mercoledì 7 dicembre 2011

Il Cenobio di San Martino al Massico

La rustica scaletta che porta alla grotta di S. Martino - foto di Salvatore Bertolino

* Aggiornato il 22 ottobre 2019.
La presenza di Martino richiamò sul monte Massico diversi uomini che, affascinati dalla santità dell’uomo, vollero diventare suoi discepoli e condividere la sua esperienza. 
Martino non li respinse, ma non abbandonò la sua grotta e la sua condizione di eremita. Forse fu in questo periodo del VI secolo che cominciò a sorgere il Cenobio, la più antica presenza  benedettina sul territorio, e che inglobò tra le sue mura perimetrali anche la grotta.
Amedeo Maiuri, archeologo frusinate, nel suo libro Passeggiate campane, parla di ruderi romani, forse un tempio ad Apollo, già presenti sul posto, con torre di avvistamento. Non abbiamo la facoltà di confutare la tesi del Maiuri, ma se pensiamo alla posizione strategica in cui sorge il Cenobio e che domina tutto il golfo di Gaeta, la sua affermazione potrebbe essere degna di fede. 

La prima testimonianza  della presenza del Cenobio sul Massico la troviamo nel Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni, cronista dell’abbazia benedettina di San Vincenzo al Volturno che, nel periodo che va dal 703 al 729, registra la concessione di Romualdo II, duca di Benevento,  al monastero:  il possesso del Monte Massico. 
Sempre dal Chronicon Vulturnese, periodo dal 742 al 750, veniamo a sapere che il monastero era retto dall’abate Albino. il Monastero continuò ad ingrandirsi  grazie a donazioni di  privati  e dei duchi longobardi, tra cui Arechi II  che, intanto, aveva elevato il Ducato di Benevento a Principato e fregiato se stesso del titolo di principe.  
Era  principe di Benevento Sicardo quando il Monastero passò sotto l’amministrazione di San Vincenzo al Volturno, nel periodo che va dal 832 all' 839.
Finché i Longobardi furono al potere, il monastero continuò ad esistere e ad ingrandirsi grazie alla considerazione che questi principi ebbero verso tutti i monasteri benedettini, ma i Franchi premevano prepotentemente alle porte e con il declino del Principato di Benevento cominciò il declino anche per i Longobardi.
Alle ragioni politiche che provocarono la fine del monastero ne va unita un’altra, non meno disastrosa: gli attacchi dei Saraceni.

I Saraceni furono chiamati  nella parte continentale d'Italia dagli stessi duchi longobardi, per avere un aiuto nelle loro guerre intestine.  Furono assoldati, come dice Leone Ostiense, anche dall' ipata bizantino di Gaeta Docibile I, che aveva subito un torto da papa Giovanni VIII e contro i cui possedimenti scatenò orde di guerrieri arabi. Fatta la pace con il papa, Docibile confinò i Saraceni, una colonia di circa 40.000 individui, presso Traetto. 
Se i Saraceni furono di un qualche aiuto per gli immediati scopi dei duchi e principi longobardi, essi si rivelarono, in seguito, una vera piaga per le popolazioni del luogo, soprattutto per le comunità religiose. 

Completamente disorganizzati come esercito e come società civile, i Saraceni vivevano di razzie e saccheggi per sfamare quell'orda di persone e tutto ciò che aveva un valore li attirava come gazze. 
A pagare le spese di questa inopportuna e sgradita presenza saracena  furono non solo i semplici cittadini, ma soprattutto abazie e monasteri sempre provvisti di scorte alimentari, come l'Abazia di Montecassino,   quella di San Vincenzo al Volturno, il Cenobio di San Martino e il Monastero della Santa Croce, entrambi sul Monte Massico e  sicuramente non abbastanza ben difesi. 
Sugli attacchi dei Saraceni al Cenobio, esiste un curioso opuscoletto di 4 pagine allegato al manoscritto n° XXII della Biblioteca Vallicelliana di Roma, scritto verso la fine dell’XI secolo. L’opuscoletto fu scritto da un  diacono di Monte Massico, Adelberto, come attesta l’ultima frase del documento: Hoc autem conscripsit Adelebertus diaconus et monachus prephati monasterii, qui prope erant ad videndum victoria sancti Martini[…].
Mettendo da parte  qualsiasi dibattito su questo documento che merita uno studio a parte,  esso ci da un esempio di quella storiografia popolare che dominava il medioevo. Il diacono ci racconta che, di fronte all’ennesimo assalto dei Saraceni al monastero, i monaci scesero nella grotta e, davanti alla tomba del santo, ne invocarono l’aiuto per essere liberati da quella minaccia. Al clamore che facevano i monaci, subito apparve il corpo di Martino, in carne ed ossa,  e con voce forte e chiara disse: Ascoltatemi, fratelli miei e servi del mio signore Gesù Cristo, perché  io sono Martino, che giaccio in questa grotta, la cui lode ogni giorno frequentate.[…] Andate, e armate i vostri corpi con corazze, elmi, scudi, lance e spade; salite sui cavalli e senza paura combattete, perché io vi precedo nel vedere, e si dispone per voi una grande vittoria.*
La bella storia raccontata da Adelberto serviva chiaramente solo a dare lustro al monastero.  La struttura è comunque rimasta attiva fino al 1690. Infatti nell'Apprezzo dell'Università Baronale di Carinola si afferma che "da sopra detto casale (Casanova) in una collina vi sta  il convento antico di S. Martino, dove al presente vi sta un romito".

                                                                                                   c.d.l.

*Audite me, fratres mei et servi domini mei Iesu Christi, videte quia ego sum Martinus, qui hunc specu adiaceo, cuius laudem quotidiae frequentatis […]. Ite, et armate corpora vestra loricis, galeis, clipeis, hensis et lanceis; equos ascendite et sine dubio pugnate, quia ego antecedo vobis videntes, et copiosam habetis victoriam.

Alcuni testi consultati

Bossi Luigi – Della istoria d’Italia antica e moderna – vol. XIII – Milano, 1821
Cariello Nicola – I saraceni nel Lazio – VIII-X secolo -  Roma, 2001
Federici Giovanno B. (monaco casinese) – Degli antichi duchi e consoli o ipati della città di Gaeta – Napoli, 1791
Federici V. (a cura di) Chronicon Vulturmense del monaco Giovanni  - I, II, III – google books
Gesualdo Erasmo – Osservazioni critiche – Napoli, 1754
Gregorio Magno ( a cura di Simonetti e Pricoco) – Dialoghi –   vol. II, libri III e IV, Milano, 2006
Hugh Moretus – un opuscule du diacre Adelbert – google books
Leone Marsicano - cronaca di Montecassino - google books
Monetti Diego – Cenni storici dell’antica città di Gaeta – Gaeta, 1869
Muratori Ludovico A. - Annali d’Italia – vol. VII – Milano, 1753
Nugnes Massimo -  Storia del Regno di Napoli -  vol. I - Napoli, 1840
Valente Corrado - L'Università Baronale di Carinola  nell'Apprezzo dei Beni anno 1690, Marina di Minturno 2008
Zannini Ugo e Guadagno Giuseppe – S. Martino e S. Bernardo – Minturno, 1997

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