Miniatura del XV secolo raffigurante due "obbedienze papali" |
Dopo circa settant’anni di
stazionamento ad Avignone, la sede papale ritornò a Roma. Non fu Caterina da
Siena l’artefice di questo ritorno, come comunemente si crede, ma l’ incresciosa
consapevolezza che se la sede papale non
tornava a Roma, il patrimonio della Chiesa se ne andava a farsi friggere, rastrellato
abilmente dalle tante nuove famiglie emergenti bramose di ingrandirsi sempre
più. Sicuramente Caterina ebbe la sua bella parte di ossessionante
rompiscatole, ma i motivi reali di questo ritorno furono molto più pratici.
Lo stato di caos in cui versava l’Italia in questo
particolare periodo favoriva le numerose Signorie che erano spuntate come
funghi nell’Italia centrale, le quali, indisturbate, facevano man bassa dei territori
pontifici per ingrandire i propri e accrescere il loro potere. I vari Montefeltro, Malatesta, Ordelaffi e compagnia bella
stavano letteralmente mangiando gli stati pontifici e se non si ricorreva ai
ripari, sarebbero scomparsi del tutto incamerati nelle proprietà di famiglia. Il primo papa a fare qualcosa fu Clemente VI,
il quale inviò a Roma il suo Legato e Vicario, il cardinale Egidio Alvarez de
Albornoz, coadiuvato da Cola di Rienzo, con lo scopo di bloccare quel processo
famelico. Cola di Rienzo riuscì solo a farsi ammazzare (1354)
e Albornoz, con fatica e sangue, riportò molte città sotto l’egida di Roma. Il
papa si rese conto che la situazione di effimera pace riportata dal suo Legato non sarebbe durata a
lungo e che la sua presenza a Roma era più che mai necessaria.
Nel 1367 fu Urbano V ad arrivare
a Roma e fu accolto gioiosamente da un popolo che da ben sessantaquattro anni
non vedeva un papa e che aveva dormito per tre giorni sulla spiaggia di Corneto
(Tarquinia) pur di non perdersi lo storico avvenimento. Una volta a Roma, Urbano, guardandosi intorno, si rese conto dell’enorme sconfesso in cui versavano le
chiese e la città, da anni completamente abbandonate a se stesse. Si diede da
fare per sistemare un po’ le cose e resistette fino al 1370, poi sentendosi
prossimo alla fine volle tornare ad Avignone dove morì.
Gli successe Gregorio XI, più
letterato che ecclesiastico, il quale stava proprio bene ad Avignone e non
voleva affatto ripetere l’esperienza del suo predecessore. Per ben sette anni
resistette agli appelli del Petrarca e alle solfe di S. Caterina, ma quello che
lo fece muovere da Avignone fu l’insurrezione di tutte le città pontificie in
Italia, che si ribellarono perché il Legato pontificio di Perugia aveva
perseguitato con tale insistenza una donna che costei, per sfuggire al suo
pressante “stalking”, si gettò dal
balcone e morì. Le città pontificie presero la palla al balzo e si ribellarono
tutte, con Firenze in testa. Era il 1375 e solo la città di Roma rimase fedele
al papa delle sessantaquattro che avevano precedentemente riconosciuto la
sovranità papale.
Gregorio scomunicò Firenze e fece
sequestrare gli ingenti patrimoni dei banchieri e dei mercanti fiorentini in
Francia e in Inghilterra. A sua volta Firenze confiscò tutti i beni della Chiesa
sul suo territorio e cercò di tirare nella rivolta anche Roma. Solo allora
Gregorio si scosse e mandò a dire ai romani che, se rifiutavano l’invito, egli
sarebbe tornato definitivamente a Roma.
Roma rifiutò l’invito di Firenze
e Gregorio dovette mantenere la sua promessa. Tornò a Roma nel 1377, ma morì
pochi mesi dopo, forse di malinconia per aver lasciato la sua amata Avignone.
Appena si indisse il Conclave per
l’elezione del nuovo papa, i romani si affrettarono ad asserragliare il
Laterano, dove si teneva l’elezione, per
timore che venisse eletto papa un altro francese. E avevano ben motivo di
temerlo. Su 134 cardinali, ben 113 erano francesi. I romani cominciarono a
minacciare di morte i cardinali che non sceglievano un papa romano o almeno
italiano. E così in questa atmosfera minacciosa fu eletto l’arcivescovo di
Bari, Bartolomeo Prignano, che prese il nome di Urbano VI, il cui caratterino
non era niente male e che annunciò grandi cambiamenti. Come i romani, anche
Urbano corse subito ai ripari per scongiurare una nuova possibile elezione
francese e nominò una marea di nuovi cardinali in modo da assicurare agli
italiani sempre la maggioranza. Tutti gli altri, suoi nemici, li fece
ammazzare.
