La Battaglia di Benevento - miniatura della Nuova Cronaca di G. Villani |
Quando ho trovato le
notizie sui nuovi signori di Carinola ed in particolare quelle riportate nel
presente articolo, non nego di essermi molto commossa. Scoprire
come il nostro piccolo territorio abbia avuto, tramite i suoi signori, un ruolo
così rilevante nella Storia nazionale è stata un’emozione non da poco. A sua
volta, vedere come quel ruolo sia stato vanificato da una continua indifferenza
ha destato in me un sommovimento di rabbia. Molto meriterebbe questo territorio,
ma soprattutto meriterebbe la guida di chi lo sappia davvero rispettare e far
rispettare, rivalutare e valorizzare per
ridargli quella dignità che gli
appartiene di diritto.
*****
Come ho accennato nell’articolo
precedente, Tommaso, conte di Caserta e signore di Carinola, lasciò suo figlio
Riccardo come ostaggio quando dovette uscire dal Regno di Sicilia perché
espulso da Federico II.
Riccardo era appena un ragazzo e Federico diede ordine
che egli fosse allevato nel rispetto e nella fedeltà all’imperatore allo scopo di trasformare un potenziale nemico in un fedele servitore del re.
Quando morì suo
padre Tommaso, la sua tutela di Riccardo passò alla madre Siffridina e dal 1240 in poi
Federico divenne “valletto” del re presso la corte reale di Capua. Grazie alle
sue indubbie virtù e capacità divenne ben presto capitano del re e gli vennero
affidati compiti di un certo rilievo, come la custodia di importanti prigionieri
e il comando di un reparto nell’assedio di Viterbo del 1243. Quello stesso anno
fu vicario generale della Tuscia e poi della Marca anconetana e di Spoleto. Fu lui a svelare a Federico, forse su
suggerimento della madre, la congiura che si stava preparando contro di lui.
Sposò Violante, la figlia di Federico, e da lei ebbe il figlio Corrado, chiamato familiarmente Corradello.
L’imperatore si servì di lui per gli incarichi più delicati. Era in Sicilia
contro i Saraceni che poi si arresero e furono mandati a Lucera. Nel 1248 fu
incaricato di ricevere in Sicilia re Luigi di Francia che andava verso la Terra
Santa.
L’anno dopo, nel 1249, fu incaricato di sondare gli umori del Regno e
sicuramente non fu estraneo all’indagine che portò alla condanna di Pier delle
Vigne. Infine, Riccardo risulta tra i testimoni che firmarono il testamento
dell’ imperatore nel 1250, pochi giorni prima che questi morisse. Nel testamento, Federico lasciò il
Regno al suo secondogenito Corrado e a Manfredi la reggenza di esso fino all’arrivo di Corrado che era impegnato
in Germania a farsi riconoscere imperatore.
Alla morte di Federico, come era
prevedibile, scoppiò la rivolta tra i baroni per la successione: chi voleva
Corrado figlio primogenito di Federico e chi preferiva Manfredi. La rivolta era
fomentata anche da papa Innocenzo IV che nel 1251, da Lione, inviò una lettera al legato
pontificio nel Regno di Sicilia dove lo incitava ad attirare, con promesse
varie, nell’orbita del Papato il conte
di Caserta ed altri conti. Non contento, il papa scrisse una lettera personale
a Siffridina, di cui gli era nota
l’amore per la Chiesa, dicendole di indurre il figlio a ritornare “alla
grazia di Dio e alla fedeltà della Sede Apostolica” (1).
Riccardo, sebbene rimanesse fedele a
Manfredi, da buon cristiano e forse sotto pressante consiglio materno, chiese
al Pontefice la conferma della sua contea
e di tutti i beni ricevuti dall’imperatore dopo il 1240. La lettera di conferma
papale, datata Genova 17 giugno 1251, è un documento di fondamentale importanza
perché chiarisce quali fossero i possedimenti del conte casertano. Esso dice: “…
ed
è per questo che noi, propensi alle tue suppliche, confermiamo
a te e ai tuoi successori, con autorità apostolica, la contea di Caserta, la
città di Carinola, a te pertinenti, come asserisci, per diritto ereditario, e
il Castello di Scafati e Castellammare,
come pure Caiazzo, Montoro, la Rocca di Mondragone, la diocesi Capuana,
Napoletana, Salernitana e Carinolese, che al momento proponi di possedere pacificamente, con tutti i diritti, gli onori e pertinenze delle predette
contee, città e castelli, e col presente scritto assicuriamo protezione a
chiunque voglia salvaguardare questo diritto” (2).
Corrado, al fianco del suo fratellastro
Manfredi, di cui comunque poco si fidava
e a cui ridimensionò molto del suo potere,
scese verso Palermo riducendo all’ obbedienza reale tutte le contee che
si erano ribellate, soprattutto le turbolenti contee di Caserta ed Acerra e sottomise
anche Capua e Napoli che per prime gli
si erano ribellate. Ma Corrado visse ben poco e nel 1254 morì di malaria lasciando come erede suo figlio
Corradino che aveva solo due anni e si trovava in Germania e che, alla morte
del padre, fu posto sotto la tutela del papa.
Manfredi poté continuare la reggenza di
Sicilia senza opposizione.
