giovedì 25 ottobre 2012

I nuovi signori di Carinola: i di Lauro-Sanseverino



Quel che rimane del Castello di Carinola



* Aggiornato il  1 febbraio 2013

Tolto di mezzo Riccardo, ultimo signore calinense della dinastia capuana, la Contea di Carinola  fu affidata a Gugliemo, conte di Caserta e figlio di Roberto
Non sappiamo se Guglielmo la comprò o se la Contea gli fu donata dal re per i servizi resi, fatto sta che fu lui il nuovo signore di Carinola e, da ora e per quasi tutto il periodo svevo,  bisogna seguire le vicende della contea di Caserta per trovare notizie che riguardano la contea calinense. 

Qualche studioso del passato, ed anche contemporaneo, pensa che i nuovi signori di Caserta e Carinola fossero della famiglia d'Aquino, ma altri studiosi hanno provato, con documenti alla mano, che i d'Aquino avevano la contea di Acerra e non di Caserta, la quale invece apparteneva ai di Lauro, ramo della famiglia Sanseverino
Ma vediamo chi erano questi nuovi signori di Carinola di cui ci parla ampiamente Giuseppe Tescione nel suo libro Caserta Medievale e i suoi conti e signori”.

Nella prima stesura del Catalogus Baronum, quella del 1150, risulta essere titolare di Caserta un certo Nicola Frainella, il quale possedeva anche alcuni paesini che costituivano la Contea di Caserta  prima del 1159. Successore di Frainella, non si sa se per eredità o per acquisto, fu Roberto, signore di Lauro (Avellino), che a sua volta era figlio di un altro Roberto, a sua volta figlio di Ruggero, a sua volta figlio di Troisio, tutti signori dei piccoli feudi di Lauro, Striano e Montoro.

Fu il conte Roberto, padre di Guglielmo, ad ampliare notevolmente le sue proprietà. Per i servizi resi ai re Ruggiero II, Guglielmo I il Malo e Guglielmo II il Buono e per le sue indubbie qualità personali, Roberto ricevette dai sovrani numerose donazioni terriere che ingrandirono notevolmente il piccolo feudo di Lauro e fecero di lui uno dei più quotati feudatari del Regno di Sicilia. 
Per le sue qualità divenne Gran Giustiziere e Gran Connestabile di Terra di Lavoro e di Puglia e, nella seconda stesura del Catalogus Baronum, quella aggiornata del 1167-68, Roberto è citato come conte di Caserta e di tanti altri feudi posseduti in capite de domine Rege, ossia direttamente sotto il controllo del re. 
Tutti i suoi feudi gli imponevano una prestazione militare di 76 milites e 200 servientes, provenienti anche dai numerossissimi suffeudatari a cui concesse le sue terre in servizio.

Roberto ebbe tre figli: Riccardo, Guglielmo e Ruggero
Riccardo morì nel 1182, Gugliemo divenne conte di Caserta e Ruggero conte di Tricarico, feudo di sua moglie. 
Da un atto della Magna Curia Imperiale del 1240, risulta che Ruggero e Roberto  si divisero l’eredità del padre Roberto ad usum longobardorum, ossia in parti uguali. 
Ci lascia un po’ perplessi questa divisione di tipo longobardo tra gente normanna. Questa scelta, più che la stima che univa i due fratelli, potrebbe rivelare una convenienza per entrambi: le proprietà erano talmente tante, che si poteva benissimo fare a metà, senza che nessuno dei due si sentisse usurpato di qualcosa.

Alla morte di Enrico VI e di Costanza, molti baroni, fra cui il ribaldo Diopoldo, si diedero a saccheggiare le terre del Molise, Montecassino e Terra di Lavoro, con lo scopo di usurpare il trono, e  furono perciò interdetti dal papa. Guglielmo, il nuovo signore di Caserta e di Carinola, si schierò dalla parte del papa e del piccolo Federico e riuscì a catturare Diopoldo. Quest’azione gli valse l’ammirazione di papa Innocenzo III, tutore di Federico, che gli scrisse personalmente  queste parole:  
"Tu vero sicut charam habes gratiam nostram et regis, memoratum D. (wibuldum) et alios quos que cum ipso cepisti, tam caute, tam diligenter, et arcte facias custodiri, quod nec fugere possint nec circumvenire valeant tuae industriam probitatis".

