A.G.P. di Carinola - San Maurizio |
Come si sa, gli affreschi sono testimonianze storiche molto importanti per gli studiosi; in essi è possibile trovare una quantità rilevante di informazioni che aiutano a ricostruire determinati periodi storici. Questo vale anche per l’Annunziata di Carinola dove gli affreschi, a saperli leggere, danno moltissime informazioni. Un affresco in particolare suscita, in chi lo guarda, curiosità e, in chi lo studia, una buona dose di perplessità che fa nascere tante domande.
Si tratta di un affresco raffigurante un soldato con la spada sguainata verso l’alto e due teste umane nella mano sinistra.
La mia sensazione, la prima volta che vidi l’affresco, fu proprio di perplessità: non riuscivo a capire chi potesse essere quel personaggio strano, con due teste in mano. Un santo sicuramente, ma chi? Avendo la spada tra le mani ne dedussi che poteva essere un santo soldato. Fu il prof. Silvio Ricciardone, che mi accompagnava, a dare l’input, dicendo che forse poteva essere San Maurizio, ma era una rappresentazione del santo fuori dai canoni iconografici comunemente usati.
Due furono le domande che mi assillarono per un bel po’ di tempo:
1) Che ci faceva San Maurizio a Carinola? Non è infatti un santo venerato dalle nostre parti, ma nelle aree di lingua francese, dove subì il martirio o anche in alcune zone del nord Italia.
2) Chi erano i due personaggi le cui teste teneva nella mano sinistra?
Tranne le due teste mozzate che possono rappresentare Essuperio e Candido, ufficiali della Legione Tebea decapitati con Maurizio, qualsiasi illazione poteva essere sbagliata. L’unico modo per venire a conoscenza delle cose era una seria ricerca documentaria. E così spulciando testi su testi, antichi e più moderni, navigando nei siti degli archivi di stato, qualcosa ho trovato. Ma quello che mi ha permesso di
poter fare una ricostruzione storica abbastanza corretta è senza dubbio la
ricca documentazione che sono riuscita ad avere dall’Archivio di Stato di
Torino.
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Dalle Rationes Decimarun degli
anni 1308-1310 sappiamo che a Carinola esisteva un lebbrosario intitolato a S.
Maria Mater Domini, che esso dava una rendita di 20 oncia d’oro e ne pagava
due di decime.
Il lebbrosario fu forse istituito dai sovrani svevi e affidato ai frati dell’Ordine Militare Ospedaliero di San Lazzaro di Gerusalemme, il cui Priorato generale italiano si trovava nella Casa dei Lebbrosi e Ospedale di Capua. Ai frati ospedalieri i reali francesi concessero protezione e cospicue donazioni, mentre i pontefici romani concessero loro molti privilegi, soprattutto nel XIII secolo, per cui l’ordine divenne molto ricco.
Il lebbrosario fu forse istituito dai sovrani svevi e affidato ai frati dell’Ordine Militare Ospedaliero di San Lazzaro di Gerusalemme, il cui Priorato generale italiano si trovava nella Casa dei Lebbrosi e Ospedale di Capua. Ai frati ospedalieri i reali francesi concessero protezione e cospicue donazioni, mentre i pontefici romani concessero loro molti privilegi, soprattutto nel XIII secolo, per cui l’ordine divenne molto ricco.
Tra i più importanti privilegi ricordiamo quelli concessi da Papa
Gregorio IX (1227-1241) che, con la Bolla del 4 Agosto 1227, esentò i beni
dell’ordine da ogni tassa e con un’altra Bolla del 26 Novembre dello stesso
anno concesse 20 giorni di indulgenza a chiunque facesse elemosina all’ordine.
Papa Alessandro IV (1254-1261), oltre a confermare i privilegi dei pontefici
suoi predecessori, confermò ai Cavalieri di San Lazzaro la Regola di
Sant’Agostino che gli stessi già seguivano spontaneamente.
Papa Clemente IV (1265-1268) concesse diversi privilegi tramite tre Bolle Pontificie, due del 1265 e una 1266. Egli stabilì che:
Papa Clemente IV (1265-1268) concesse diversi privilegi tramite tre Bolle Pontificie, due del 1265 e una 1266. Egli stabilì che:
- I Cavalieri di San Lazzaro venissero sepolti gratuitamente
- Nei cimiteri dell’Ordine potevano essere sepolti tutti, eccetto usurai e scomunicati.
- I Cavalieri di San Lazzaro avessero la facoltà di raccogliere, una volta all’anno, la colletta in tutte le Chiese, senza che i parroci potessero impedirlo.
- I beni, gli alimenti e gli animali dei Cavalieri fossero esenti dalle decime.
