sabato 1 settembre 2012

Verso la fine degli Altavilla: Costanza


 Codice Chigi - miniatura: Il matrimonio di Costanza d'Altavilla e Enrico VI di Hohenstaufen

Quando nel 1154 nacque  Costanzare Ruggiero  fece venire a Palermo l’abate Gioacchino da Fiore, con il carisma della preveggenza, per sapere da lui cosa ne sarebbe stato dei suoi figli. L’abate, scrutando nel futuro, disse che se Costanza si fosse sposata, un fuoco avrebbe incendiato e distrutto il Regno. Il re, sconvolto dalla notizia, non sapeva cosa fare. Qualcuno dei suoi consiglieri di corte gli suggerì di avvelenare la bambina. Tancredi, suo figlio,  gli disse invece che era un’empietà far morire così un' innocente e gli consigliò invece di costringerla a monacarsi.   
Favole. Favole raccontate da Tommaso Fazzello nella sua Storia di Sicilia pubblicata nel 1558.
In realtà, quando Costanza nacque da Beatrice, sua terza moglie, re Ruggiero era già morto da qualche mese. Non conosciamo nulla di lei se non quello che riguarda il suo matrimonio con Enrico VI, figlio del Barbarossa, e la nascita di Federico II
Dante la colloca nel Paradiso come anima costretta a lasciare il voto monacale per un matrimonio politico e la descrive con tre stupendi versi:

 Quest' è la luce de la gran Costanza
che dal secondo vento di Soave
generò 'l terzo e l'ultima possanza.
(Dante Alighieri- Paradiso - canto terzo - vv  118-120)

In realtà, non sappiamo se Costanza entrò davvero in convento. Probabilmente si, perché se fosse stata una donna libera, sicuramente non avrebbe raggiunto i trent’anni da nubile, ma sarebbe stata usata ben prima per qualche matrimonio politico. Prendendo per vera la sua clausura in un convento, solo una grave necessità la costrinse a sciogliere i suoi voti monacali  e  maritarsi. La grave necessità era un re senza eredi.

A Guglielmo I il Malo era subentrato suo figlio, Guglielmo II il Buono, che aveva ben poco delle attitudini repressive del padre, né quelle guerriere del nonno. Guglielmo si fece amare dai suoi sudditi proprio perché non andava in cerca di problemi, anzi, se era possibile, li evitava. Ma non era affatto uno stupido; seppe affrontare i momenti critici in parte con un’abile politica, in parte con le armi. 
Con la mediazione politica concluse la pace lasciata in sospeso da suo padre con l’imperatore bizantino Manuele I, ottenendone le città pugliesi in cambio delle conquiste asiatiche e africane fatte dal padre. 
Con le armi attaccò e fece prigioniero papa Adriano IV a Benevento, costringendolo infine alla pace.  I baroni ottennero di nuovo tutti i loro privilegi e se ne stettero buoni.

Guglielmo sposò Giovanna Plantagenete, figlia di Enrico II d’Inghilterra e sorella di Riccardo Cuor di Leone, che arrivò in Italia nel 1176 con una scorta di 25 galee. Il loro matrimonio non diede però frutti e il Regno di Sicilia rischiava di rimanere senza un erede normanno. Guglielmo, molto religioso, non volle figli illegittimi da altre donne o forse non ne ebbe il tempo, perché si ammalò e morì a  soli 35 anni. Prima di morire, consapevole della situazione, aveva concluso la pace col suo nemico numero uno, Federico Barbarossa, accettando di far sposare sua zia Costanza, sorella di suo padre, con Enrico, figlio del Barbarossa, con la speranza che nascesse un erede al trono di Sicilia che avesse metà del sangue normanno. 

Perché questa decisione? 

Volendo, Guglielmo avrebbe potuto nominare suo erede Tancredi di Lecce, suo primo cugino, lasciando in pace la povera Costanza, ma non volle farlo per tre motivi: 
1) Tancredi non era un figlio legittimo nato da matrimonio legittimo e, nominandolo erede, avrebbe fatto infuriare il Papa e provocato qualche spiacevole reazione. Inoltre, secondo la legge normanna del maggiorascato, solo i primogeniti legittimi avevano diritto all’eredità. E qui, come eredità, c'era un Regno;
2) Tancredi era stato uno dei più fieri ribelli contro suo padre nella rivolta di Palermo e probabilmente non se la sentiva di lasciare il Regno proprio a lui; 
3) Tancredi non avrebbe avuto il consenso di tutti i baroni e quindi la forza militare per affrontare Federico Barbarossa che, alla sua morte, avrebbe sicuramente messo a ferro e fuoco il Regno di Sicilia

Guglielmo preferì una soluzione indolore e accettò la pressante ed interessata proposta di matrimonio di Federico per suo figlio Enrico. Costanza, suo malgrado, fu costretta a sposare Enrico. Lei aveva 32 anni e lui 20 quando, nel 1186 a Milano, furono celebrate le nozze, con grande rammarico del Papa Urbano III, che non vedeva di buon occhio questo matrimonio. Il Papa temeva enormemente l’unione del Regno di Sicilia con il Sacro Romano Impero sotto un unico sovrano perché, in quel caso, il Patrimonium Petri (Stato Pontificio) veniva a trovarsi in una posizione molto scomoda: uno stretto corridoio che poteva essere annientato in qualsiasi momento, schiacciato com'era tra i territori italiani dell’Impero a nord e il Regno di Sicilia a sud.

