Ovunque si andasse, erano visibili i segni del lutto e si udivano pianti. E poiché si era creata nella gente la persuasione che si potesse sfuggire a tanto malanno solo allontanandosi dai luoghi abitati, le case erano deserte dei loro abitanti e servivano solo ai cani. Sui pascoli le bestie vagavano incustodite perché tutti i pastori erano fuggiti. E dove ancora il giorno prima potevi vedere villaggi e borgate piene del tramestio della gente che andava e veniva, il giorno dopo, essendo tutti fuggiti, dappertutto regnava un silenzio di tomba.
I figli fuggivano lasciando insepolti i cadaveri dei propri genitori e questi, a loro volta, dimentichi della pietà dovuta ai frutti delle loro viscere, li abbandonavano in preda alla febbre. Se qualcuno sentiva ancora il richiamo dell’antica pietà e si fermava a seppellire i morti, rimaneva egli stesso insepolto e proprio mentre cercava di rendere agli altri le estreme onoranze, ne rimaneva privato lui stesso.
Ti sarebbe sembrato di vedere il mondo ritornato ad epoche remote, quando ovunque era silenzio; non una voce si alzava dalle campagne, nessun richiamo di pastori, nessun assalto di animali feroci di greggi, nessun furto di animali domestici. I raccolti, passato ormai il tempo della mietitura, aspettavano intatti la falce del mietitore; le vigne, perdute ormai le foglie per l’avvicinarsi dell’inverno, offrivano sui rami spogli i grappoli splendenti. In qualsiasi ora della notte risuonava la tromba di guerra e molti sentivano i passi di eserciti simili al fragore del mare. Ma sulle strade non c’erano orme di passanti, né assassini in agguato; eppure vi erano tanti cadaveri che l’occhio dell’uomo neppure poteva vederli tutti. Gli antri usati dai pastori erano diventati luoghi di sepoltura per gli uomini e le abitazioni della gente servivano di rifugio alle fiere. Ma queste calamità si abbatterono solo sull’Italia e sui Romani fino ai confini delle terre abitate dagli Alemanni e dai Bavari. Durante questi avvenimenti era morto l’imperatore Giustiniano ed il reggimento della cosa pubblica era passato nelle mani di Giustino il Giovane.
Ti sarebbe sembrato di vedere il mondo ritornato ad epoche remote, quando ovunque era silenzio; non una voce si alzava dalle campagne, nessun richiamo di pastori, nessun assalto di animali feroci di greggi, nessun furto di animali domestici. I raccolti, passato ormai il tempo della mietitura, aspettavano intatti la falce del mietitore; le vigne, perdute ormai le foglie per l’avvicinarsi dell’inverno, offrivano sui rami spogli i grappoli splendenti. In qualsiasi ora della notte risuonava la tromba di guerra e molti sentivano i passi di eserciti simili al fragore del mare. Ma sulle strade non c’erano orme di passanti, né assassini in agguato; eppure vi erano tanti cadaveri che l’occhio dell’uomo neppure poteva vederli tutti. Gli antri usati dai pastori erano diventati luoghi di sepoltura per gli uomini e le abitazioni della gente servivano di rifugio alle fiere. Ma queste calamità si abbatterono solo sull’Italia e sui Romani fino ai confini delle terre abitate dagli Alemanni e dai Bavari. Durante questi avvenimenti era morto l’imperatore Giustiniano ed il reggimento della cosa pubblica era passato nelle mani di Giustino il Giovane.
Da: Gabriele De Rosa: Età Medievale - brano di Paolo Diacono – Storia dei Longobardi – Rizzoli, Milano 1967