Quanto fosse stato vantaggioso
per il Papato l’aver chiamato in causa gli Angioini contro gli Svevi è
difficile dirlo. Sul piano politico, la vittoria sugli Svevi aveva permesso al
Papato di riavere un ruolo predominante
in Italia, ma quella stessa vittoria era
stata pagata a caro prezzo. L’alleanza della Chiesa con la monarchia angioina e
con la borghesia guelfa italiana aveva portato ad una sempre maggior ingerenza
dei francesi sulla Santa Sede e sull’ intrigante vita politica delle città,
nella quale i francesi intervenivano sempre più
largamente.
L’asservimento della Curia romana agli Angioini fu operato tramite
un susseguirsi di papi francesi sul trono di Pietro e la stessa monarchia
francese non nascose la propria intenzione, simile e forse più pericolosa di
quella degli Svevi, di aspirare al totale dominio sull’Italia e nel
Mediterraneo. La Francia riuscì a raggiungere una posizione prominente con
Filippo IV il Bello, il quale, costretto dalle ristrettezze finanziarie a causa
della guerra con l’Inghilterra, nel 1296 violò le immunità tributarie del clero,
costringendolo a pagare tributi alla monarchia francese. E’ il caso di dire che la Chiesa, sconfitti gli Svevi e
alleatasi con gli Angioini, cadde dalla padella nella brace!
Bonifacio VIII, il
papa dei Vespri, reagì con una bolla, la Clericis laicos, nella
quale vietava ai poteri laici di esigere tributi dal clero senza autorizzazione
della Santa Sede e al clero stesso di
pagarli.
A questa prima bolla papale ne seguirono altre due: la Ausculta Fili, in cui Papa Bonifacio ammoniva il re, e una terza, la famosa Unam Sanctam, un concentrato di teologia agostiniana, in cui egli affermava
che solo alla Chiesa spettano le due spade del potere spirituale e temporale. A
questa bolla, il Papa fece seguire la scomunica del re e lo scioglimento dei
sudditi dal giuramento di fedeltà alla sua persona.
Filippo il Bello non rimase certo
a guardare. Il re e gli Stati Generali da lui convocati dichiararono illegittimo Papa Bonifacio e deliberarono un
Concilio a Lione di fronte al quale egli doveva presentarsi. Come se non
bastasse, molte potenti famiglie dell’Italia centro-meridionale, tra cui i Colonna,
furono sobillate contro il Papa.
Nel 1303, milizie guidate da Giacomo Sciarra
Colonna e da Guglielmo di Nogaret fecero irruzione nel palazzo papale di Anagni
per arrestare il Papa, il quale si prese il famoso schiaffo dal Colonna senza
batter ciglio. Il Papa fu liberato pochi giorni dopo dal popolo di Anagni
insorto contro i miliziani, ma lo stress e l’umiliazione furono fatali a Bonifacio: egli morì qualche
giorno dopo. L’episodio di Anagni e la
morte di Bonifacio ebbero come conseguenza immediata la sottomissione del papato al controllo della monarchia francese, la quale determinò, negli anni seguenti, la scelta di sette
pontefici francesi e fece trasferire la sede papale ad Avignone, dove i papi
dimorarono per circa settant’anni, dal
1305 al 1377.
Mentre ai piani alti ci si
azzuffava a colpi di bolle, di schiaffi, di papi ed anti-papi per
l’affermazione della propria autorità, che cosa succedeva ai piani bassi, in una
piccola diocesi come Carinola?
Ci si arrangiava come si poteva. Trascurate come erano dai poteri alti, ogni diocesi era
praticamente lasciata a se stessa. I papi, più che ai doveri pastorali, si dedicavano alla politica. Prima di Avignone erano impegnati a
fronteggiare la monarchia francese; dopo Avignone erano troppo lontani per intervenire
in tempo in quello che succedeva in Italia. La vita delle piccole diocesi era senz'altro difficile e i vescovi venivano usati come soldataglia per l'affermazione di un papa su un anti-papa e viceversa.
