Alfonso I d'Aragona |
I napoletani, ormai fedeli agli
Angioini, non amarono il cambiamento né i nuovi dominatori aragonesi,
ritenendoli responsabili delle loro sfortune, ma dovettero ben presto
ricredersi su Alfonso, tanto che si meritò l’appellativo di Magnanimo. Alfonso aveva
27 anni ed era già il quinto re d’Aragona, quando divenne il primo re aragonese
di Napoli. Il nuovo re fece il suo ingresso in città il 26 Febbraio 1443 dal
Carmine e per permettere il passaggio del corteo reale fu necessario abbattere
circa 18 metri
di mura. Accanto a lui erano i baroni che avevano sostenuto la sua causa, tra
cui Giovan Antonio Marzano, duca di Sessa e conte di Carinola.
Alfonso si rese subito conto che
lo aspettava un’impresa ciclopica, ma non si demoralizzò. Le condizioni del
Regno erano pessime, sia in campo politico che in campo economico. I baroni non
obbedivano più all’autorità centrale da cui si erano sempre più distaccati,
acquisendo una propria autonomia. Essi eludevano gli obblighi del vassallaggio,
non pagando i dovuti censi e non
mandando i propri soldati al servizio dell’esercito reale, per cui il sovrano doveva
ricorrere sempre più a mercenari, con notevole spreco di denaro. Molti baroni
erano apertamente ribelli al re da cui
avevano dichiarato l’autonomia. Da un punto di vista economico la situazione
non era migliore. Le finanze dello stato erano inesistenti grazie alle continue
guerre intraprese dai sovrani durazzeschi e l’intero regno era ridotto in
miseria perché le guerre avevano provocato il declino del commercio, il
ristagno dell’artigianato e l’abbandono dell’agricoltura. La stessa città di
Napoli, capitale del regno, era un cumulo di macerie e la popolazione,
nonostante le ripetute pestilenze, aumentava sempre più; la cinta muraria non
era sufficiente a contenerla tutta ed andava assolutamente ampliata.
Alfonso spese
somme enormi per dare un aspetto più decoroso alla città e al regno,
intervenendo sulla maggior parte dei palazzi pubblici e sulle strade. Chi
credeva che fosse un rozzo catalano, dovette ben presto ricredersi: Alfonso era
un uomo colto ed erudito e fu un vero
mecenate; si circondò di poeti e letterati dando al Regno un’impronta nuova che
attirò numerose personalità artistiche e letterarie. Di lui si dice, e non a
torto, che fu il sovrano che diede inizio al Rinascimento napoletano. Di lui
avremo modo di parlare ancora nei pezzi successivi e conoscere meglio la sua
notevole personalità.
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Quando gli
Angioini lasciarono il passo agli Aragonesi, i Marzano erano già signori di
Sessa dal 1362. Facendo il punto della situazione, ricordiamo che il Ducato di
Sessa ebbe inizio con Tommaso Marzano che comprò Sessa dalla regina Giovanna I
per 25.000 fiorini. Inoltre, la regina
fregiò Tommaso del titolo di Duca di Sessa, facendolo il secondo Duca di sangue non reale, dopo
Francesco del Balzo che era stato il primo.
Goffredo Marzano, fratello di Tommaso, comprò invece Teano e Carinola per 13.000 fiorini e i Marzano, originari di Capua, si stanziarono nelle nostre zone.
Goffredo Marzano, fratello di Tommaso, comprò invece Teano e Carinola per 13.000 fiorini e i Marzano, originari di Capua, si stanziarono nelle nostre zone.
Alla morte di
Giacomo Marzano, Ladislao confermò al figlio, il piccolo Giovan Antonio
Marzano, il ducato di Sessa, ma non gli restuì tutte le terre, che gli furono poi restituite dalla regina Giovanna II nel 1416.
