Anche la famiglia De Baux, italianizzata Del Balzo, arrivò in
Italia con Carlo I d’Angiò per la conquista del Regno di Sicilia. A seguire
Carlo fu Bertrando De Beaux, nobilissimo
signore di Berre, in Provenza, insieme ai suoi due figli Ugone e Bertrando II, da cui ebbe inizio il ramo più importante della casata. A Bertrando De Beaux, Carlo concesse, senza titolo di conte: Avellino, Calvi,
Riardo, Torre di Francolisi (sic) e Padulo in Principato Citra.
Tutti i rami della famiglia del
Balzo ebbero molto successo e molto onore, occupando i ruoli più importanti
nell’ambito del Regno di Sicilia, ma il ramo più famoso fu senz’altro quello di
Andria.
Bertrando III, figlio di
Bertrando II, sposò in prime nozze la
figlia di re Carlo II, Beatrice D’Angiò, già vedeva del marchese di Ferrara,
che gli portò in dote il feudo reale di
Andria, e da Beatrice ebbe la figlia Maria. Morta Beatrice, in seconde nozze
sposò invece Margherita D’Aulney (d’Alneto) da cui ebbe cinque figli: Francesco,
Guglielmo, Isabella, Caterina e Sveva.
La contea di Andria spettava per
successione materna a Maria, la quale era stata data in sposa da suo zio re
Roberto a Umberto, Delfino di Vienna, ma lei e il marito, non potendo
occuparsene a causa della lontananza, la
vendettero per tremila fiorini al Conte Bertrando loro padre e suocero.
Ad ingrandire ulteriormente il
ramo d’Andria fu Francesco, primogenito di Bertrando e Margherita d’Alneto, che con un'abile politica matrimoniale seppe accrescere il suo potere e l'onore della famiglia.
Gli storici del tempo raccontano
che Francesco fosse uno degli uomini più belli e piacenti, tanto da
far innamorare di sé molte donne, tra cui la regina Giovanna I e la cognata di
costei, Margherita, sorella di re Luigi di Taranto, la cui
madre era quella Caterina II de Courtenay che deteneva il titolo di imperatrice
titolare di Costantinopoli lasciatole in eredità dalla madre Caterina I de
Courtenay, a sua volta figlia di Filippo
de Courtenay di Tessaglia.
Sapendo di poter scegliere, Francesco,
molto oculatamente, nel 1337 s’imparentò con la potente casata dei Sanseverino,
la prima delle sette casate più importanti del Regno di Napoli, sposando in prime nozze Luisa Sanseverino,
figlia di Tommaso III di Sanseverino conte del Marsico, da cui non ebbe figli.
Morta la prima moglie, Francesco fece un ulteriore balzo in avanti, sposando nel
1347, in seconde nozze, proprio Margherita, sorella di re Luigi di Taranto, che
gli portò in dote anche le signorie di Carinola e Teano.
Questo secondo matrimonio però non piacque né
a re Luigi, a causa del grande potere raggiunto da Francesco del Balzo, né alla
gelosa regina Giovanna, la quale per dissimulare il suo malcontento e dare
invece segno di soddisfazione, concesse all’acquisito parente il titolo di Duca
di Andria. Francesco Del Balzo fu così il primo di sangue non reale ad ottenere
il titolo di Duca, un titolo che veniva concesso solo a persone di sangue reale.
Molte storie sono
legate alla persona di Francesco Del Balzo, ma quella più divertente è avvenuta a proprio a Teano.
Matteo Villani ci racconta che, nel 1352, molti
ambasciatori del Comune di Firenze presenziarono all’incoronazione a re di Luigi di Taranto.
Dopo
l’incoronazione, gli ambasciatori fiorentini chiesero al re e alla regina se potevano
avere una reliquia del Corpo di Santa Reparata, che si custodiva nel monastero femminile di Teano, per
poterla onorare nella loro Chiesa Cattedrale del Comune di Firenze dedicata proprio a S. Reparata.
La loro richiesta fu accolta dai reali, ma essendo Teano signoria di Francesco
del Balzo, la richiesta dei fiorentini fu girata a lui.
A motivo della grande
amicizia che suo padre aveva con i fiorentini, Francesco liberamente
concesse agli ambasciatori il braccio di Santa Reparata.
Non potendosi
ribellare alla volontà del re, della regina e di Francesco, signore di Teano,
la badessa del monastero e le altre monache iniziarono un pianto disperato per il dolore di
doversi separare dall’amata reliquia. Chiesero solo di tenerla ancora qualche
giorno per poterla venerare in maniera consona prima del distacco definitivo. Dopo qualche giorno,
la badessa e le monache consegnarono, con grande pianto e sofferenza, la santa reliquia agli
ambasciatori fiorentini. Il braccio di Santa Reparata fu dunque portato a Firenze e, con molta venerazione e molta pompa, collocato nella
Chiesa Cattedrale di Santa Reparata il 22 giugno di quello stesso anno e
custodito con grande venerazione dai fiorentini.