Diopoldo fu tenuto prigioniero fino alla morte di Guglielmo, avvenuta nel 1199. In seguito, Roberto, figlio e successore di Guglielmo,  lo liberò quando ne sposò la figlia  Adelagia, alla cui pesante ingerenza come nuova signora di Carinola dobbiamo l’elezione del vescovo calinense deposto poi per ignoranza.
Roberto e Adelagia ebbero Tommaso che fu soprannominato “il vecchio”. Fu proprio Tommaso, che insieme alla madre, donò alla Chiesa di S. Spirito, nel territorio di Carinola, diverse proprietà, tra cui  un mulino. Da questa donazione, confermata il 21 febbraio del 1221 da Federico II, veniamo così a sapere che a Carinola esisteva una chiesa detta di S. Spirito, ma  non è specificato dove fosse ubicata.
Tommaso ebbe poi qualche problema con Federico II, che gli complicò un po' la vita, ma questo lo vedremo in seguito.
c.d.l.
Testi consultati
Le notizie di questo articolo sono state desunte dal testo di:
Tescione Giuseppe: Caserta Medievale e i suoi conti e signori – Caserta,1990 - in cui vengono studiati e citati  i documenti d'archivio dei vari monasteri (Montecassino, Montevergine, Cava dei Tirreni) e le pergamene capuane, edite dalla dott.ssa Jole Mazzoleni.

sabato 13 ottobre 2012

Il giovane Federico



Federico II - dal sito: basilicata.beniculturali.it


Siamo alle soglie del 1200 e grandi cambiamenti si approssimano grazie a due personaggi molto particolari: Federico II e Papa Innocenzo III. Le loro azioni e le loro decisioni ridisegnarono la struttura politica, sociale e religiosa dell’intera Europa, ponendo le basi per i cambiamenti dei secoli futuri. Sebbene il periodo svevo fu molto breve, esso fu denso di avvenimenti, di fatti, di novità, di cambiamenti portati da queste due personaggi determinanti, ma principalmente da lui, Federico, colui che davvero stupì il mondo per le innumerevoli doti in cui eccelleva. Era stratega, condottiero, guerriero, statista, diplomatico, giurista, filosofo, poeta, architetto, matematico, poliglotta, ma soprattutto era re (e imperatore) sapendo di esserlo. Questo significò la monopolizzazione del Regno di Sicilia sotto la sua persona che, se da una parte portò ordine e stabilità, dall’altra impedì il formarsi di nuove  forme di governo, i Comuni, e il loro naturale evolversi in Signorie. Impedì soprattutto il formarsi di un nuovo ceto sociale così importante per le trasformazioni economiche e sociali degli Stati: la borghesia. Forse può sembrare un paradosso, ma quella mancanza di una naturale evoluzione storica, che interessò solo l’Italia centro-settentrionale, il Sud la sta ancora pagando. 
*****
Enrico VI di Svevia non regnò a lungo. Con grande soddisfazione dei regnicoli che non lo amavano affatto, la sua ferocia ebbe termine con la sua morte inaspettata avvenuta nel 1197, a 32 anni, per dissenteria. In seguito alla sua morte improvvisa, si verificò un periodo molto tempestoso perché i feudatari tedeschi, che erano stati da lui insediati nel Regno, cercarono di accaparrare quanto più potevano, anche il potere reale, dando origine a feroci lotte e contrasti con i feudatari locali. 
Essendo Enrico anche imperatore del Sacro Romano Impero, la stessa cosa successe in Germania, dove le lotte per la successione non furono meno feroci.

In tutto questo bailamme, Costanza fu molto saggia e  prudente: per preservare il suo Federico dai pericoli che lo minacciavano da ogni parte, lo mise sotto la tutela di papa Innocenzo III
Sebbene fosse un grande papa, Innocenzo non era scevro dagli influssi temporali che affliggevano il Papato e colse l’occasione a volo: fu ben lieto di essere il tutore di Federico e di incoronarlo re di Sicilia, ma prima volle che Costanza rinunciasse: 
1) alle antiche immunità ecclesiastiche dei re normanni concesse da papa  Adriano IV;  
2) che si versasse alla Santa Sede un tributo annuale di mille marchi d’oro. 
Costanza, senza pensarci troppo, accettò. Appena in tempo. 

