Decapitazione di Corradino- miniatura dal Codex Manesse |
Pochi mesi dopo la battaglia di Benevento e la morte di
Manfredi, morì anche Riccardo di Caserta, accusato di tradimento dalla parte
guelfa.
Gli storici scrivono che morì di crepacuore, non riuscendo a superare il
dolore per le sorti della battaglia e per la morte del suo signore. Lasciò un
figlio ancora giovane, Corradello, sotto
la tutela della nonna Siffridina.
Riccardo, dopo la rotta di Benevento e la
morte di Manfredi, era giunto ad un accordo con Carlo d’Angiò e questo salvò
dalla confisca tutti i suoi beni che furono poi ereditati da suo figlio. I rapporti
con il re migliorarono tanto che Corradello sposò Caterina de Gebenna,
consanguinea di re Carlo. Corradello non solo ereditò tutti i beni del padre, tra cui
la Contea di Carinola, ma anche l’attaccamento alla casa sveva.
Quando, infatti, nel 1267
all’orizzonte si stagliò la giovanissima figura di Corradino, venuto in Italia a
reclamare il Regno di Sicilia lasciatogli in eredità da suo padre Corrado IV, Corradello non ci pensò due volte: sapeva esattamente
da che parte stare. E se non lo avesse
saputo o avesse tentennato, sua nonna Siffridina glielo avrebbe ampiamente
ricordato.
Peccarono entrambi di errore di valutazione nella loro scelta di appoggiare Corradino? Non credo. Sia Corradello che sua nonna Siffridina
conoscevano esattamente la forza militare e la crudeltà di Carlo d’ Angiò, così
come sapevano che i ghibellini d’Italia non erano più tanto affidabili, né
militarmente potenti come ai tempi di Manfredi. E sapevano anche da che parte
sarebbero state le forze papali. Vollero però sostenere Corradino nella sua
impresa, che era l’ultimo, disperato tentativo di recuperare il Regno di Sicilia.
Fu forse il desiderio di riscatto del nome paterno, accusato di essere il
traditore di Manfredi, che fece optare a Corradello di abbracciare la difficile causa
sveva. Non possiamo saperlo con certezza, fatto sta
che il fiero comportamento di Corradello e di sua nonna Siffridina, che seppero
affrontare la malasorte e la prigionia con grande
dignità, fa supporre che la loro fu una scelta coraggiosa e consapevole.
Corradello si fece nominare “Capitano per Corradino in Terra
di Lavoro”. In questo ruolo, cominciò a sollevare molte contee di Terra di
Lavoro contro re Carlo. Questi, appena ebbe notizia dei movimenti insurrezionali contro
di lui, ordinò apposita inchiesta che confermò le voci arrivate al suo orecchio. Dopo la sconfitta di Corradino a Tagliacozzo nel 1268, stando re Carlo a
Capua, il 10 ottobre dello stesso anno mandò Guglielmo Stendardo, maresciallo
del Regno, a ricevere in suo nome l’omaggio di fedeltà dagli abitanti di
Caserta e ordinò di condurre alla sua presenza, liberi e sicuri, Siffridinam,
matrem quondam Riccardi comitis casertani et Conradum filium eiusdem comitis
casertani nepotem dicte Siffridine cum eorum sociis, se essi avessero voluto darsi incondizionatamente in suo potere, o se invece avessero preferito essere
giudicati dai Baroni secondo le leggi del Regno. In caso di rifiuto tutti i
loro beni, contee e feudi sarebbero stati confiscati.
Ma la “perfida mulier” Siffridina, come la chiamava Carlo d’Angiò, si rifiutò di obbedire ai comandi del re e re Carlo dichiarò proditori, ossia traditori, lei e suo nipote Corradello. Il re si impadronì della Contea di Caserta e la donò a Guglielmo de Beaumont, ammiraglio del Regno, uno dei suoi più intimi e fidati collaboratori.
Ma la “perfida mulier” Siffridina, come la chiamava Carlo d’Angiò, si rifiutò di obbedire ai comandi del re e re Carlo dichiarò proditori, ossia traditori, lei e suo nipote Corradello. Il re si impadronì della Contea di Caserta e la donò a Guglielmo de Beaumont, ammiraglio del Regno, uno dei suoi più intimi e fidati collaboratori.
Re Carlo non si accontentò della sola Contea di Caserta, ma
s’impossessò di tutte le altre baronie, terre e feudi appartenenti a Corredallo,
tra cui la Contea di Carinola e la Rocca di Mondragone che diede a suo genero
Filippo de Courteney, figlio dell'imperatore di Costantinopoli Baldovino II, che ne aveva sposato la figlia Beatrice.