Al fratello di Giacomo, Goffredo, già conte di Alife, Ladislao restituì le
contee di Teano e Carinola. Goffredo ebbe da sua moglie Ceccarella di Gianvilla
un’unica figlia, anche lei di nome Maria, che andò sposa a Rinaldo, figlio naturale di
Ladislao e principe di Capua, ma questo matrimonio fu sciolto quando Ladislao
si accorse del voltafaccia dei Marzano. Alla morte di costei, tutte le
proprietà ereditate dal padre, tra cui Carinola, passarono al giovane cugino
Giovannantonio (1423?).
Da questo
momento, le sorti della Contea di Carinola sono strettamente legate a quelle
del Ducato di Sessa e alla potente famiglia Marzano.
La grandezza e
il potere di una famiglia è sempre direttamente proporzionale all’adesione alla
causa del sovrano di turno. Questo i baroni lo sapevano bene e sceglievano oculatamente da che parte stare.
Non era certo l’amore per questo o per quel sovrano a determinare le azioni del
baronaggio, ma la convenienza che poteva venirne per la famiglia. Le scelte
oculate della famiglia Marzano ne
determinarono il grande potere decisionale nell’ambito del Regno: fu infatti
l’adesione alla causa angioino-durazzesca prima e alla causa aragonese dopo, a
permettere alla famiglia Marzano di ingrandirsi sempre più, fino al tracollo
definitivo del 1465 causato dall’ azzardato
comportamento di Marino Marzano.
Giovan Antonio Marzano, nella lotta tra la Regina Giovanna II e Alfonso d’Aragona per la
conquista del Regno di Napoli, scelse di stare dalla parte dell’aragonese,
abbandonando l’appoggio bisecolare della sua famiglia agli angioini. Il Marzano
valutò sicuramente le forze e gli appoggi militari dei due e la grande quantità
di denaro da profondere nella causa e che favoriva
l’aragonese, già re d’Aragona e di molti altri regni. Nella valutazione del
Marzano, la causa durezzesca era ormai persa e per Napoli si apriva
una nuova era, quella aragonese.
Per questo
motivo Giovanni Antonio, Grande Ammiraglio del Regno, fu da subito dalla parte
dell’aragonese, e quando Alfonso gli mandò i cavalieri Caraffello Carrafa e
Raimondo Bojl per chiedergli notizie sugli umori degli altri baroni e consigli
su come muoversi prima di combattere Giovanna II, Giovan Antonio mandò a
dire all’aragonese che molti baroni erano rimasti indignati dal testamento
della Regina Giovanna ed erano pronti ad
appoggiarlo, qualora decideva di muoversi. Giovan Antonio stesso aveva un piano per
favorire Alfonso.
Dopo intese con
altri baroni, Cristoforo Gaetani conte di Fondi, Bernardino e Ruggero Gaetani
conti di Traetto, Francesco e Rinaldo D’Aquino conti di Loreto, il Marzano iniziò il suo piano a favore di Alfonso, ossia l’occupazione di Capua.
Giovan Antonio
Marzano riuscì a prendere Capua senza colpo ferire perché, da buon barone, usò
l’arma del suo potere combinata a un po’
di corruzione. Castellano di Capua era un suo vassallo, Giovanni Caramanico, il
quale promise al duca che lo avrebbe aiutato ad occupare Capua, ma c’era una
difficoltà: bisognava passare il fiume Volturno per entrare in Capua. Se il
duca e i suoi soldati avessero cercato di passare dall’altra parte del fiume,
sarebbero stati subito fermati dalle truppe angioine
che alloggiavano a Santa Maria di Capua e nelle zone circostanti. C’era dunque
bisogno di guadagnarsi il favore di chi
stava a guardia delle torri di controllo. Il Caramanico, molto audacemente,
chiese a un suo amico di cedere le torri agli uomini del Duca di Sessa, quando toccava a lui fare la guardia,
promettendogli grande ricompensa. L'uomo accettò e i due, insieme, architettarono un astuto piano per
far occupare le torri dagli uomini del Marzano.
