venerdì 18 luglio 2014

Le donne penitenti e il monastero della Maddalena di Carinola



* aggiornato il 29 dicembre 2014
* aggiornato il 13 dicembre 2015
* aggiornato il 2 gennaio 2020

  
A Carinola esiste un rudere che pochi conoscono e quelli che lo conoscono non si rendono conto della sua importanza storica. Parlo dell’antico Monastero della Maddalena, situato nei pressi della chiesa dell’Annunziata.  La sua importanza storica è notevole, direi pregevole; esso è una concreta testimonianza della presenza delle donne penitenti nel Comune di Carinola.  
Non esistono, al momento, documenti circa l’esatto periodo in cui le donne penitenti sono apparse nell’antica Contea di Carinola, ma poìchè le Rationes Decimarum del 1308-10 già ci riferiscono di decime pagate in carlini gigliati da una badessa, si presume che fossero presenti in loco fin dal XIII secolo. Si presume anche che la loro vita penitenziale sia iniziata ad opera di donne locali che, permeate della forte spiritualità eremitica medioevale, hanno voluto iniziarne una nuova fatta di lavoro e penitenza, trovando la loro sussistenza nell’assistenza ai malati. Inizialmente non erano un ordine religioso ufficialmente costituito, ma il fatto che pagassero le decime sta ad indicare che la Chiesa le riconosceva come tale e il vescovo di Carinola diede loro da seguire  la Regola di S. Agostino,  che era l’unica  in circolazione per le donne (Regularis Informatio o Regula ad sanctimoniales) e non ancora approvata ufficialmente da un papa (fu approvata solo nel XV secolo). Essa non era altro che l’adattamento  al femminile della regola maschile e costituisce la seconda parte della Lettera 211 (numeri 5-16) alle monache di Ippona, che si erano ribellate alla loro superiora.
Le donne penitenti di Carinola divennero quindi agostiniane a motivo delle regola che fu loro assegnata dal vescovo dietro  i dettami papali.

Per capire  appieno chi erano le agostiniane è necessario concentrarsi un attimo sulla figura di S. Agostino, forense, filosofo, intellettuale, manicheo, cristiano, vescovo d’ Ippona, predicatore, teologo e poi dottore della Chiesa, nato a Tagaste nel 354 e morto ad Ippona nel 430.
Agostino è un uomo di grande attualità, avendo vissuto intensamente le problematiche esistenziali comuni anche all’uomo moderno e che si traducono in un’ intima inquietudine per la continua ricerca della verità,  che egli trovò, infine, nel Cristo.   
Uomo a cavallo di due mondi, quello pagano che andava scomparendo e quello cristiano che andava sempre più affermandosi, Agostino non apparteneva più all’ uno e non apparteneva ancora all’altro. La ricerca continua di una collocazione umana e spirituale che non riusciva a trovare, crearono in lui dissidi e contrasti, ma formarono anche un grandissimo pensatore.
La vita giovanile di S. Agostino, prima di approdare al cristianesimo, toccò fasi diverse, tutte molto travagliate. Ebbe una lunga relazione con una donna che nei suoi scritti non nomina mai e da cui nacque un figlio naturale, Adeodato. La sua conversione, sebbene influenzata fin dall’infanzia dalla madre Monica,  che lo seguì anche in Italia, non fu fulminea come quella di Paolo di Tarso e non richiese un palese intervento divino; fu piuttosto lunga e meditata,  ma raggiunse la stessa totalità, consegnando alla Storia quel grande santo e dottore della chiesa che tutti conosciamo. Il colpo di grazie glielo diede S. Ambrogio, vescovo di Milano.  Nel 383, Agostino,  pieno di dubbi e ancora impregnato di manicheismo, giunse in Italia e, qualche tempo dopo, incontrò Ambrogio. In un primo momento voleva contrastarlo, ma rimase affascinato dalla sua parola e non perse nessuno delle sue prediche. Tre anni dopo quell’ incontro, nel 388, Agostino ricevette il battesimo proprio per mano di Ambrogio. Aveva 34 anni.
Tardi ti ho amato,- scrisse nelle sue Confessioni -  Bellezza così antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Sì, perché tu eri dentro di me ed io fuori: lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle sembianze delle tue creature. Eri con me, ma io non ero con te….[1]
Dopo la conversione, vendette tutti i suoi beni dando il ricavato ai poveri. Avrebbe preferito una vita contemplativa, dedicandosi solo alla preghiera e alla conoscenza di Dio, ma Dio aveva altri progetti per lui.
Tornò in Africa dopo la morte della madre Monica e, suo malgrado, divenne sacerdote e poi vescovo d’Ippona. La sua straordinaria predicazione  attirava folle di fedeli. Combatté le eresie, tra  cui il manicheismo a cui aveva aderito in gioventù e continuò a farlo con successo fino alla morte, che avvenne ad Ippona il 28 agosto del 430 all’età di 76 anni. I suoi resti riposano a Pavia nella Basilica di S. Pietro in Ciel d’Oro.