Ecco che ritorna
la ben consolidata prassi di dare la Contea di Carinola nelle mani dei
consanguinei reali per la sua importanza strategica e per le sue notevoli rendite.
Nel 1269 re Carlo riuscì a prendere Siffridina, Corradello e la moglie di quest’ultimo
Caterina. Ebbe così inizio, per i conti
casertani e signori carinolesi, il lungo dramma della prigionia che essi seppero vivere con grande
dignità.
Siffridina fu incarcerata nel Castello di Trani e messa a pane ed
acqua fino a quando non avesse rivelato
i nomi di tutti coloro che avevano partecipato alla ribellione. Siffridina non
rivelò mai quei nomi e rimase prigioniera nel castello di Trani fino alla sua morte
che avvenne, dieci anni dopo, il 18 marzo del 1279.
Il giovane Corradello fu prima rinchiuso invece nel Castello di Canosa,
dove rimase fino al 1277, poi fu
trasferito nel Castello di S. Maria del Monte (Castel del Monte), legato con
ceppi di ferro e messo sotto attenta custodia. Carlo rafforzò il presidio del
Castello, portando i soldati a quaranta
unità e non più a trenta come era stato fino ad allora, non solo per Corradello, ma perché nello stesso Castello erano tenuti prigionieri anche i giovanissimi figli di Manfredi.
Corradello soffri
un’infamante carcere per diciassette anni e le sue condizioni erano talmente
misere che il più mite Carlo II, succeduto al tenace e crudele padre, ne fu mosso a
compassione. Carlo prima ne ordinò la rimozione dei ferri che lo tenevano legato e
poi ne ordinò la liberazione. Corradello era stato in carcere ventisei anni!
Con il permesso del re, Corradello mandò il suo servo,
Vincenzo Picardo, presso gli amici di un tempo per implorare un qualche aiuto e
il re stesso, commiserando l’infelice sorte di Corradello e di sua moglie Caterina, sua
consanguinea, il 9 giugno del 1304 assegnò ai due 50 once di oro annue ciascuno
sulla bagliva della città di Sorrento. Ma poiché le rendite della città di
Sorrento non erano sufficienti a pagare 100 once d’oro annue, Carlo ordinò che
fossero detratte dalla bagliva della città di Capua.
Ma i due infelici coniugi
non godettero a lungo la ritrovata libertà: indeboliti e provati dalla dura prigionia, morirono subito dopo. Caterina morì nel 1305 e Corradello
la seguì circa un anno dopo, il 13 dicembre del 1306.
Il Tescione scrive che molti scrittori, soprattutto
casertani, vogliono vedere in questo
atto insurrezionale di Corradello un primo episodio di ribellione allo
straniero e un primo tentativo di unificazione italiana, forse influenzati dalla
rivolta dei Vespri Siciliani che di lì a qualche anno si sarebbe verificata a Palermo. Francamente, sembra un’opinione un po’
affrettata e molto anticipata.
Nella mia opinione, la ribellione di Corradello
al potere angioino sembra più l’ultima occasione di recuperare ad ogni costo l’onore
della casata così duramente colpito dalla vergogna del tradimento. Se ci fosse
stato o meno un tradimento da parte di Riccardo
verso Manfredi non possiamo effettivamente saperlo, ma la fedeltà di
Corradello e Siffridina alla casa sveva, portata fino all’estremo sacrificio, ha
ampiamente riscattato quell’infamia.
cdl
Testi Consultati
Broccoli Angelo –
Archivio Storico Campano – vol. II – Napoli, 1893
De Cesare Giuseppe –Storia di Manfredi Re di Sicilia e di
Puglia- vol. – Napoli, 1837
Minieri-Riccio Camillo - I notamenti di Matteo Spinelli –
Napoli, 1870
Tescione Giuseppe – Caserta medievale e i suoi conti e
signori – Caserta, 1990
Registri Angioini del Grande Archivio di Napoli – 1269, B.
n°4, fol.171 in Minieri-Riccio
Reg. Ang. 1269, B. n°4, fol. 80
Reg. Ang. 1276, B. n° 26, fol. 14, t.21
Reg. Ang. 1278-79, H.
n° 33, fol. 172
Reg. Ang. 1278, A. n°29, fol. 97
Reg. Ang. 1294, J. n° 69, fol. 183, t
Reg. Ang. 1304, n° 34, fol. 40, t. 80
Reg. Ang. 1305, n° 145,
fol. 156