I francesi videro compromesso il
loro primato e corsero ai ripari. Si riunirono ad Anagni e dichiararono nulla
l’ elezione di Urbano perché strappata con le minacce dalla popolazione. Il 20
settembre 1378 elessero ad Avignone il loro papa, Roberto di Ginevra, che
assunse il nome di Clemente VII. L’Occidente fu spaccato in due ed ebbe inizio
il Grande Scisma che durò circa quarant’anni, fino al 1417.
Clemente VII fu subito
riconosciuto dalla Francia, che forse aveva delle speranze sugli stati
pontifici e aveva fatto la sua parte sottobanco, dagli Angioini di Napoli, dalla Spagna e dalla Scozia. Gli
altri stati europei rimasero fedeli ad Urbano. Le due obbedienze papali
crearono conflitti e confusioni da ogni parte; per Napoli ora c’erano due
canditati al Regno, uno incoronato dal papa di Avignone e l’altro da quello di
Roma. Nell’ ambito dello stesso stato
c’erano Signorie fedeli ad Avignone e Signorie fedeli a Roma così come c’erano due vescovi
per la stessa diocesi, uno nominato da Avignone l’altro da Roma, con conseguenze
che si possono facilmente immaginare, di favoritismo oppure di ritorsione e
isolamento.
La Contea di Carinola non fu esonerata
da questa situazione di confusione. Non li conosciamo tutti i vescovi di quel
periodo; lo storico Giuseppe Cappelletti ne cita solo alcuni.
Giuliano, detto Giubino, fu fatto
vescovo di Carinola nel 1363 dove rimase fino al 1388, anno della sua morte. Al
momento dello scisma, rimase sotto l’obbedienza romana di Urbano VI e questo comportò una doppia nomina vescovile
per Carinola. Nel 1384, mentre era ancora vivo Giuliano, Clemente VII nominò
vescovo di Carinola Matteo di Melfi e ordinò all’Arcivescovo di Corfù e al
vescovo di Cosenza di deporre Giuliano, cosa che non avvenne perché Giuliano
non lasciò la sua sede. Nello stesso 1388, alla morte di Giuliano, anche papa Urbano nominò il suo vescovo per Carinola, un Giovanni. Probabilmente fu
quest’ultimo a prendere possesso della sede di Carinola perché, come fa notare
don Amato Brodella, pagò le sue tasse e quelle dei suoi predecessori.
Dopo Giovanni, nel 1401 fu
designato vescovo calinense Marzio o Marco, fedele all’obbedienza romana perché
nominato vescovo da Bonifacio IX, successore di Urbano. Infine, un Antonio,
vescovo di Carinola, figura negli atti del Concilio di Pisa del 1409 a cui
intervenne e vi si sottoscrisse.
Questa situazione andò avanti per
un bel po’ di anni e i papi che si succedettero, dall’una e dall’altra parte,
sembravano ben felici di rimanere in carica. A nessuno di loro veniva la voglia
di dimettersi a favore dell’altro per normalizzare la situazione, anzi
sembravano sguazzarci dentro egregiamente. A molti cardinali però quella situazione di sterile contrapposizione non
andava giù e allora vollero correre ai ripari.
Il 25 marzo 1409 indissero a
Pisa un Concilio ecumenico che avrebbe dovuto risolvere finalmente la situazione.
Rivendicando il diritto di ogni potere, il Concilio cardinalizio rivolse ai due
papi in carica, Benedetto XIII e Gregorio XII, l’appello a presentarsi. Nessuno
dei due lo fece e furono entrambi deposti perché riconosciuti scismatici ed
eretici. Al loro posto fu eletto papa l’arcivescovo di Milano col nome di
Alessandro V, seguito alla sua morte da Giovanni XXIII, e la
situazione peggiorò perché ora di papi in carica ce n’erano tre! La cosa era
diventata alquanto ridicola. A questo punto intervenne Sigismondo di Boemia che,
forte del prestigioso titolo di imperatore dei romani, indisse nel 1414 un Concilio
a Costanza e li fece dimettere tutti e tre! Ci vollero però tre anni di minacce.
Finalmente l’11 novembre del 1417 fu eletto papa il Cardinale Oddone Colonna che assunse il nome di Martino V. Lo scisma era superato… ma aveva gettato i semi per un scisma ancora più grande che di lì ad un secolo sarebbe sopraggiunto.
cdl
Alcuni testi consultati
Amato Brodella: Storia della
Diocesi di Carinola – Marina di Minturno, 2005
Ferdinando Ughelli: Italia Sacra – gbooks
Filippo A. Becchetti: Istoria degli ultimi quattro secoli
della Chiesa – vol.1 – Roma, 1788
Gabriele De Rosa: Età Medievale – Bergamo, 1990
Giuseppe Cappelletti: Le chiese d’Italia dalla loro origine
sino ai nostri giorni – vol. 20 - Venezia, 1866
Hubert Jedin: Storia della Ciesa- L’epoca dei Concili – vol.
2 – Milano 2007
Indro Montanelli: Storia d’Italia
– vol 2 – Milano, 2003
Lorenzo Dattrino (a cura di): Storia della Chiesa – Roma,
1986
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