Questa molto brevemente la vita di Agostino. Ma la sua opera pastorale produsse grandi frutti. Intorno a lui cominciarono a fiorire comunità di uomini e donne desiderosi di dedicarsi interamente alla spiritualità eremitica, secondo la tradizione orientale che si andava sempre più diffondendo anche in occidente. Furono proprio queste primitive comunità che costituirono il nucleo fondamentale da cui poi trassero origine le attuali forme di monachesimo agostiniano femminile. Agostino fondò una comunità femminile ad Ippona in cui fu superiora sua sorella, vedova consacrata a Dio, e in cui si ritirarono anche alcune sue nipoti. E forse la prima “regola” Agostino la scrisse proprio per queste monache.  A questa comunità femminile, Agostino inviò una lettera (la 211) nella quale elogiava le donne perché "in mezzo ai molti scandali di cui è pieno il mondo, godo invece e trovo consolazione pensando al vostro grande numero, alla vostra unione, al casto affetto, ai santi costumi e alla grazia speciale che vi ha dato il Signore per la quale non pensate a nozze terrene, ma a vivere in perfetta pace e concordia, con un'anima sola e un sol cuore in Dio". 

L’esperienza femminile agostiniana si diffuse grandemente in nord Africa e lo conferma uno scritto di Possidio, vescovo di Calama in Numidia (attuale Marocco) e amico di Agostino per ben 40 anni, dove è scritto che Agostino: "lasciò alla Chiesa un clero più che sufficiente, con monasteri di uomini e di donne, pieni di persone continenti, consacrate a Dio e sotto l'ubbidienza dei loro superiori" (Vita Augustini, 28)[2].
Dopo la morte di Agostino, queste comunità maschili, e soprattutto femminili, subirono dure persecuzioni da parte dei Vandali prima e degli Arabi dopo (700) e i superstiti si trasferirono dal nord Africa nella più sicura Europa dove sorsero numerose comunità di eremiti agostiniani. Mancano tuttavia sicure testimonianze di monasteri agostiniani femminili per tutto l’alto medioevo né si fa cenno ad essi o a monache agostiniane nelle numerose bolle che i papi Innocenzo IV e Alessandro IV indirizzarono agli agostiniani dal 1243 al 1261, semplicemente perché la Chiesa non aveva ancora organizzato per loro una normativa. Tuttavia, molti codici anteriori al 1400 che contengono la regola agostiniana adattata alle monache comprovano che monasteri femminili esistevano anche in Europa. Nel 1256 le diverse famiglie agostiniane maschili sparse in Europa furono unificate in un unico ordine e annoverate tra i Mendicanti, al terzo posto dopo i francescani e i predicatori domenicani. Solo  nel 1401 Bonifacio IX concesse agli Eremitani di S. Agostino la facoltà di istituire comunità di monache con l'abito, la regola, i privilegi del loro ordine, come era già stato concesso ai Frati minori e ai predicatori. 

Riassumendo,  già alla fine del XIII  secolo esisteva a Carinola una comunità di monache penitenti   riconosciute dalla Chiesa prima del 1401 visto che pagavano le decime.  
Come fa notare don Amato Brodella,  già un secolo dopo la morte di San Bernardo sorse a Carinola questo grande complesso che accoglieva donne penitenti. Altre testimonianze carinolesi, la stessa denominazione del monastero a S. Maria Maddalena, l’affresco dell’ Annunziata che rappresenta la Maddalena davanti a Gesù risorto, la stessa costruzione dell’Annunziata voluta molto probabilmente accanto ad un altro edificio sacro,  ci indicano che la presenza della monache della Maddalena, come vengono chiamate, a Carinola era molto antica.
Le monache penitenti rimasero nel monastero della Maddalena fino alla metà del 1400 poi la struttura fu acquistata dagli agostiniani di San Giovanni a Carbonara di Napoli. Un secolo dopo il monastero era ancora ben attivo. In un contratto del 15 novembre del 1546 si legge: Giovan Francesco De Palma, organaio napoletano, promette di costruire un organo alla chiesa di S. Maria Maddalena di Carinola  di qualità, suono e perfezione simile a quello di S. Maria dei Pignatelli, a giudizio dell’abate Capece di Napoli, per ducati 50 di carlini.
Il monastero passò poi ai monaci agostiniani  che nel 1652 lo cederanno, con tutte le rendite, alla Diocesi di Carinola a favore del seminario.
Con la costruzione del nuovo seminario e la soppressione della Diocesi di Carinola, il monastero fu definitivamente abbandonato. Oggi è un rudere molto fatiscente, ma ancora conserva tracce e fascino della grande storia che impregnano le sue mura.