Quando la Sede papale fu
trasferita in Francia nel 1305, vescovo di Carinola era Giovanni. Fu
nominato vescovo di Castro nel 1321 da Papa Giovanni XXII, ma Giovanni, già
molto anziano, rifiutò di trasferirsi, disobbedendo al volere papale. Giovanni
mori infatti poco tempo dopo e la sede vescovile di Carinola rimase vuota.
Da
Avignone, la nomina del nuovo vescovo non arrivava e allora il Capitolo della
Cattedrale di Carinola si elesse un nuovo vescovo nella persona di Pietro
Borbelli, francescano. Si aspettava la conferma del papa su questa decisione
del Capitolo e invece arrivò un trasferimento. Dopo solo quattro anni, il
Pontefice operò un intrigante scambio, non si sa
per quale motivo: il vescovo di Carinola fu trasferito alla Diocesi di
Valva-Sulmona, dove rimase fino al 1333 anno della sua morte, mentre il Vescovo
di Valva-Sulmona, Nicolò, fu mandato a Carinola.
Nicolò tornò però a Valva nel 1333, alla morte di Pietro. Quello stesso anno fu nominato vescovo di Carinola il monaco agostiniano Bonagiunta, forse su suggerimento degli agostiniani che vivevano a Carinola, come afferma don Amato Brodella, (pag. 74) per evitare gli inconvenienti causati da un vescovo vivente fuori sede.
Bonagiunta fu il vescovo che diede l’assenso alla costruzione del monastero di S. Anna de Aquis Vivis a Mondragone, stipulando con i monaci benedettini un’ interessante convenzione.
Nicolò tornò però a Valva nel 1333, alla morte di Pietro. Quello stesso anno fu nominato vescovo di Carinola il monaco agostiniano Bonagiunta, forse su suggerimento degli agostiniani che vivevano a Carinola, come afferma don Amato Brodella, (pag. 74) per evitare gli inconvenienti causati da un vescovo vivente fuori sede.
Bonagiunta fu il vescovo che diede l’assenso alla costruzione del monastero di S. Anna de Aquis Vivis a Mondragone, stipulando con i monaci benedettini un’ interessante convenzione.
Diversi altri furono i vescovi di
Carinola del periodo avignonese e tutti subirono
gli umori dei papi e della loro politica, che concedeva loro serenità o agitazione
in base alla loro adesione alla politica papale. Come il vescovo Marino che, a
causa della sua adesione all’obbedienza dell’anti-papa Clemente VII, fu spostato, senza tregua, da una sede all’altra
finché morì a Taranto nel 1384.
Ultimo vescovo del periodo avignonese fu Giuliano, vescovo di Stefania (o Stefaniaco) in partibus infedelium, titolo onorifico di una diocesi non più esistente perché si trovava in territorio non più cattolico. Egli fu trasferito a Carinola nel 1365.
Ultimo vescovo del periodo avignonese fu Giuliano, vescovo di Stefania (o Stefaniaco) in partibus infedelium, titolo onorifico di una diocesi non più esistente perché si trovava in territorio non più cattolico. Egli fu trasferito a Carinola nel 1365.
Giuliano, che aderiva all’obbedienza dell’antipapa
Clemente VII, passò poi all’obbedienza del Papa legittimo Urbano VI.
La
reazione di papa Clemente fu immediata: nominò come suo vescovo di Carinola Matteo di Melfi, con Giuliano ancora in vita, e ordinò al vescovo di Cosenza e all’arcivescovo di Corfù di
deporre Giuliano. Ma i due non vi riuscirono e solo alla morte di Giuliano, nel
1388, Matteo prese possesso della sede episcopale calinense.
Alcuni testi consultati
Brodella don Amato – Storia della Diocesi di Carinola –
Marina di Minturno, 2005
Cappelletti Giuseppe – Le chiese d’Italia dalla loro origine
sino ai nostri giorni – vol. 20 - Venezia, 1866
De Rosa Gabriele – Età Medievale – Bergamo, 1990
Ughelli Ferdinando – Italia Sacra - vol. VI- Venezia, 1720
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