sabato 27 aprile 2013

Corradello: il dramma dell' ultimo signore svevo carinolese

Decapitazione di Corradino- miniatura dal Codex Manesse



Pochi mesi dopo la battaglia di Benevento e la morte di Manfredi, morì anche Riccardo di Caserta, accusato di tradimento dalla parte guelfa. 
Gli storici scrivono che morì di crepacuore, non riuscendo a superare il dolore per le sorti della battaglia e per la morte del suo signore. Lasciò un figlio ancora giovane, Corradello,  sotto la tutela della nonna Siffridina
Riccardo, dopo la rotta di Benevento e la morte di Manfredi, era giunto ad un accordo con Carlo d’Angiò e questo salvò dalla confisca tutti i suoi beni che furono poi ereditati da suo figlio. I rapporti con il re migliorarono tanto che Corradello sposò Caterina de Gebenna, consanguinea di re Carlo. Corradello non solo ereditò tutti i beni del padre, tra cui la Contea di Carinola, ma anche l’attaccamento alla casa sveva. 

Quando, infatti,  nel 1267 all’orizzonte si stagliò la giovanissima figura di Corradino, venuto in Italia a reclamare il Regno di Sicilia lasciatogli in eredità da suo padre Corrado IV, Corradello non ci pensò due volte: sapeva esattamente da che parte stare.  E se non lo avesse saputo o avesse tentennato, sua nonna Siffridina glielo avrebbe ampiamente ricordato.

Peccarono entrambi di errore di valutazione nella loro scelta di appoggiare Corradino? Non credo. Sia Corradello che sua nonna Siffridina conoscevano esattamente la forza militare e la crudeltà di Carlo d’ Angiò, così come sapevano che i ghibellini d’Italia non erano più tanto affidabili, né militarmente potenti come ai tempi di Manfredi. E sapevano anche da che parte sarebbero state le forze papali Vollero però  sostenere Corradino nella sua impresa, che era l’ultimo, disperato tentativo di recuperare il Regno di Sicilia. 
Fu forse il desiderio di riscatto del nome paterno, accusato di essere il traditore di Manfredi, che fece optare a Corradello di abbracciare la difficile causa sveva.  Non possiamo saperlo con certezza, fatto sta che il fiero comportamento di Corradello e di sua nonna Siffridina, che seppero affrontare la malasorte e la prigionia con grande dignità, fa supporre che la loro fu una scelta coraggiosa e consapevole. 


Corradello si fece nominare “Capitano per Corradino in Terra di Lavoro”. In questo ruolo, cominciò a sollevare molte contee di Terra di Lavoro contro re Carlo. Questi, appena ebbe notizia dei  movimenti insurrezionali contro di lui, ordinò apposita inchiesta che confermò le voci arrivate al suo orecchio. Dopo la sconfitta di Corradino  a Tagliacozzo nel 1268, stando re Carlo a Capua, il 10 ottobre dello stesso anno mandò Guglielmo Stendardo, maresciallo del Regno, a ricevere in suo nome l’omaggio di fedeltà dagli abitanti di Caserta e ordinò di condurre alla sua presenza, liberi e sicuri, Siffridinam, matrem quondam Riccardi comitis casertani et Conradum filium eiusdem comitis casertani nepotem dicte Siffridine cum eorum sociis, se essi avessero voluto darsi incondizionatamente in suo potere, o se invece avessero preferito essere giudicati dai Baroni secondo le leggi del Regno. In caso di rifiuto tutti i loro beni, contee e feudi sarebbero stati confiscati. 
Ma la “perfida mulier” Siffridina, come la chiamava Carlo d’Angiò, si rifiutò di obbedire ai comandi del re e re Carlo dichiarò proditori, ossia traditori, lei e suo nipote Corradello.  Il re si impadronì della Contea di Caserta e la donò a Guglielmo de Beaumont, ammiraglio del Regno, uno dei suoi più intimi e fidati collaboratori.


Re Carlo non si accontentò della sola Contea di Caserta, ma s’impossessò di tutte le altre baronie, terre e feudi appartenenti a Corredallo, tra cui la Contea di Carinola e la Rocca di Mondragone che diede a suo genero Filippo de Courteney, figlio dell'imperatore di Costantinopoli Baldovino II, che ne aveva sposato la figlia Beatrice
Ecco che ritorna la ben consolidata prassi di dare la Contea di Carinola nelle mani dei consanguinei reali per la sua importanza strategica e per le sue notevoli rendite.