*************




[2] Possidio vescovo – Vita di S. Agostino - http://www.augustinus.it/vita/possidio.htm

                                        cdl  
   
Monastero della Maddalena - Carinola - Cristo Risorto  (affresco)
                                                          

Alcuni testi  e siti consultati

Archivio storico delle province napoletane – vol. 12 – Napoli, 1887
Berisi A. – Napoli Nobilissima – vol. 9. Napoli, 1900
Brodella don Amato – Storia della Diocesi di Carinola – Marina di Minturno, 2005
Canino Antonio – Guida d’Italia del Touring Club – Campania – Milano, 1996
Filangieri Gaetano A. G. – Le arti e le industrie delle province napoletane- vol. 6, Napoli 1891
Le Goff Jacques – Un lungo medioevo – Bari, 2006
Moroni Gaetano – Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica – vol. LXIII, Venezia, 1853
Piatti Pierantonio – Il Movimento femminile agostiniano nel medioevo -  Roma, 2007
Torelli Luigi  - Secoli Agostiniani ovvero Historia generale del sacro ordine eremitano – Bologna, 1678

Siti internet:
Possidio vescovo – Vita di S. Agostino - http://www.augustinus.it/vita/possidio.htm
Sant’Agostino – Le Confessioni - http://www.augustinus.it/italiano/confessioni/index2.htm

domenica 19 gennaio 2014

I vescovi carinolesi del periodo avignonese



 
Alphonse de Neuville- Sciarra Colonna schiaffeggia Papa Bonifacio VIII

Quanto fosse stato vantaggioso per il Papato l’aver chiamato in causa gli Angioini contro gli Svevi è difficile dirlo. Sul piano politico, la vittoria sugli Svevi aveva permesso al Papato di riavere un ruolo  predominante in Italia,  ma quella stessa vittoria era stata pagata a caro prezzo. L’alleanza della Chiesa con la monarchia angioina e con la borghesia guelfa italiana aveva portato ad una sempre maggior ingerenza dei francesi sulla Santa Sede e sull’ intrigante vita politica delle città, nella  quale i francesi intervenivano sempre più largamente. 
L’asservimento della Curia romana agli Angioini fu operato tramite un susseguirsi di papi francesi sul trono di Pietro e la stessa monarchia francese non nascose la propria intenzione, simile e forse più pericolosa di quella degli Svevi, di aspirare al totale dominio sull’Italia e nel Mediterraneo. La Francia riuscì a raggiungere una posizione prominente con Filippo IV il Bello, il quale, costretto dalle ristrettezze finanziarie a causa della guerra con l’Inghilterra, nel 1296 violò le immunità tributarie del clero, costringendolo a pagare tributi alla monarchia francese. E’ il caso di dire che la Chiesa, sconfitti gli Svevi e alleatasi con gli Angioini, cadde dalla padella nella brace!


Bonifacio VIII, il papa dei Vespri, reagì con una bolla, la Clericis laicos, nella quale vietava ai poteri laici di esigere tributi dal clero senza autorizzazione della Santa Sede e al clero stesso di pagarli. 
A questa prima bolla papale ne seguirono altre due: la Ausculta Fili, in cui Papa Bonifacio ammoniva il re, e una terza, la famosa Unam Sanctam, un concentrato di teologia agostiniana,  in cui egli affermava che solo alla Chiesa spettano le due spade del potere spirituale e temporale. A questa bolla, il Papa fece seguire la scomunica del re e lo scioglimento dei sudditi dal giuramento di fedeltà alla sua persona.