L’anno dopo, il 28 novembre nel 1198,  subito dopo l’incoronazione del piccolo Federico a re di Sicilia, Costanza morì. Papa  Innocenzo si trovò così ad essere tutore di Federico e reggente del Regno di Sicilia con uno stipendio annuo di trentamila tarì. 
La sua posizione gli permetteva di educare il giovane re a suo piacimento per farlo diventare un devoto vassallo della Chiesa e porre finalmente fine alle lotte tra Papato e Impero nate con Federico Barbarossa e continuate con Enrico VIPer essere aiutato in quest’impresa, il papa nominò un Collegio di Famiglia formato da quattro ecclesiastici: gli arcivescovi di Palermo, di Monreale, di Capua e il vescovo di Troia.  

Il ruolo di tutore e di reggente non fu affatto facile per papa Innocenzo e non gli semplificò certo la vita: da un lato doveva occuparsi della Chiesa e fronteggiare la continua nascita di movimenti ereticali che si opponevano ad un clero ricco e corrotto; dall’altro doveva pensare a salvaguardare Federico e il Regno di Sicilia da pretendenti al trono che si levavano da ogni parte. 
Nonostante gli sforzi del Pontefice, il Regno di Sicilia cadde in un’anarchia senza tregua che vedeva diverse fazioni in lotta tra loro. Questa situazione durò circa dieci anni, fino al 1207, durante i quali il sistema feudale divenne ancora più spietato. Come se non bastasse, Ottone IV, che era stato fatto imperatore del Sacro Romano Impero, creò non pochi problemi al papa e quando infine invase l’Italia meridionale, pretendendo anche il Regno di Sicilia, Innocenzo III lo scomunicò e chiese aiuto al re di Francia per far fronte al nuovo invasore. 

Nel 1212, con la Dieta di Norimberga  il papa ottenne che la maggior parte dei principi disconoscesse l’imperatore e Ottone IV fu deposto. Il papa inviò allora un messo in Sicilia per offrire a Federico, quale erede legittimo degli Hohenstaufen, anche la corona di imperatore. 

Federico, ormai giovanotto e già sposato con Costanza d’Aragona, vedova del re di Portogallo, accettò e andò a Roma dove incontrò per la prima volta il papa, suo tutore. 
Innocenzo III, che si sarebbe volentieri risparmiato questa mossa se solo ci fosse stata un'altra soluzione, come unica clausola volle dal suo protetto il giuramento che egli mai avrebbe riunito nelle sue mani le due corone di Sicilia e di Germania, ma le avrebbe mantenute sempre ben separate. Federico giurò e si avviò verso la Germania per ricevere la corona di imperatore e dove riuscì a giungere nonostante le grandi difficoltà e i pericoli che gli crearono i sostenitori di Ottone IV. 

A Magonza, il 9 dicembre del 1212, Federico fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero dal legato del papa che lo aveva accompagnato nel viaggio.  
Federico rimase in Germania otto anni, fino al 1220. Durante la sua assenza, nel 1216, papa Innocenzo morì. 
Forse fu una fortuna per il papa perché non assistette al fallimento delle sue speranze e non vide che il suo protetto, educato con tanta attenzione da ecclesiastici, divenne il nemico più agguerrito della Chiesa.
c.d.l.

