Quel che rimane del Castello di Carinola |
Tolto di mezzo Riccardo, ultimo signore calinense della
dinastia capuana, la Contea di Carinola
fu affidata a Gugliemo, conte di Caserta e figlio di Roberto.
Non
sappiamo se Guglielmo la comprò o se la Contea gli fu donata dal re per i
servizi resi, fatto sta che fu lui il nuovo signore di Carinola e, da ora e per quasi tutto il periodo svevo,
bisogna seguire le vicende della contea di Caserta per trovare notizie
che riguardano la contea calinense.
Qualche studioso del passato, ed anche contemporaneo, pensa che i nuovi signori di Caserta e Carinola fossero della famiglia d'Aquino, ma altri studiosi hanno provato, con documenti alla mano, che i d'Aquino avevano la contea di Acerra e non di Caserta, la quale invece apparteneva ai di Lauro, ramo della famiglia Sanseverino.
Ma vediamo chi erano questi nuovi signori di Carinola di cui ci parla ampiamente Giuseppe Tescione nel suo libro “Caserta Medievale e i suoi conti e signori”.
Qualche studioso del passato, ed anche contemporaneo, pensa che i nuovi signori di Caserta e Carinola fossero della famiglia d'Aquino, ma altri studiosi hanno provato, con documenti alla mano, che i d'Aquino avevano la contea di Acerra e non di Caserta, la quale invece apparteneva ai di Lauro, ramo della famiglia Sanseverino.
Ma vediamo chi erano questi nuovi signori di Carinola di cui ci parla ampiamente Giuseppe Tescione nel suo libro “Caserta Medievale e i suoi conti e signori”.
Nella prima stesura del Catalogus Baronum, quella del 1150, risulta
essere titolare di Caserta un certo Nicola Frainella, il quale possedeva anche alcuni
paesini che costituivano la Contea di Caserta
prima del 1159. Successore di Frainella, non si sa se per eredità o per
acquisto, fu Roberto, signore di Lauro (Avellino), che a sua volta era figlio di un altro
Roberto, a sua volta figlio di Ruggero, a sua volta figlio di Troisio, tutti
signori dei piccoli feudi di Lauro, Striano e Montoro.
Fu il conte Roberto, padre di Guglielmo, ad ampliare
notevolmente le sue proprietà. Per i servizi resi ai re Ruggiero II, Guglielmo I il Malo e Guglielmo II il Buono e per le sue indubbie qualità personali, Roberto ricevette dai
sovrani numerose donazioni terriere che ingrandirono notevolmente il piccolo
feudo di Lauro e fecero di lui uno dei più quotati feudatari del Regno di
Sicilia.
Per le sue qualità divenne Gran Giustiziere e Gran Connestabile di
Terra di Lavoro e di Puglia e, nella seconda stesura del Catalogus
Baronum, quella aggiornata del 1167-68, Roberto è citato come conte di Caserta e di
tanti altri feudi posseduti in capite de domine Rege, ossia direttamente sotto il controllo
del re.
Tutti i suoi feudi gli imponevano una prestazione militare di 76 milites e 200 servientes, provenienti anche dai numerossissimi suffeudatari a cui concesse le sue terre in servizio.
Tutti i suoi feudi gli imponevano una prestazione militare di 76 milites e 200 servientes, provenienti anche dai numerossissimi suffeudatari a cui concesse le sue terre in servizio.
Roberto ebbe tre figli: Riccardo, Guglielmo e Ruggero.
Riccardo morì nel 1182, Gugliemo divenne conte di Caserta e Ruggero conte di
Tricarico, feudo di sua moglie.
Da un atto della Magna Curia Imperiale del
1240, risulta che Ruggero e Roberto si
divisero l’eredità del padre Roberto ad usum longobardorum, ossia in
parti uguali.
Ci lascia un po’ perplessi questa divisione di tipo longobardo tra gente normanna. Questa scelta, più che la stima che univa i due fratelli, potrebbe rivelare una convenienza per entrambi: le proprietà erano talmente tante, che si poteva benissimo fare a metà, senza che nessuno dei due si sentisse usurpato di qualcosa.
Ci lascia un po’ perplessi questa divisione di tipo longobardo tra gente normanna. Questa scelta, più che la stima che univa i due fratelli, potrebbe rivelare una convenienza per entrambi: le proprietà erano talmente tante, che si poteva benissimo fare a metà, senza che nessuno dei due si sentisse usurpato di qualcosa.
Alla morte di Enrico
VI e di Costanza, molti baroni, fra cui il ribaldo Diopoldo, si diedero a saccheggiare le terre del
Molise, Montecassino e Terra di Lavoro, con lo scopo di usurpare il trono, e furono perciò interdetti dal papa.
Guglielmo, il nuovo signore di Caserta e di Carinola, si schierò dalla parte del papa e del piccolo
Federico e riuscì a catturare Diopoldo. Quest’azione gli valse l’ammirazione di
papa Innocenzo III, tutore di Federico, che gli scrisse personalmente queste parole:
"Tu vero sicut charam habes gratiam nostram et regis, memoratum D. (wibuldum) et alios quos que cum ipso cepisti, tam caute, tam diligenter, et arcte facias custodiri, quod nec fugere possint nec circumvenire valeant tuae industriam probitatis".
"Tu vero sicut charam habes gratiam nostram et regis, memoratum D. (wibuldum) et alios quos que cum ipso cepisti, tam caute, tam diligenter, et arcte facias custodiri, quod nec fugere possint nec circumvenire valeant tuae industriam probitatis".
Diopoldo fu tenuto prigioniero fino alla morte
di Guglielmo, avvenuta nel 1199. In seguito, Roberto, figlio e successore di Guglielmo, lo liberò quando ne sposò la figlia Adelagia,
alla cui pesante ingerenza come nuova signora di Carinola dobbiamo l’elezione
del vescovo calinense deposto poi per ignoranza.
Roberto e Adelagia ebbero Tommaso che fu soprannominato “il vecchio”. Fu
proprio Tommaso, che insieme alla madre, donò alla Chiesa di S. Spirito, nel
territorio di Carinola, diverse proprietà, tra cui un mulino. Da questa donazione, confermata il 21 febbraio del 1221 da Federico II, veniamo così a sapere che a Carinola esisteva una chiesa detta di S. Spirito, ma non è specificato dove fosse ubicata.
Tommaso ebbe poi qualche problema con Federico II, che gli complicò un po' la vita, ma questo lo vedremo in seguito.
Tommaso ebbe poi qualche problema con Federico II, che gli complicò un po' la vita, ma questo lo vedremo in seguito.
c.d.l.
Testi
consultati
Le notizie
di questo articolo sono state desunte dal testo di:
Tescione
Giuseppe: Caserta Medievale e i suoi conti e signori – Caserta,1990 - in cui vengono studiati e citati i documenti d'archivio dei vari monasteri (Montecassino, Montevergine, Cava dei Tirreni) e le pergamene capuane, edite dalla dott.ssa Jole Mazzoleni.