Una notte che costui era di
guardia, calò una fune dalla torre in cui si trovava e fece salire tre dei più
valenti cavalieri del duca, poi chiamando ad una ad una le guardie delle altre torri,
le fece salire sopra con una scusa e le imprigionò nella stanza più alta della
torre, controllate dai tre cavalieri del duca perché non gridassero. Poi suonando il
corno, diede il segnale al Caramanico che le torri erano state occupate. Ma il
piano non era ancora completo: ora bisognava neutralizzare il capitano
Cittadino (di nome), al servizio del conte di Nola, che con quattrocento cavalieri aveva la
responsabilità della guardia della città ed era inoltre capitano di giustizia. Ora, il
capitano, essendo venuto in contesa con due importanti capuani in lite tra loro,
li aveva mandati entrambi in carcere nelle torri.
La guardia corrotta mandò
dunque a chiamare il capitano facendogli
dire che i due capuani volevano infine riappacificarsi e che era bene egli
venisse subito. Il capitano andò alle torri e fu fatto salire da solo, escludendo
gli altri cavalieri venuti con lui. Appena salito, fu messo in prigione anche
lui insieme agli altri. A questo punto il Caramanico mandò a chiamare il Duca
di Sessa che con suoi soldati e fuoriusciti capuani entrò in Capua e la occupò.
I soldati a guardia di Capua, rimasti senza il loro capitano, uscirono
dall’altra porta e raggiunsero il campo angioino.
Presa Capua, il
Marzano mandò subito Rinaldo d’Aquino a Messina da re Alfonso, facendogli dire di venire subito perché Capua era presa, ma bisognava mantenerla. Se egli, il Marzano, era stato in grado di prenderla con le sue
forze private, non era certo in grado di mantenerla, perché il Caldora e gli
altri capitani della regina l’avrebbero sicuramente assediata con un nutrito
esercito. Alfonso non se lo fece dire due volte e partì subito da Messina con
sette galere, lasciando a suo fratello Pietro l’incombenza di raggiungerlo con
il resto dell’esercito. E perché la regina non sapesse della sua venuta,
Alfonso non andò a Napoli con le sue navi, ma fece rotta verso Ponza dove si
fermò. Mandò il solito Carafello Caraffa dal duca a comunicargli la sua venuta
e a dirgli che, poiché era stata presa Capua, gli sembrava opportuno prendere
anche Gaeta per avere più opportunità e spazio per le sue forze marittime. Ma il Marzano
non fu d’accordo; vedendo gli animi dei capuani, egli dedusse che questi
avrebbero aperto le porte al Caldora per non avere problemi e gli Aragonesi avrebbero
perso anche Capua senza prendere Gaeta. Poi mandò a dire al re di decidere un
luogo in cui i baroni potevano andare ad omaggiarlo.
Alfonso capì
perfettamente il punto di vista del Marzano e lo condivise. Allora sbarcò sulla
marina di Sessa e si diresse personalmente verso la città per farsi omaggiare, dimorando nel
castello di Sessa quale ospite del
Marzano. La prese di Gaeta era stata però solo rimandata.
cdl
Bartolomeo
Facio: Fatti d'Alfonso d'Aragona, primo ne di Napoli di questo mome, Venezia, 1580
Gioviano
Pontano; Il Principe eroe- Napoli, 1786
Enrico de Rosa: Alfonso I D’Aragona, l’uomo che ha fatto il Rinascimento a Napoli, 2007
Pietro Giannone: Istoria civile del Regno di Napoli , Milano, 1833
G.A. Summonte, Historia della città e Regno di Napoli, in Napoli 1601-1602.Filippo Maria Pagano: Saggio Istorico sul Regno di Napoli, Napoli 1824
Angelo Di
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Nell’Aquila, 1582
Carlo de
Lellis Discorsi sulle famiglie nobili del Regno di Napoli, Napoli, 1654
B. Croce, Storia del Regno di Napoli, a
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