Ieri, sabato 5 maggio 2012, ho avuto l'onore di fare un piccollo intervento storico durante la cerimonia di riapertura al culto della Basilica di Foro Claudio, dopo circa cinque anni di restauro. Per gli amici che non hanno potuto essere presenti, ecco l'intervento storico che possono leggere con calma.
Ma un pezzo di storia importantissimo è celato nella grande scritta presente ai piedi della Madonna, nell’abside. La scritta, ricostruita nelle parti mancanti dal dott. Ugo Zannini, è divisa in due parti. La prima è un’invocazione allo Spirito: SPIRITUS IN CELIS NOS QUESUMUS UT TUEARIS - Lo Spirito in cielo noi invochiamo affinché ci protegga. La seconda parte è una supplica di intercessione alla Vergine affinché Pietro non sia rinchiuso in un carcere buio: VIRGO, PREBE PETRO NON CLAUDI IN CARCERE TETRO - Vergine, fa che Pietro non sia rinchiuso in un carcere tenebroso.
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Padre Michele Piccirillo, archeologo francescano di Terra Santa per chi non lo conoscesse, diceva sempre che le pietre, per essere importanti devono parlare, devono raccontare qualcosa. E per tutta la vita egli stesso è andato in cerca delle pietre che parlano, come le chiamava lui. Padre Michele amava molto questa basilica proprio perché qui le pietre parlano e raccontano la Storia, non solo la piccola storia locale, ma quella con la S maiuscola. Dalle pietre di questa basilica, inglobate nella facciata, sappiamo che essa era già piedi nel V secolo e questo ci viene confermato da documenti storici della Chiesa. Prima del 499 era infatti vescovo di Foro Claudio GAUDENZIO, che si sottoscrisse al concilio romano di Papa Felice. Nel 499 e 500 era invece vescovo COLONO o COLONIO, che intervenne al primo e al secondo sinodo di papa Simmaco. Non abbiamo informazioni per qualche secolo e saltiamo direttamente al 1071, anno in cui era vescovo GIOVANNI che intervenne alla consacrazione della chiesa di Montecassino. Giovanni fu il diretto predecessore di San Bernardo. Ma un pezzo di storia importantissimo è celato nella grande scritta presente ai piedi della Madonna, nell’abside. La scritta, ricostruita nelle parti mancanti dal dott. Ugo Zannini, è divisa in due parti. La prima è un’invocazione allo Spirito: SPIRITUS IN CELIS NOS QUESUMUS UT TUEARIS - Lo Spirito in cielo noi invochiamo affinché ci protegga. La seconda parte è una supplica di intercessione alla Vergine affinché Pietro non sia rinchiuso in un carcere buio: VIRGO, PREBE PETRO NON CLAUDI IN CARCERE TETRO - Vergine, fa che Pietro non sia rinchiuso in un carcere tenebroso.
Questa scritta è molto intrigante: chi è questo personaggio di nome PIETRO che ha meritato una scritta così centrale nell’abside? Doveva essere sicuramente un personaggio molto importante e molto conosciuto. Io credo di aver trovato chi è il Pietro citato nella scritta, ma è chiaramente ancora un’ipotesi di ricerca che va verificata, anche se sono convinta al 99% che sia lui.
Pietro, frate cistercense, fu vescovo di Carinola nella prima metà del XIII secolo (1200), in un periodo molto critico della storia europea; il periodo in cui si svolgeva l’aspra lotta tra i due poteri predominanti del tempo, Papato e Impero, che divise l’Italia in Guelfi e Ghibellini. Le due personalità che rappresentavano questi due poteri furono il papa Gregorio IX soprattutto, e l’imperatore e re di Sicilia Federico II.
Papa Gregorio IX scomunicò l’imperatore per ben due volte: la prima volta nel 1227 perché Federico non aveva mantenuto la promessa di organizzare la sesta crociata. La seconda volta lo scomunicò la Domenica delle Palme del 1239 perché Federico aveva sfidato apertamente l’autorità papale, impedendo le nomine dei vescovi, cercando di sobillare la Curia romana contro il pontefice, imprigionando molti cardinali e esiliando fuori dal regno di Sicilia tutti i vescovi fedeli al papa.
In tutto questo c’entra anche il nostro vescovo carinolese. Pietro di Carinola fu uno dei vescovi più colpiti da Federico. L’ imperatore gli fece ammazzare il fratello, forse di nome Odoardo, mandandolo alla forca con l’accusa di alto tradimento e lui lo mandò in esilio fuori dal Regno. La notizia la troviamo nella Cronaca di Riccardo da San Germano.
Nel 1241 l’inflessibile Gregorio IX morì e gli successe il più moderato Innocenzo IV. Ma le cose tra Papato e Impero non cambiarono di molto, perché papa Innocenzo era determinato a difendere gli interessi della Chiesa e a riprendersi tutti i territori dello Stato Pontificio che Federico aveva sottratto. Tra uno screzio e l’altro, nel 1245 il papa convocò un Concilio a Lione per decidere il da farsi con Federico II. E il nostro Pietro vi partecipò.