- Inoltre, la Bolla Pontificia di Papa Bonifacio VIII del 22 Novembre 1297, stabilì che i Cavalieri che versavano all’Ordine un’elemosina di 200 marchi d’argento erano esonerati dai voti, tranne l’obbligo di recarsi a Gerusalemme.
Tra i tanti privilegi, i papi
concessero che le proprietà appartenute ai lebbrosi, dentro e fuori gli
ospedali, a morte di questi passassero agli stessi ospedali che li avevano
ospitati.
Il 20 Aprile del 1311, re Roberto d’Angiò inviò una lettera a tutti gli ufficiali del Regno di Napoli avvisandoli che i frati dell’Ordine ospedaliero di San Lazzaro avevano l’autorità, concessa loro dai pontefici, di costringere le persone infette dalla lebbra a isolarsi negli ospedali, prendendole anche con la forza, per allontanarle dalle persone sane. E poiché molti infetti si rifiutavano di andare negli ospedali per non far perdere alla famiglia i loro beni alla loro morte, re Roberto ordinò ai suoi ufficiali di prestare ogni possibile aiuto ai frati affinché questi potessero adempiere al loro dovere.
Il 20 Aprile del 1311, re Roberto d’Angiò inviò una lettera a tutti gli ufficiali del Regno di Napoli avvisandoli che i frati dell’Ordine ospedaliero di San Lazzaro avevano l’autorità, concessa loro dai pontefici, di costringere le persone infette dalla lebbra a isolarsi negli ospedali, prendendole anche con la forza, per allontanarle dalle persone sane. E poiché molti infetti si rifiutavano di andare negli ospedali per non far perdere alla famiglia i loro beni alla loro morte, re Roberto ordinò ai suoi ufficiali di prestare ogni possibile aiuto ai frati affinché questi potessero adempiere al loro dovere.
Nei secoli seguenti, per recuperare i beni dei lebbrosi morti, spesso si usavano maniere poco ortodosse
per cui i frati di San Lazzaro persero molta stima tra il popolo. A
questa perdita di stima va aggiunta anche la difficile situazione del Priorato di Capua, in cui
molti baroni e signorotti, attratti dalle ricchezze dell’Ordine, si
contendevano il titolo di Maestro e precettore della Milizia di San Lazzaro, senza esserne cavalieri. Nonostante la protezione di re e pontefici, l' Ordine italiano perse la sua antica dignità e non riceveva più molte donazioni.
I Papi del XV e XVI secolo
cercarono di far sì che l’Ordine recuperasse l’antico splendore. Papa Pio IV
nominò Gran Maestro dell’Ordine suo nipote Giannotto Castiglioni con la
speranza che riuscisse a risollevare le sorti dell’Ordine, ma il Castiglioni si
rese ben presto conto, per una serie di situazioni economiche, che l’Ordine non
era in grado di reggersi autonomamente e nel 1571 si dimise in favore del Duca
Emanuele Filiberto di Savoia, già Maestro dell'ordine mauriziano sabaudo.
Il Pontefice Gregorio XIII (1572-1585) prese la palla al balzo e con Bolla del 13 Novembre 1572 decretò l’unione canonica dell’Ordine di San Lazzaro con quello sabaudo di San Maurizio e Emanuele Filiberto di Savoia fu confermato Gran Maestro dell’Ordine per sé e per i suoi successori reali.
Il Pontefice Gregorio XIII (1572-1585) prese la palla al balzo e con Bolla del 13 Novembre 1572 decretò l’unione canonica dell’Ordine di San Lazzaro con quello sabaudo di San Maurizio e Emanuele Filiberto di Savoia fu confermato Gran Maestro dell’Ordine per sé e per i suoi successori reali.
Tutte le proprietà dell’ Ordine
di San Lazzaro furono unificate a quelle di San Maurizio e date in commenda ai
Cavalieri dell’Ordine stesso.
Non conosciamo ancora quali
furono i primi commendatari della commenda militare S. Maria Mater Domini di
Carinola del nuovo unificato Ordine dei SS Maurizio e Lazzaro; bisogna
arrivare al 1733 per avere notizie certe. In tale anno, la commenda di
Carinola fu affidata all’abate di Santena (Torino) canonico Giovanni Amedeo
Benzo, dei conti di Santena e cavaliere dell’Ordine, che la
detenne per 20 anni. In quel periodo la
commenda di Carinola produceva circa 60 scudi di reddito. Ma a causa della
lontananza, il conte non poteva
controllare le sue proprietà carinolesi e gli affittuari ne approfittarono
per usurparne le terre ed impossessarsene.