Quello stesso 1254 morì anche papa Innocenzo e gli successe
Alessandro IV.
Riccardo non si dimostrò nemico del nuovo papa né della Curia
romana e non è da escludere che la sua simpatia per il Papato fosse una chiara mossa
politica per riavere indietro i territori che Corrado gli aveva sottratto,
ossia Carinola. Comunque fosse,
rispondendo all’ opportunismo politico
di Riccardo con una mossa altrettanto opportunistica, il nuovo
papa favorì Riccardo, sicuramente per attirarlo dalla sua parte.
Con una lettera datata Napoli 29
gennaio 1255 invitò l’Università di Carinola a prestare giuramento di fedeltà al conte
casertano, esprimendosi in questi termini: "al nostro
diletto figlio, il nobile Riccardo conte Casertano a noi fedele, con il
consiglio e il pieno consenso dei nostri fratelli, avremo restituito il
possesso della città di Carinola che un tempo apparteneva al fu Corrado, figlio
del fu Federico imperatore ei Romani che, si dice, gli avesse tolto per suo
capriccio e che la stessa città fosse appartenuta a lui e ai suoi progenitori,
come si sa, e a lui e ai suoi eredi nuovamente avremo concesso per particolare
grazia, come è previsto dal privilegio apostolico ottenuto a maggioranza….” (3)
Quando poi Manfredi nel 1255-56 riprese
il potere, fu molto magnanimo con le città che si erano ribellate a Corrado e a
suo cognato Riccardo “ conte di Caserta e signore di Carinola”, che pur si era
messo sotto la protezione del papa, nel 1257 regalò il castello di
Pescofalconara e gli restituì quello di Civitavecchia d’Arpino con la terra d’Arpino
che già gli erano appartenute in passato.
La risposta del papa a questo nuovo cambiamento di situazione non si fece
attendere. Nel 1259, un anno dopo l’incoronazione
di Manfredi, il papa lanciò l’interdetto (ossia il divieto di accedere in
luoghi sacri e di celebrare funzioni religiose) contro le città e i luoghi
che accoglievano Manfredi, contro i conti di Caserta, di Acerra e contro
Galvano e Federico Lancia, zii di Manfredi, e che lo avevano aiutato contro Corrado a riprendersi il Regno di
Sicilia.
Questo altalenante comportamento
del Conte di Caserta e signore di Carinola, una volta fedele a Manfredi una
volta fedele al Papato, potrebbe far pensare che egli fosse predisposto al
tradimento di suo cognato. Non è invece così. Riccardo, uomo del medioevo, adottò un comportamento
comune a tutti i baroni del tempo per salvare i suoi possedimenti in un momento di poca chiarezza governativa.
Molto c’e ancora da sapere su questo
nostro signore a cui la Storia ha ingiustamente regalato il marchio dell’infamia.
cdl
( (1)…ad
Dei gratiam et fidelitatem Sedis Apostolicae.
(2) Hinc
est quod nos, tuis supplicationibus inclinati, comitatum Caserte, civitatem
Caleni, ad te ut asseris jure ereditario pertinentes, ac castrum Skifati et
castrum ad Mare, nec non et Cajaciam, Montorum, roccam Montis Dragonis,
Capuane, Neapolitane et Calinenses Diocesum, que ad presens te pacifice
possidere proponis, cum omnibus juribus, honoribus et pertinentiis predictorum
comitatus, civitatum et castrorum, tibi tuisque successoribus actoritate
apostolica confirmamum et presentis scripti patrocinio communimus, cujuslibet
in eis alterius jure salvo.
(3) ... Cum
nos dilect filio nobili viro Riccardo comiti Casertano fideli nostro
possessionem civitatis Calensis (leggi Calinensis), qua quondam Conradus natus
Frederici olim Romanorum imperatoris ipsum pro suo libito destituisse dicitur,
de fratrum nostro rum consilio et assensu plenarie restituerimus, ac insuper
civitatem eadem sicut eam ipse suique progenitores habuisse noscuntur ei et
heredibus ejus de novo concesserimus de gratia speciali, prout in apostolico
privilegio super hoc obtento plenius continetur…
Alcuni Testi Consultati
Bergher E. – Les Registres
d’Innocent IV – vol. II –Paris, 1887
Capasso Bartolommeo – Historia
diplomatic Regni Siciliae – Battipaglia (SA), 2009 (ristampa)
Colasanti G. – Il
passo di Ceprano sotto gli ultimi Hohenstaufen (1912) – Ceprano, 2003
(ristampa)
Del Giudice Giuseppe - La famiglia di re Manfredi - Napoli, 1880
Di Cesare Giuseppe – Storia di Manfredi re di Sicilia e di Puglia – vol.1 – Napoli,
1837
Morghen Raffaello – Il tramonto della potenza sveva in
Italia -1250-1266 - Milano-Roma, 1930
Muratori Ludovica A. – Rerum italica rum scriptores – vol.
16 – Milano, 1730
Pelliccia Alessio Aurelio –
Cronicon suessanum in Raccolta di varie cronache ecc. – Tomo I - Napoli, 1780
Salvati Catello (a
cura di) – Le pergamene dell’Archivio Vescovile di Caiazzo – Napoli 1984
Villani Giovanni – Nuova Cronica – Tomo I - Firenze, 1844
(ristampa)