Alcuni testi di riferimento
AA. VV. de l Csns - Potere, società e popolo tra età normanna e  età sveva – 1189-1210 – Bari, 
AA. VV. del Csns - Potere, società e popolo nell'età dei due Guglielmi.– Bari, 1981 
Artifoni Enrico – Storia Medievale – Roma, 1998 
Carnevale Gioseppe – Historie e descrittione del Regno di Sicilia – Napoli, 1591
De Rosa Gabriele - Età Medievale - Bergamo, 1994 
Di Meo Alessandro - Apparato Cronologico agli Annali del Regno di Napoli – Napoli, 1785   
Fazello Tommaso – Historia di Sicilia – Venezia, 1573
Muratori  L. A. – Rerum Italicarum scriptores – vol. 28 – Bologna, 1976
Pagano Filippo - Istoria del regno di Napoli – Palermo, 1835
Piccinni Gabriella - I mille anni del Medievo - Milano, 1999
Riccardo da San Germano ( a cura di Giuseppe Sperduti) - Cronaca - Cassino, 1995
Romualdo Guarna Salernitano – Cronica - in G. del Re:  Cronisti e scrittori sincroni- vol. 1 – Napoli, 1845
Troyli Placido – Historia generale del reame di Napoli – vol. 4 -Napoli, 1751
Ugone Falcando – Historia -  in G. del Re:  Cronisti e scrittori sincroni- vol. 1 – Napoli, 1845
Vivenzio Nicola – Delle antiche province del Regno di Napoli – Napoli, 1808



Riccardo, un conte molto fedele: cambio di potere a Carinola

Carinola - finestra del Castello - dal blog: The shock of the old




La discesa di Enrico VI nel Regno di Sicilia è raccontata dalla macrostoria per grandi linee, concentrando l’attenzione del lettore soprattutto sulle vicende che riguardano i grandi personaggi storici. Per conoscere, nello specifico, lo svolgimento dei fatti compiuti da personaggi ritenuti minori, bisogna affidarsi alle “cronache” locali redatte, di solito, da monaci dei maggiori monasteri benedettini o da qualche erudito del tempo. Sono proprio queste cronache a darci l’esatta dimensione di un fatto storico, nella sua drammaticità e crudeltà. Riccardo da Sangermano, ritenuto molto attendibile dagli storici,  è uno dei cronisti  che racconta con minuzia di particolari buona parte del periodo svevo, iniziando dall’ingresso di Enrico VI nel Regno, in cui è riportata anche la  sorte del Conte di Carinola.
*****
Nel periodo normanno, Carinola ebbe diversi conti di nome Riccardo, tutti appartenenti alla dinastia capuana. Il nome mette in evidenza la diretta discendenza da Riccardo Drengot, sesto conte normanno di Aversa, primo  principe di Capua e poi duca di Gaeta a cominciare dal 1062-63.   
Riccardo di Carinola, figlio di Riccardo e nipote di Gionata, ha un’importanza particolare perché con lui ha termine, a Carinola, la signoria capuana  e inizia quella casertana dei di Lauro, dal nome del loro feudo, ramo della grande famiglia dei Sanseverino
Per dirla in termini molto attuali, diciamo che Carinola passò dal “clan di Capua” al “clan di Lauro”, anch’esso imparentato con gli Altavilla
Questo passaggio non fu indolore, ma si verificò dopo diverse e feroci lotte  tra i sostenitori di re Tancredi e quelli dell’imperatore Enrico VI, marito di Costanza d’Altavilla, che reclamava il Regno come legittimo erede. A Riccardo di Carinola, direttamente coinvolto nei combattimenti, la fedeltà al re Tancredi costò la cattura, la prigione e quasi sicuramente la morte.

Nel 1191, dopo essere stato incoronato imperatore del Sacro Romano Impero dal papa Celestino III, Enrico VI si diresse nel Regno di Sicilia contro il volere papale. 
La sua ferocia si palesò immediatamente e grazie ad essa occupò e sottomise Rocca d’Arce, sostituendo il suo castellano Matteo Borrello con Diopoldo, uno dei più agguerriti feudatari tedeschi. Tutti i signori dei paesi vicini, disorientati dalla ferocia del re e timorosi di perdere vita e beni,  prestarono giuramento di fedeltà all’imperatore, il quale impose nei paesi conquistati i suoi castellani.

Si arresero così Atina, Castrocielo, Sangermano (Cassino) e i conti di Fondi e del Molise
Man mano che Enrico avanzava verso Terra di Lavoro per raggiungere Napoli, egli conquistò alla sua fedeltà le città di Teano, Capua,  Aversa e Caserta, facendo prigioniero il conte Guglielmo che passò dalla sua parte. Più tardi anche Sessa venne presa e saccheggiata da Diopoldo che la costrinse a passare dalla parte dell’imperatore. 