Nel 1269 re Carlo riuscì a prendere Siffridina, Corradello e la moglie di quest’ultimo Caterina.  Ebbe così inizio, per i conti casertani e signori carinolesi, il lungo dramma della prigionia che essi seppero vivere con grande dignità. 

Siffridina fu incarcerata nel Castello di Trani e messa a pane ed acqua fino a quando non  avesse rivelato i nomi di tutti coloro che avevano partecipato alla ribellione. Siffridina non rivelò mai quei nomi e rimase prigioniera nel castello di Trani fino alla sua morte che avvenne, dieci anni dopo, il 18 marzo del 1279.

Il giovane Corradello fu prima rinchiuso invece nel Castello di Canosa, dove rimase fino al 1277, poi  fu trasferito nel Castello di S. Maria del Monte (Castel del Monte), legato con ceppi di ferro e messo sotto attenta custodia. Carlo rafforzò il presidio del Castello, portando i soldati  a quaranta unità e non più a trenta come era stato fino ad allora, non solo per Corradello, ma perché nello stesso Castello erano tenuti prigionieri anche i giovanissimi figli di Manfredi

Corradello soffri un’infamante carcere per diciassette anni e le sue condizioni erano talmente misere che il più mite Carlo II, succeduto al tenace e crudele padre, ne fu mosso a compassione. Carlo prima ne ordinò la rimozione dei ferri che lo tenevano legato e poi ne ordinò la liberazione. Corradello era stato  in carcere ventisei anni


Con il permesso del re, Corradello mandò il suo servo, Vincenzo Picardo, presso gli amici di un tempo per implorare un qualche aiuto e il re stesso, commiserando l’infelice sorte di Corradello e di sua moglie Caterina, sua consanguinea, il 9 giugno del 1304 assegnò ai due 50 once di oro annue ciascuno sulla bagliva della città di Sorrento. Ma poiché le rendite della città di Sorrento non erano sufficienti a pagare 100 once d’oro annue, Carlo ordinò che fossero detratte dalla bagliva della città di Capua

Ma i due infelici coniugi non godettero a lungo la ritrovata libertà: indeboliti e provati dalla dura prigionia, morirono subito dopo. Caterina morì nel 1305 e Corradello la seguì circa un anno dopo, il 13 dicembre del 1306.


Il Tescione scrive che molti scrittori, soprattutto casertani,  vogliono vedere in questo atto insurrezionale di Corradello un primo episodio di ribellione allo straniero e un primo tentativo di unificazione italiana, forse influenzati dalla rivolta dei Vespri Siciliani che di lì a qualche anno si sarebbe verificata a Palermo. Francamente, sembra un’opinione un po’ affrettata e molto anticipata. 
Nella mia opinione, la ribellione di Corradello al potere angioino sembra più l’ultima occasione di recuperare ad ogni costo l’onore della casata così duramente colpito dalla vergogna del tradimento. Se ci fosse stato o meno un tradimento da parte di Riccardo verso Manfredi non possiamo effettivamente saperlo, ma la fedeltà di Corradello e Siffridina alla casa sveva, portata fino all’estremo sacrificio, ha ampiamente riscattato quell’infamia.



 cdl

Testi Consultati
Broccoli  Angelo – Archivio Storico Campano – vol. II – Napoli, 1893
De Cesare Giuseppe –Storia di Manfredi Re di Sicilia e di Puglia- vol. – Napoli, 1837
Minieri-Riccio Camillo - I notamenti di Matteo Spinelli – Napoli, 1870
Tescione Giuseppe – Caserta medievale e i suoi conti e signori – Caserta, 1990
Registri Angioini del Grande Archivio di Napoli – 1269, B. n°4, fol.171 in Minieri-Riccio
Reg. Ang. 1269, B. n°4, fol. 80
Reg. Ang. 1276, B. n° 26, fol. 14, t.21
Reg. Ang. 1278-79, H. n° 33, fol. 172  
Reg. Ang. 1278, A. n°29, fol. 97
Reg. Ang. 1294, J. n° 69, fol. 183, t
Reg. Ang. 1304, n° 34, fol. 40, t. 80  
Reg. Ang. 1305, n° 145, fol. 156