Palermo - Chiesa della Martorana - Ruggero II incoronato re dal Cristo |
Soddisfatto dei risultati ottenuti in Italia, Rainulfo commise l’imprudenza di mandare ambascerie in Normandia per celebrare le sue vittorie e il possesso della Contea di Aversa, ma ebbe ben presto modo di pentirsene, perchè la sua Casata venne oscurata dai nuovi arrivati.
La notizia della fortuna di Rainulfo fu, per i compatrioti, un invito a nozze: essi, golosi di terre e di gloria, cominciarono a calare in Italia e un nuovo “clan” di sei fratelli si riversò nella Penisola: gli Altavilla (in francese Hauteville), figli di Tancredi.
Non vennero tutti insieme, ma in due gruppi di tre, con rispettivi armati al seguito e iniziarono la loro ascesa al servizio del compaesano Rainulfo. La Contea di Aversa divenne così la piattaforma che li lanciò verso la conquista dell’Italia meridionale.
Da qui si inserirono nelle varie guerre tra signorotti e ciascuno di loro riuscì ad impadronirsi di qualche territorio. Gugliemo detto Braccio di Ferro, combattendo contro i residui stanziamenti bizantini, diventò signore di alcune zone del Cilento. Drogone sposò una figlia del principe di Salerno Guaimario V e divenne capo dei Normanni di Puglia. Dopo la sua morte, avvenuta per assassinio nel 1051, fu sostituito in Puglia dal fratello Umfredo. Roberto, invece, stanziava in Calabria e la conquistò tutta anche grazie all’aiuto del nobile Gerardo di Buonalbergo che gli fece sposare sua zia Aberarda.
Papa Leone IX osservava con preoccupazione le conquiste normanne, soprattutto quelle di Roberto il quale avanzava pericolosamente, e temendo che prima o poi avrebbe toccato anche i territori pontifici, si mosse in anticipo e chiese l’aiuto degli Svevi.
Con le truppe inviate nel 1053 dall’imperatore del Sacro Romano Impero, Enrico III, figlio di Corrado II e di Gisella di Svevia, organizzò una spedizione contro Roberto per fermare la sua avanzata. Ma nella battaglia di Civitate, a cui parteciparono in forza anche il fratello Umfredo e Riccardo I Drengot, conte di Aversa, Roberto sconfisse le truppe imperiali e fece prigioniero il papa.
Con le truppe inviate nel 1053 dall’imperatore del Sacro Romano Impero, Enrico III, figlio di Corrado II e di Gisella di Svevia, organizzò una spedizione contro Roberto per fermare la sua avanzata. Ma nella battaglia di Civitate, a cui parteciparono in forza anche il fratello Umfredo e Riccardo I Drengot, conte di Aversa, Roberto sconfisse le truppe imperiali e fece prigioniero il papa.
Non a caso Roberto veniva chiamato il Guiscardo, ossia l’astuto: i piani che gli frullarono per la testa erano degni del personaggio.
Tenne prigioniero il papa per circa nove mesi, trattandolo con tutti gli onori del caso, e da nemico se ne fece un amico. E forse il papa stesso, più santo che guerriero, pensò che simili “briganti” era meglio tenerseli amici che nemici.
Roberto rilasciò il papa a patto che questi riconoscesse le sue conquiste, ma, poco dopo il suo rilascio, il papa morì a Roma e nuovo papa fu eletto Niccolò II.
Niccolò II, per assicurarsi la posizione, continuò la politica di alleanza con i Normanni iniziata dal suo predecessore. Gli accordi furono sottoscritti a Melfi con tre importantissimi documenti: il Trattato di Melfi, del 24 giugno del 1059, in cui il papa nominò Riccardo I Drengot principe di Capua e Roberto il Guiscardo duca di Puglia di Calabria e di Sicilia; il Concilio di Melfi, che si tenne dal 3 al 25 agosto 1059 ed in cui ci fu il riconoscimento ufficiale delle casate Drengot ed Altavilla; il Concordato di Melfi, tramite il quale si sottoscrisse che al pontefice rimaneva la città di Benevento e i territori intorno ad essa entro dieci miglia, mentre alla Casata Altavilla andava il resto del Principato. Inoltre, il papa investì Vassalli della Chiesa Roberto e Umfredo, i quali s’impegnarono a proteggerla e a recuperare tutte le Regalia Sancti Petri perse in Puglia e Basilicata.
Gli Accordi di Melfi, come sono chiamati in storia i tre documenti, furono determinanti per la conquista normanna del Sud, perché sancirono un saldo rapporto di vassallaggio tra la Chiesa e i futuri sovrani normanni. Da questi rapporti di vassallaggio con la Chiesa nacque e crebbe il Regno di Sicilia.
Le basi del Regno le gettò l’ultimo dei fratelli Altavilla, Ruggiero, che aveva vissuto e combattuto all’ombra del fratello Roberto, stabilendo la sua residenza a Mileto. Ruggiero approfittò dell’occasione che gli porgeva l’emiro di Catania, in lotta con quello di Girgenti, per sbarcare in Sicilia e tentare la conquista dell’isola. Ci mise trent’anni per liberarla tutta, città dopo città, dai Saraceni e dalle ultime postazioni bizantine, e questo gli valse dal papa il titolo di Gran Conte di Sicilia e di Calabria, anche se non restituì mai alla Chiesa il patrimonio siciliano sottratto dai bizantini.
Con lungimiranza, non ruppe né con i bizantini né con i saraceni, ma seppe sfruttare la loro esperienza amministrativa, impiegandoli come funzionari. Il suo sogno di unificazione del meridione non riuscì a realizzarlo; morì nel 1101, senza averlo potuto neanche tentare. Aveva ormai settant' anni.
Ci pensò suo figlio Ruggiero II, avuto dalla terza moglie Adelasia (o Adelaide), a portare avanti l’opera iniziata da lui. Ruggiero II riuscì ad unificare sotto il suo dominio tutti i feudi del meridione, compresi i Principati di Capua e di Benevento, conquistando così la corona di re di Sicilia che gli fu solennemente posta sul capo a Palermo dall' antipapa Anacleto II, il 25 dicembre del 1130. La prima corona normanna.
Le basi che suo padre aveva gettato erano servite alla fondazione di un regno solido e moderno, che sarebbe durato più di ottocento anni.
c.d.l
Alcuni Testi Consultati
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Cardini Franco – Il Medioevo – Firenze, 2000
Cardini Franco – L’Italia Medievale – TCI – Milano, 2004
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Di Biasi Giovanni E. – Storia del Regno di Sicilia – Vol. 1 – Palermo, 1844
Erasmo Gattola - Historia monasterii casinensis – parte I
Leone Ostiense - libro 2, cap.59-61
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Negrelli Giorgio – L’ esperienza storica – Firenze, 1997
Pandolfo Collenuccio – Compendio delle historie del Regno di Napoli –