E’ difficile  seguire i moltissimi episodi di caduta e riconquista  che si accavallavano tra i seguaci di re Tancredi e quelli di Enrico, ma tra tutti spicca l’azione di Riccardo di Carinola
Il conte calinense non abbandonò re Tancredi  e gli fu fedele fino alla fine, anzi, nel 1192,  insieme a Ruggero di Foresta, castellano della riconquistata Atina, si mosse in un’azione punitiva contro San Germano e la saccheggiò. 
Riccardo continuò strenuamente a lottare per re Tancredi fino a quando, nel 1193, nei pressi di Capua, fu fatto prigioniero da Diopoldo che Guglielmo di Caserta aveva chiamato in suo aiuto. Riccardo fu portato  in prigione nella Rocca d’Arce e di lui si perdono le tracce.

Cosa successe a Carinola dopo la cattura del suo signore? Quello che sempre succede laddove c’è un vincitore e ci sono dei vinti: ebbe un nuovo signore. 
Sicuramente, dopo la morte di Tancredi, avvenuta nel 1194,  ci fu una ridistribuzione territoriale messa in atto da Enrico, nuovo re di Sicilia, che piazzò  nei posti chiave gli uomini a lui più fedeli. Carinola toccò al Conte di Caserta che aveva combattuto personalmente contro Riccardo e ne aveva favorito la cattura.  
Chi erano questi nuovi signori di Carinola lo vedremo però nel prossimo articolo.
c.d.l.

Alcuni testi consultati
AA. VV. de l Csns - Potere, società e popolo tra età normanna e  età sveva – 1189-1210 – Bari, 
AA. VV. del Csns - Potere, società e popolo nell'età dei due Guglielmi.– Bari, 1981 
Artifoni Enrico – Storia Medievale – Roma, 1998 
Carnevale Gioseppe – Historie e descrittione del Regno di Sicilia – Napoli, 1591
De Rosa Gabriele - Età Medievale - Bergamo, 1994 
Di Meo Alessandro - Apparato Cronologico agli Annali del Regno di Napoli – Napoli, 1785   
Fazello Tommaso – Historia di Sicilia – Venezia, 1573
Ignoto Monaco cistercense- Cronaca di S. Maria della Ferraria – Cassino, 2008
Riccardo da San Germano – Cronaca – Ciolfi ed.  Cassino, 1999
Tescione Giuseppe – Caserta medievale -  Caserta, 1990

domenica 7 ottobre 2012

Uno strano vescovo di Carinola



Vescovo medievale

* Aggiornato il 18 ottobre 2012


Sotto il regno di Guglielmo il Buono le cose migliorarono un po'. Molto diverso da suo padre Guglielmo il Malo, egli non amava le repressioni violente e preferiva le soluzioni politiche per l’appianamento di qualsiasi problema. 
La nobiltà, i baroni e il clero riebbero i loro privilegi  e le rivolte  terminarono come per incanto.
Tuttavia, c’è sempre un rovescio della medaglia anche nelle cose migliori. 
Ridare ai baroni tutti i loro privilegi, significò rimettere nelle loro mani la compartecipazione alla gestione del potere e ristabilire nel Regno quella sgradevole pratica nepotistica che favorisce i protetti e penalizza i veri capaci. 
Si ritornò, in pratica,  alle vecchie abitudini clientelari e la lotta per le investiture continuò come sempre. Ognuno raccomandava i propri protetti alle autorità competenti, civili o religiose,  e chi più disponeva di un capitale, in denaro o terreni,  poteva comprarsi la carica che desiderava. 

Questa usanza così diffusa e molto negativa aveva provocato, qualche anno prima, nel 1139, il secondo Concilio Lateranense, voluto da papa Innocenzo II, per affrontare specificamente il problema della simonia e del concubinato del clero, già trattato qualche anno prima dal Concordato di Worms (1122) concluso tra l'imperatore Enrico V di Germania e Papa Callisto II
Secondo tale Concordato, l’imperatore rinunciava al diritto dell’investitura dei vescovi lasciandolo al papa, ma questo procurò un vero scisma tra i cardinali che non approvavano questa clausola. Lo scisma, appoggiato da due nobili famiglie romane, i Frangipane e i Pierleoni, determinò l’elezione di due Papi: Innocenzo II appunto, eletto dai Frangipane, e l'antipapa Anacleto II, eletto dai Pierleoni. 