Dopo quattro anni, volendo il Comune ornare il braccio della Santa con oro e argento, si scoprì che il braccio
custodito a Firenze era di gesso! L’astuzia della badessa di Teano aveva conservato
ai teanesi la vera reliquia e aveva fatto in modo che i fiorentini per quattro
anni venerassero un pezzo di gesso! I fiorentini rimasero delusi e smaccati, non tanto per la reliquia stessa rivelatasi un falso, quanto perché a menarli per il naso era stata un' astuta donna!
Francesco del Balzo non ebbe il tempo di
arrabbiarsi con la badessa di Teano perché in quello stesso 1352, la regina
Giovanna lo fece imprigionare.
Le ragioni di quest’azione della regina verso
Francesco del Balzo non sono chiare: alcuni storici pensano che Giovanna non
riuscisse più a contenere lo sdegno per il matrimonio di Francesco con Margherita,
altri, come Lorenzo Bonincontro, che fu una vendetta della regina contro il
padre di Francesco, Bertrando, che rivestendo il ruolo di Gran Giustiziere, fece giustiziare Sancia Cabani[1] e tutti
quelli ritenuti i complici dell’assassinio
di re Andrea d'Ungheria, primo marito di Giovanna.
Francesco rimase prigioniero della regina per 18
anni. I pettegolezzi del tempo dicevano che Giovanna l’aveva fatto imprigionare
per averlo a disposizione ogni volta che lo desiderava; che le sue visite al
castello dove Francesco era tenuto prigioniero erano molto frequenti; che prima di
concedergli la libertà, Giovanna gli concesse più volte se stessa.
Sebbene i
pettegolezzi e i dettagli piccanti possano
rendere la storia più accattivante, non fu l’amore frustrato della regina il motivo dell’incarcerazione di Francesco del Balzo. Il vero motivo va
ricercato in tutt’altra direzione: nel sempre maggiore potere che Francesco del
Balzo andava acquisendo nel Regno e che i reali vollero frenare.
Francesco del Balzo aveva generato con la moglie Margherita due figli, Jacopo e
Antonia, la quale divenne poi regina di Sicilia sposando Federico d’Aragona. Per la
morte senza eredi di Filippo di Taranto, altro suo cognato, Francesco pretese per suo
figlio Jacopo, minore, sia le terre del
Principato di Taranto, sia le terre greche e il titolo di imperatore di
Costantinopoli. Ma la regina Giovanna, ritenendo invece opportuno diminuire la forza della famiglia Del Balzo, decise di esercitare il dominio diretto sui possedimenti greci e spogliare Francesco di
molte delle sue terre regnicole. Francesco si ribellò alle decisioni della regina e questo
provocò una guerra intestina tra la Corona e la famiglia Del Balzo.
Lo scontro
e il dissidio con la regina fu aspro e lungo e costò a Francesco la condanna regia di
lesa maestà. Nel 1373, assediato dentro Teano, suo possedimento, Francesco
riuscì a fuggire ad Avignone da Papa Gregorio XI, suo parente, e con l’ aiuto del
papa e i proventi delle sue terre mise insieme un esercito di 15.000
soldati per far guerra al Regno di Napoli. Riuscì a riprendersi Teano e a conquistare
Capua ed Aversa, ma suo cugino Raimondo del Balzo, Gran Camerlengo del Regno, lo
convinse a fermarsi nella sua assurda impresa e a non avanzare verso Napoli.
Nel 1380 morì sua moglie
Margherita, ancora in stato di prigioniera nelle mani della regina che, intanto, fu dichiarata eretica
dal papa Urbano VI e deposta dal trono di Napoli perché appoggiava l’antipapa Clemente
VII. Francesco rimase ad Avignone fino
al 1381, quando Napoli fu conquistata da Carlo di Durazzo,
cugino di Giovanna, che nel 1382 salì sul trono col nome di Carlo III.
Francesco del Balzo sicuramente
non fu estraneo alla conquista di Napoli da parte di Carlo; dopo, riebbe buona parte
delle sue terre ed ebbe il tempo di sposarsi una terza volta con Sveva Orsini, da cui ebbe altri tre figli. Poi si perdono le tracce di quest’uomo avido e
battagliero, che probabilmente morì da qualche parte, in tarda età.
Testi consultati
Matteo Villani: Storie di
Giovanni, Matteo e Filippo Villani, vol. II - pg 171-2
Ferrante della Marra: Discorsi
delle famiglie estinte – Napoli, 1641
Lorenzo Bonincontri: De ortu regum
Neapolitanorum
http://roderic.uv.es/browse?value=Buonincontro,%20Lorenzo,%201410-1500&type=au