Filippo il Bello non rimase certo a guardare. Il re e gli Stati Generali da lui convocati dichiararono  illegittimo Papa Bonifacio e deliberarono un Concilio a Lione di fronte al quale egli doveva presentarsi. Come se non bastasse, molte potenti famiglie dell’Italia centro-meridionale, tra cui i Colonna, furono sobillate contro il Papa. 
Nel 1303, milizie guidate da Giacomo Sciarra Colonna e da Guglielmo di Nogaret fecero irruzione nel palazzo papale di Anagni per arrestare il Papa, il quale si prese il famoso schiaffo dal Colonna senza batter ciglio. Il Papa fu liberato pochi giorni dopo dal popolo di Anagni insorto contro i miliziani, ma lo stress e l’umiliazione furono fatali a Bonifacio: egli morì qualche giorno dopo.  L’episodio di Anagni e la morte di Bonifacio ebbero come conseguenza immediata la sottomissione del papato al controllo della monarchia francese, la quale determinò, negli anni seguenti, la scelta di sette pontefici francesi e fece trasferire la sede papale ad Avignone, dove i papi dimorarono per circa settant’anni, dal 1305 al 1377.



Mentre ai piani alti ci si azzuffava a colpi di bolle, di schiaffi, di papi ed anti-papi per l’affermazione della propria autorità, che cosa succedeva ai piani bassi, in una piccola diocesi come Carinola
Ci si arrangiava come si poteva. Trascurate come erano dai poteri alti, ogni diocesi era praticamente lasciata a se stessa. I papi, più che ai doveri pastorali, si dedicavano alla politica. Prima di Avignone erano impegnati a fronteggiare la monarchia francese; dopo Avignone erano troppo lontani per intervenire in tempo in quello che succedeva in Italia. La vita delle piccole diocesi era senz'altro difficile e i vescovi venivano usati come soldataglia per l'affermazione di un papa su un anti-papa e viceversa.


Quando la Sede papale fu trasferita in Francia nel 1305, vescovo di Carinola era Giovanni. Fu nominato vescovo di Castro nel 1321 da Papa Giovanni XXII, ma Giovanni, già molto anziano, rifiutò di trasferirsi, disobbedendo al volere papale. Giovanni mori infatti poco tempo dopo e la sede vescovile di Carinola rimase vuota. 
Da Avignone, la nomina del nuovo vescovo non arrivava e allora il Capitolo della Cattedrale di Carinola si elesse un nuovo vescovo nella persona di Pietro Borbelli, francescano. Si aspettava la conferma del papa su questa decisione del Capitolo e invece arrivò un trasferimento. Dopo solo quattro anni, il Pontefice  operò un intrigante scambio, non si sa per quale motivo: il vescovo di Carinola fu trasferito alla Diocesi di Valva-Sulmona, dove rimase fino al 1333 anno della sua morte, mentre il Vescovo di Valva-Sulmona, Nicolò, fu mandato a Carinola. 
Nicolò tornò però a Valva nel 1333, alla morte di Pietro. Quello stesso anno fu nominato vescovo di Carinola il monaco agostiniano Bonagiunta, forse su suggerimento degli agostiniani che vivevano a Carinola, come afferma don Amato Brodella, (pag. 74) per evitare gli inconvenienti causati da un vescovo vivente fuori sede. 

Bonagiunta fu il vescovo che diede l’assenso alla costruzione del monastero di S. Anna de Aquis Vivis a Mondragone, stipulando con i monaci benedettini un’ interessante convenzione.

Diversi altri furono i vescovi di Carinola del periodo avignonese e tutti  subirono gli umori dei papi e della loro politica, che concedeva loro serenità o agitazione in base alla loro adesione alla politica papale. Come il vescovo Marino che, a causa della sua adesione all’obbedienza dell’anti-papa Clemente VII,  fu spostato, senza tregua, da una sede all’altra finché morì a Taranto nel 1384.
Ultimo vescovo del periodo avignonese fu Giuliano,  vescovo   di Stefania (o Stefaniaco) in partibus infedelium, titolo onorifico di una diocesi non più esistente perché si trovava in territorio non più cattolico. Egli fu trasferito a Carinola nel 1365
Giuliano, che aderiva all’obbedienza dell’antipapa Clemente VII, passò poi all’obbedienza del Papa legittimo Urbano VI
La reazione di papa Clemente fu immediata: nominò come suo vescovo di Carinola Matteo di Melfi, con Giuliano ancora in vita, e ordinò al vescovo di Cosenza e all’arcivescovo di Corfù di deporre Giuliano. Ma i due non vi riuscirono e solo alla morte di Giuliano, nel 1388, Matteo prese possesso della sede episcopale calinense.





Alcuni testi consultati

Brodella don Amato – Storia della Diocesi di Carinola – Marina di Minturno, 2005
Cappelletti Giuseppe – Le chiese d’Italia dalla loro origine sino ai nostri giorni – vol. 20 - Venezia, 1866
De Rosa Gabriele – Età Medievale – Bergamo, 1990
Ughelli Ferdinando – Italia Sacra - vol. VI- Venezia, 1720