Secondo il Concilio Lateranense II
  • I vescovi e i preti dovevano assumere un atteggiamento esterno modesto,  e venne prescritta ogni forma di ostentazione (canone 4).
  • Il matrimonio dei preti e dei religiosi fu dichiarato invalido e non più solo illecito (canoni 6, 7 et 11).
  • Venne condannata l’ usura.
  • Si vietò al clero regolare di praticare la giurisprudenza e la medicina per trarne guadagni temporali (canone 5).
  • Si proibì al clero di dedicarsi ai giochi ed ai tornei, pena la privazione della sepoltura cristiana (canone 14).
  • Spettava  ai Capitoli delle cattedrali e ai superiori degli ordini religiosi di eleggere i vescovi (canone 28).
  • Si vietò l’uso dell’arco e della balestra contro i cristiani (canone 29).
  • Infine, Arnaldo da Brescia, monaco agostiniano che tuonava contro gli abusi e le ricchezze della Chiesa, venne condannato per eresia.
Con queste misure si cercò di risolvere anche  il grave problema del nepotismo che, comunque, continuò ad imperare  e, come sempre, i potenti potevano influenzare i Capitoli delle cattedrali, facendo eleggere come vescovo i loro protetti. 

Nei primi anni del periodo svevo, Carinola sperimentò personalmente la sconvenienza di questa pratica medievale perché si ritrovò come vescovo uno di questi incapaci “raccomandati”, il  quale fu eletto vescovo per volere della contessa di Caserta Adelagia, moglie del conte Roberto, che da lui doveva avere una grossa somma di denaro. Probabilmente, proprio con la speranza di riavere indietro i suoi soldi, lo mise  in condizione di procurarseli tramite l’elezione a vescovo. 

Ma come mai la contessa di Caserta poté avere tanta influenza sul Capitolo della Cattedrale calinense? Cosa era successo nella Contea di Carinola?..... C'era stato un cambio di guardia, se così si può dire. Carinola non dipendeva più dai signori di Capua, ma da quelli di Caserta. Ma questo cambiamento lo vedremo nei prossimi capitoli.

Non sappiamo come si chiamasse questo vescovo di Carinola: sia l’Ughelli che il Cappelletti, studiosi di Storia della Chiesa, lo citano come anonimo. Sappiamo solo che era vescovo della diocesi di Carinola nel 1221, anno della sua deposizione, prima del Concordato di Worms.   

La grande ignoranza del vescovo calinense suscitò l’attenzione dell'arcivescovo metropolita di Capua, Matteo, il quale ebbe subito il sospetto di simonia e usura. La cosa fece molto scalpore al tempo e il papa Innocenzo III promosse un'inchiesta per usura ed ignoranza, la quale continuò anche con Onorio III, suo successore.  
Il 21 giugno del 1221 il vescovo di Carinola fu deposto per ignoranza.     
Sicuramente fu nominato un nuovo vescovo, ma noi non ne abbiamo notizia.  Dobbiamo arrivare al 1233 per avere notizie di un altro vescovo di Carinola, anche lui anonimo, che fu convocato, insieme a quello di Teano, dal Giustiziere di Terra di Lavoro per ordine di Federico II. Vedremo in seguito il perchè.
c.d.l

Alcuni testi consultati

Averil Cameron – L’Europa del Medioevo e del Rinascimento – Jaca Books, 1992 (molte notizie)
Brodella don Amato – Storia della diocesi di Carinola –
Cappelletti Giuseppe - Le chiese d'Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni - Venezia, 1866
De Lubac Henry – Esegesi medievale – vol. 3 – Milano, 1996
Kowal Janusz – Uscita definitiva dall’istituto religioso dei professi di voti perpetui – Roma, 1997
Melani Massimo – Dottrine generali di storia del diritto medievale – 2008
Riccardo di San Germano – Cronaca – Cassino, 1999
Tanner Normann P. – I Concilii della Chiesa – Milano, 1999
Tescione Giuseppe - Caserta medievale - Caserta, 1990
Ughelli Ferdinando – Italia sacra – Venezia, 1717