Al Concilio di Lione, l’imperatore era rappresentato da Taddeo da Sessa, suo maggior fiduciario, il quale offrì la restituzione dei territori sottratti pur di evitare la terza scomunica che avrebbe significato la destituzione di Federico come imperatore. Ma papa Innocenzo non si lasciò intenerire e non accettò. Durante il Concilio, Pietro di Carinola fu l’unico vescovo che si alzò contro l’imperatore e lo accusò di essere un eretico, di non credere né al Cristo né alla Chiesa, di avere più mogli contemporaneamente e di convivere in concubinato con donne saracene. Insomma, ne disse di tutti i colori. Le accuse di Pietro a Federico furono confermate anche da un vescovo spagnolo.
Taddeo da Sessa cercò di salvare il salvabile, accusando a sua volta Pietro di Carinola di parlare per odio personale nei confronti dell’imperatore, ma il suo tentativo non andò in porto. Federico fu scomunicato per la terza volta e deposto come imperatore del Sacro Romano Impero. A seguito della scomunica, papa Innocenzo emanò un proclama ai sudditi imperiali dicendo che potevano considerarsi sciolti dal giuramento di fedeltà all’imperatore e potevano scegliersi un nuovo imperatore.
La vendetta di Federico non si fece attendere. Pietro fu arrestato e rinchiuso nella Rocca di Arce. A MIO PARERE, A QUESTO PERIODO APPARTIENE LA FAMOSA SCRITTA DELL’ABSIDE e a questo periodo appartengono anche i tre affreschi di San Leonardo, presenti in questa basilica. Come gli esperti sanno, San Leonardo era protettore dei fabbri ferrai, ma anche dei carcerati. In questo caso, io credo che sia stato raffigurato più come protettore dei carcerati che dei fabbri e lo prova il fatto che sia stato raffigurato con i ceppi dei carcerati ben visibili tra le mani, più che con gli arnesi del mestiere. La mia ipotesi è che questi affreschi siano stati commissionati da persone molto vicine al vescovo Pietro, forse suoi familiari o suoi confratelli o anche i fedeli di Carinola, che intendevano così assicurargli la protezione di San Leonardo. Infatti si credeva che la protezione di San Leonardo fosse così potente che bastava invocarlo perché le catene si spezzavano e le porte dei carceri si aprivano. Ed è in effetti quello che successe a Pietro. Fu liberato.
Qualche storico della Chiesa, come Ferdinando Ughelli, ritiene che Pietro morì in carcere, ma probabilmente ha fatto confusione, uno scambio di persona, tra il vescovo di Carinola e quello di Venafro, che effettivamente morì in carcere. Pietro fu invece nominato da Innocenzo IV arcivescovo di Sorrento nel 1250 e lo fu fino al 1258, quando commise una sciocchezza imperdonabile. Infatti, il 10 agosto del 1258 era a Palermo all’incoronazione di Manfredi, figlio di Federico, incoronazione che non fu riconosciuta dal nuovo papa Alessandro IV che riteneva Manfredi un usurpatore. A seguito di questa sua presenza a Palermo, papa Alessandro privò Pietro della dignità episcopale e lo ridusse a semplice sacerdote. Non sappiamo ancora i motivi del comportamento di Pietro che gli attirò il castigo del papa, ma più tardi fu comunque perdonato dal papa e rimesso al suo posto come arcivescovo di Sorrento.
Questa è il pezzo di Storia che, nella mia opinione, è raccontato da quella scritta. Come ho detto precedentemente, sono sicura al 99% che il Pietro nominato in quella scritta sia il vescovo di Carinola che partecipò al Concilio di Lione. Ma per essere sicuri bisognerebbe eliminare anche quell’un per cento di dubbio che ancora rimane. Come si potrebbe fare? Con un semplice esame epigrafico, ossia con l’esame delle lettere che compongono la scritta. Se esse appartengono al periodo svevo, che poi è un periodo storico abbastanza ristretto, anche quell’1% scompare e si raggiunge la certezza che QUEL Pietro è proprio il vescovo di Carinola del periodo svevo. Questo ulteriore esame porterebbe la nostra basilica un gradino più in alto sulla scala dell’importanza storico-artistica.
c.d.l.
Bravissima,Dr.DiLorenzo,
RispondiEliminaLei e`una fonte d'informazione inesauribile. E`sempre con grande interesse che leggo la storia veramente interessantissima della nostra
zona e principalmente di Carinola. Non sapevo
che avessimo un passato cosi importante e cosi
glorioso. Per favore,continui a tenerci informati, cosicche`non siamo piu`ignoranti del
nostro storico passato .Vivissime congratulazioni
E' stata una grande emozione ascoltarla, complimenti davvero e grazie per il suo prezioso lavoro.
RispondiEliminaSe la sua tesi sarà confermata, sarebbe davvero un bel passo avanti per questo territorio. Gli amministratori dovranno cominciare a prendere molto sul serio l'impegno della tutela e della valorizzazione dei nostri beni storici-artistici. Grazie per tutto quanto sta facendo per il comune di Carinola. Il comune aveva proprio bisogno di una persona come lei, dottoressa!
RispondiEliminaSalvatore