Nel 1750, il cavaliere cosentino
Gaetano Spadafora fu informato dal Vescovo di Carinola, probabilmente mons. Francesco del
Plato, che alla commenda di
Carinola erano state usurpate parecchie terre, circa 13 moggia. Lo Spadafora
allora fece domanda al Gran Maestro generale per ottenere la commenda, impegnandosi nel recupero dei
terreni usurpati e passando al legittimo commendatario, l’abate Benzo, i 60 scudi
annui di rendita. La proposta fu accordata e lo Spadafora iniziò il recupero
dei terreni, venendo personalmente a Carinola e cercando negli archivi i
presunti affittuari dei terreni che si erano appropriati delle proprietà. Il
primo affittuario costretto a lasciare i terreni fu un Domenico
Pergameno, a cui seguirono tutti gli altri. Per il 1753, grazie allo
Spadafora, la commenda di Carinola
rientrò in possesso di tutti i terreni usurpati che erano i seguenti:
1.Terra campestre detta Mater Domini confinante ai due
lati con la strada pubblica, da un lato con i beni di Lucrezia Marchesa Di
Lorenzo, di moggia 15, passi 5, passatelli 112 e mezzo.
2.Due territori detti la Nocella e Alberone in tutto di
moggia 5, passi 127, passatelli 127 e 8/3.
3.Terra campestre detta alli Crispi di moggia 55, passi
128, passatelli 123.
4.Due territori detti a Capotignano e e l’Arboscello di
moggia 4, passi 6, passatelli 13.
5.Terra campestre detta Viallunghi di moggia 5, passi
120, passatelli 3 e mezzo.
6.Terra con cerque e castagne detta Viallunghi di moggia
6, passi 15, passatelli.
7.Terra campestre detta la Starza, confinante con il lago
di Carinola, di moggia 127, passi 4, passatelli 127.
Nel frattempo che lo Spadafora
recuperava tutti i terreni, morì il legittimo commendatario, il canonico Benzo,
e lo Spadafora poté diventare legittimo commendatario della commenda di Carinola.
Essendo egli nativo del Regno di Sicilia, anche se residente a Roma, non ebbe
difficoltà ad ottenere dal re di Napoli l’exequatur, ossia il beneplacito reale
per prendere possesso dei beni siti nel Regno.
Nel 1753 il cavalier Spadafora
prese possesso della commenda militare di Carinola facendo l’atto di prassi
dovuto: camminando su ciascun terreno
insieme a due testimoni, estirpando qualche erbaccia e se nessuno dei lavoranti
aveva nulla da dire, egli veniva riconosciuto ufficialmente come legittimo
proprietario del terreno. A questo simbolico atto di possesso doveva seguire la
registrazione della collazione alla Real Camera di S. Chiara e di tutti i
nominativi dei lavoranti delle terre, specificando le prestazioni dovute.
Grazie al recupero dei terreni e ai miglioramenti che operò lo Spadafora, la commenda militare di Carinola raggiunse la rendita di 300 scudi annui.
Grazie al recupero dei terreni e ai miglioramenti che operò lo Spadafora, la commenda militare di Carinola raggiunse la rendita di 300 scudi annui.
Lo Spadafora detenne la commenda
fino al 1780, anno della sua morte, che poi passò al piemontese cavalier
Ortensio Ceva Bussi, marchese.
Il cavalier Bussi ebbe invece dei
grossi problemi ad entrare in possesso della commenda. Prima perché non era
originario o residente nel Regno di Napoli e Sicilia, e poi per via di alcune infelici
espressioni usate nella Bolla di conferimento della commenda, che diedero molto fastidio ai
reali di Napoli. Il Bussi dovette ricorrere prima alla Real Camera di Santa
Chiara e poi, in appello, alla Gran Corte della Vicaria. Solo nel 1783, dopo 3 lunghi
anni di beghe legali, riuscì ad entrare in possesso della commenda militare di
Carinola.
Fin qui le informazioni, poi si
perdono le tracce della commenda di Carinola, ma le ricerche sono chiaramente
ancora aperte.
c.d.l.
Alcuni testi consultati
Amato Brodella: Storia della Diocesi di Carinola – Marina di
Minturno, 2005
Archivio di Stato di Torino – Documenti relativi alla
Commenda militare di Carinola, S. Maria Mater Domini, anni 1753 e 1783 - mazzo 3 e mazzo 5.
Cadetti delle truppe pontificie: Atti del martirio di S.
Maurizio e compagni – Ravenna, 1845
Giovanni Maria Chiericato: Le spighe raccolte – Venezia,
1716
La civiltà Cattolica: Un superstite della legione Tebea –
Vol. 9; vol. 15; Roma, 1894
Sianda Giovanni: Breviario Istorico – Lugano, 1765
Trevor Ravencroft: La
lancia del destino – Roma 1972