Alla morte di Guglielmo il Buono, si aprirono  le lotte per la successione al trono di Sicilia, che vantava ben tre contendenti: Tancredi di Lecce, Riccardo Cuor di Leone e Enrico di Svevia.  
Tancredi, primo cugino del defunto re,  reclamava il Regno come  unico erede legittimo. Riccardo Cuor di Leone, fratello della regina, vedova di re Guglielmo, avanzava gli stessi diritti. Infine, Enrico di Svevia, per i suoi diritti matrimoniali, si proclamava unico e vero erede al Regno di Sicilia.   
Ma fu Tancredi ad essere acclamato re dai suoi sostenitori e incoronato re a Palermo nel 1189. Papa Clemente III convalidò l'elezione con molto piacere e un sospiro di sollievo, vanificando così tutti i timori del defunto Guglielmo.

Messo a tacere Riccardo Cuor di Leone con una bella somma di denaro, Tancredi si preparò a sostenere l’attacco di Enrico di Svevia  e lo fece con molta intelligenza. Sapeva bene che per affrontare il suo fortissimo nemico avrebbe avuto bisogno della fedeltà di tutti i baroni e della partecipazione delle città. Fu perciò molto largo di concessioni e privilegi sia con gli uni che con le altre. La mossa di Tancredi si rivelò molto sagace perché quando Enrico, ormai imperatore, arrivò a cingere d’assedio la città di Napoli, questa seppe  resistere egregiamente e respinse il nemico. 
Il regno di Tancredi durò molto poco: tre anni dopo, nel 1194, egli morì lasciando un figlio di otto anni, Gugliemo III, sotto la tutela di sua moglie, la regina Sibilla di Acerra
Enrico ne approfittò e, con l’aiuto dei pisani e dei genovesi, mise su un’altra spedizione e andò di nuovo alla conquista del Regno. Commise molto atrocità, abolì tutti i privilegi concessi alle città e a Napoli, per punirla della resistenza di tre anni prima, fece abbattere le mura. 

Giunto a Palermo, fece addirittura esumare il cadavere di Tancredi per togliergli la corona e le insegne reali con cui era stato sepolto. La moglie e il figlio del defunto re furono spodestati, imprigionati e mandati in Germania, dove se ne persero le tracce. I sostenitori normanni furono tutti perseguitati in vario modo, trucidati crudelmente  e i loro beni confiscati;  le città saccheggiate ed arse. Il 25 dicembre del 1194, a Palermo, Enrico di Svevia cingeva la corona del Regno di Sicilia senza l’acclamazione del popolo, che non poteva né apprezzarlo né amarlo. 
Il giorno dopo Costanza, l’ultima degli Altavilla,  iniziò il suo viaggio per raggiungere il marito. Era incinta e giunta a Iesi, nelle Marche, fu colta dalle doglie. E proprio Iesi fu la cittadina che vide nascere colui che per 50 anni sarebbe stato il protagonista assoluto della storia d’Europa e che i posteri avrebbero chiamato “stupor mundi”: Federico, che del  celebre  nonno ebbe il nome.

c.d.l.
 Alcuni testi consultati

AA. VV.  del Csns - Potere, società e popolo tra età normanna e  età sveva – 1189-1210 – Bari, 
AA. VV del Csns - Potere, società e popolo nell'età dei due Guglielmi.– Bari, 1981 
Artifoni Enrico – Storia Medievale – Roma, 1998 
Carnevale Gioseppe – Historie e descrittione del Regno di Sicilia – Napoli, 1591
Di Meo Alessandro - Apparato Cronologico agli Annali del Regno di Napoli – Napoli, 1785 
Fazello Tommaso – Historia di Sicilia – Venezia, 1573
Muratori  L. A. – Rerum Italicarum scriptores – vol. 28 – Bologna 1976 
Pagano Filippo - Istoria del regno di Napoli – Palermo, 1835
Romualdo Guarna Salernitano – Cronica - in G. del Re:  Cronisti e scrittori sincroni- vol. 1 – Napoli, 1845
Timoteo da Termine – Breve et universale cronistoria del mondo fino all’anno di salute 1668   Na, 1669
Troyli Placido – Historia generale del reame di Napoli – vol. 4 -Napoli, 1751
Ugone Falcando – Historia -  in G. del Re:  Cronisti e scrittori sincroni- vol. 1 – Napoli, 1845
Vivenzio Nicola – Delle antiche province del Regno di Napoli – Napoli, 1808

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