Da Wikipedia: Eunuco bianco del XVIII secolo |
Le rivolte che insanguinarono il governo di Guglielmo il Malo
ebbero molti responsabili; tra questi, un posto di rilievo spetta agli eunuchi
di corte, figure trasportate nel Regno dalla bisecolare dominazione araba in
Sicilia. D’altra parte, in un Regno così variegato, multietnico,
multiculturale, multitutto, un po’ godereccio e molto dinamico, già avviato alla
modernità, non potevano mancare questi personaggi particolarmente “originali”. Volendoli
definire, si potrebbe dire che gli eunuchi erano il concentrato del meglio e del
peggio dell’intera società: fedeli, devoti, affidabili, responsabili, seri, divertenti, traditori,
prepotenti, pettegoli, linguacciuti, intriganti, impiccioni, intrallazzatori, maliziosi,
imbroglioni, astiosi, vendicativi, e chi più ne ha più ne metta, quasi come se una doppia natura vivesse in loro: quella persa e quella acquisita.
Con loro il Regno di Sicilia brillava di vita, spumeggiava di gaiezza, frizzava di leggerezza e vivacità. Nulla aveva a che fare con la pesante e tetra vita di altre realtà, quella del Sacro Romano Impero per intenderci, che invece era come un pasto indigesto che si piazza sullo stomaco.
Qualsiasi cosa di buono o di male succedeva, loro, gli eunuchi, c’erano sempre a rinvigorire l’accaduto.
Con loro il Regno di Sicilia brillava di vita, spumeggiava di gaiezza, frizzava di leggerezza e vivacità. Nulla aveva a che fare con la pesante e tetra vita di altre realtà, quella del Sacro Romano Impero per intenderci, che invece era come un pasto indigesto che si piazza sullo stomaco.
Qualsiasi cosa di buono o di male succedeva, loro, gli eunuchi, c’erano sempre a rinvigorire l’accaduto.
Ma chi erano esattamente questi personaggi? Perché erano così
presenti nel Regno di Sicilia?
Figure nate nelle culture orientali e africane, gli eunuchi li
troviamo già in tempi antichissimi. Il loro ruolo fondamentale era quello di
custodi dei ginecei ed è esattamente quello che il nome significa in greco: custodisco il letto.
Nelle culture particolarmente repressive nei
confronti della donna, in cui vigeva l’usanza di tenere le donne ben separate
dagli uomini, si creò ben presto la necessità di affidare il gineceo a figure
altamente affidabili. E siccome queste figure non esistevano, si crearono.
Ebbe
così inizio la pratica dell’evirazione dell’uomo in modo da distruggere in lui
qualsiasi traccia di sensualità che potesse rappresentare una tentazione per le
donne e per lo stesso custode.
L’evirazione dell’apparato genitale poteva essere più o meno estesa e condurre
l’uomo all’ impotentia generandi, impossibilità
di generare, o all’ impotenzia coeundi, impossibilità di copulare. La pratica
dell’evirazione avveniva in due specifici periodi della crescita: durante l’infanzia
e durante la piena adolescenza.
L’ evirazione su soggetti ancora in puerizia comprometteva lo sviluppo psico-fisico per cui
l’eunuco risultava un soggetto fisicamente debole e il suo valore sul mercato
era basso; in secoli più recenti, l’evirazione in puerizia veniva praticata per sfruttare
in teatro la loro “voce bianca”.
L’evirazione in età adolescenziale, quando cioè lo
sviluppo psico-fisico era già avvenuto, comportava un notevole aumento di
valore sul mercato. Nella cultura araba, gli eunuchi erano il normale corredo
dei califfi che alla loro custodia affidavano gli harem.
In questa veste di custodi degli harem, gli eunuchi giunsero
in Sicilia al seguito dei loro signori. Vi rimasero anche durante la
dominazione dei re normanni che molto presero dai costumi e dalle usanze arabe
e a cui non dispiaceva circondarsi di concubine.
Gli eunuchi saraceni non solo
divennero i custodi dei ginecei reali, ma divennero anche il mezzo per
combattere il nepotismo, quella sgradevole pratica che favorisce il familiare o
il protetto, a discapito di chi ha evidenti capacità.
Grazie alla loro fedeltà e alla loro dedizione, occuparono le più alte cariche della gerarchia amministrativa del Regno.
Grazie alla loro fedeltà e alla loro dedizione, occuparono le più alte cariche della gerarchia amministrativa del Regno.
Tuttavia,
il fatto di aver evirato un uomo, non
significava averlo privato di sentimenti, anzi, proprio i sentimenti si rivelavano un’arma a
doppio taglio. La dedizione ad una particolare persona si trasformava
necessariamente in odio per il suo nemico, oppure la strenua difesa della
carica occupata produceva una feroce lotta intestina che non escludeva colpi.
E’ quello che accadde all’eunuco Pietro, maestro camerario di palazzo e vice
ammiraglio, fedelissimo della regina Margherita di Navarra, che, per fedeltà
alla sua sovrana, si trovò coinvolto nella rivolta di Palermo e fu poi costretto
a fuggire in Africa. O come l’odio tra l’eunuco Riccardo e l’eunuco Sedutto,
perché il Cancelliere Stefano, succeduto a Majone, favoriva l’uno piuttosto che
l’altro. O ancora come l’eunuco Martino, governatore di Palermo in assenza di
re Guglielmo, che perpetrava ogni sorta di abusi ed estorsioni ai danni dei
palermitani, sentendosi simile al sovrano.
O come l’eunuco Gallo (o Gaito)
che per viltà fuggi con la flotta dalle
acque di Mebdia.
La storia del Regno di Sicilia è piena di queste figure,
decine e decine di nomi che si rincorrono nelle pagine dei volumi: Pietro, Filippo,
Eutropio, Narsete, Martino, Andrea, Ioario, Oreste, Niceforo, persone che sono state usate e abusate e a loro volta hanno
usato e abusato; persone che
sono state osannate o trucidate per nulla e che, nel bene e nel male, hanno lasciato le
loro tracce, rendendo il Regno di Sicilia sicuramente non migliore, ma certamente unico.
c.d.l.
Alcuni testi consultati
Amari
Michele – Storia dei Musulmani di Sicilia – vol. 3 – Firenze, 1868
Capecelatro Francesco – Storia del Regno di Napoli – Napoli,
1840
Di Blasi
Giovanni E. – Storia di Sicilia – vol. 3 – Palermo, 1847
Di Costanzo
Angelo – Storia del Regno di Napoli – Napoli, 1839
Fazello
Tommaso – Historia di Sicilia – Venezia, 1573
Moisè Filippo – Storia dei domini stranieri in Italia – vol.
4 - Firenze, 1841
Pecchia
carlo – Storia civile e politica del Regno di Napoli – vol. I – Napoli, 1778
Summonte
Giovanni A. – Dell’historia della città e del regno di Napoli - Napoli, 1675