.
c.d.l.
Alcuni Testi consultati
Cerbone Carlo - Afragola feudale - Istituto di studi atellani-Frattamaggiore, 2004
Winspeare Davide – Storia degli abusi feudali – Napoli, 1811
Cucinotta Giovanni – Ieri e oggi Sicilia: storia, cultura, problemi – Cosenza, 1996
Centro Studi Normanno-Svevi – Società potere e popolo nell’età di Ruggero II – Bari, 197
Centro Studi Normanno-Svevi - I caratteri originari della conquista normanna - Bari, 2006
Gregorio Rosario – Considerazioni sopra la storia di Sicilia dai tempi normanni – Palermo, 1831
Cuozzo Errico – La conquista normanna e la nascita del Regno di Sicilia – Avellino, 2002
Cuozzo Errico – La monarchia bipolare. Il regno normanno di Sicilia – Avellino, 2000
Piccinni Gabriella - Il Medioevo – Milano, 2004
Piccinni Gabriella – I mille anni del Medioevo - Milano, 1999