Balli al Calendimaggio
Tra le persone che si sono distinte per l'opera di tutela del patrimonio
artistico carinolese, un merito particolare spetta senz’altro alla nostra concittadina signora
Adele Marini Ceraldi, romana trapiantata da tempo nel Comune di Carinola, che per anni si è impegnata affinché esso fosse
salvaguardato e valorizzato. Se oggi la Basilica di Foro Claudio è stata
restituita al culto stupendamente restaurata lo dobbiamo anche a lei che, nel
corso della sua vita, ha denunciato, segnalato, sollecitato, scritto,
combattuto un po’ come don Chisciotte contro i mulini a vento, perché erano
anni difficili, anni in cui la conoscenza e l’apprezzamento del proprio
patrimonio era quasi inesistente e di conseguenza scarso l’interesse e la
tutela. Lei, con tenacia, è andata
avanti senza mai perdersi d’animo; con forza e determinazione, ma soprattutto con l' umiltà e la discrezione che solo le
persone di una volta possono avere. Il suo impegno fu molto apprezzata dal Soprintendente ai Beni
Culturali della Campania, dott. Fausto Zevi, che la nominò ispettrice onoraria per i Beni
Archeologici di Napoli e Caserta.
A lei dobbiamo anche il recupero e la ristampa del libro del notaio Luca Menna “Saggio istorico della città di Carinola”, dato alle stampe la prima volta nel 1848, e che ha riportato all’attenzione dei carinolese il loro passato.
A lei dobbiamo anche il recupero e la ristampa del libro del notaio Luca Menna “Saggio istorico della città di Carinola”, dato alle stampe la prima volta nel 1848, e che ha riportato all’attenzione dei carinolese il loro passato.
Leggendo la monografia La Basilica di Santa Maria in Foro Claudio,
da lei pubblicata nel 1990 e regalatami molto gentilmente da suo figlio Enzo, ho
avuto la sorpresa di leggere delle
pagine davvero interessanti. Quella che mi ha colpito in modo particolare
riguarda un Calendimaggio, festa di primavera, che si usava tenere a Foro Claudio
nel medioevo. Su questa festa, la signora Marini Ceraldi ci fornisce delle stupende
informazioni che vanno assolutamente trasmesse
ad un vasto pubblico, non solo carinolese.
Come si può leggere nella monografia, l’appellativo “Forum” veniva dato a tutte le città di una certa importanza che i romani fornivano di tanti "comfort" e alle quali era concesso anche il privilegio di amministrare la giustizia, tramite un pretore, e di tenere pubbliche fiere.
Nel territorio carinolese, come sappiamo, c’erano due città fregiate di questo appellativo: Foro Popilio e Foro Claudio. L’una prendeva probabilmente il nome da qualcuno della gens dei Popilii, l’altra da un nobile romano di nome Claudio che nel 386 divenne pretore della città. Entrambe erano dotate di un anfiteatro per gli spettacoli e di una basilica pagana per le riunioni pubbliche e per l’amministrazione della giustizia.
Con l’avvento del cristianesimo, le basiliche pagane furono trasformate in basiliche cristiane e più tardi divennero sedi episcopali.
Dopo la caduta dell’impero romano, i Conti di Carinola vollero continuare a ricordare il privilegio che la loro città aveva avuto di amministrare la giustizia e di tenere fiere, istituendo una suntuosa fiera di tre giorni che si teneva ogni anno ai primi di maggio nella città di Foro Claudio. Era il cosiddetto Calendimaggio, festa molto in uso nel medioevo in tante importanti città italiane.
A Valledoro, probabile nome medievale di Ventaroli e da cui quest'ultimo deriva, la festa aveva inizio con l'elezione di un Maestro di Fiera, che fungeva da Giudice popolare (pretore), detto banderale. La signora Ceraldi avanza un’ipotesi molto interessante su questa figura e che potrebbe dare una spiegazione più logica al gruppo di pitture dei mestieri presenti nell’Episcopio di Ventaroli. Secondo lei, è molto probabile che il banderale venisse scelto, di anno in anno, in una di queste corporazioni di lavoratori medioevali raffigurate nell’Episcopio.
Personalmente avanzo un’altra ipotesi, a completamento di quella della signora Marini Ceraldi, ossia che dopo ogni nomina annuale, a fine festa il banderale di turno facesse raffigurare la vignetta della propria corporazione d'appartenenza come segno di ringraziamento alla Vergine. Se così fosse, osservando le vignette in successione, si poteva capire da quale corporazione era stato preso negli anni il banderale. La presenza di date sarebbe stata di valido aiuto, ma purtroppo tutto le ipotesi rimangono nella sfera del dubbio.
Il banderale veniva accompagnato al Seggio di Giustizia da un corteo di gentiluomini a cavallo dove, aiutato da una Corte detta Nundinale, amministrava la giustizia “ad horas” nei tre giorni di festa. I cavalieri erano preceduti dal Gonfalone della Città e dal Pallio con l’effigie del protettore San Giovanni, portati da due paggi e accompagnati nel loro andare da rulli di tamburi e squilli di trombe. L’intero corteo, alla cui coda era tutto il popolo festante, partendo dalla strada Regia (la via Appia) giungeva a piedi all’Episcopio, dove rendeva omaggio all’immagine della Madonna. Poi si proseguiva per il pubblico sedile dove si insediava il banderale.
Durante i tre giorni di festa si teneva anche una corsa di cavalli che richiamava sul posto i migliori cavalieri della contrada, nobili e popolani. I festeggiamenti si chiudevano con il corteo di nuovo in marcia che, facendo lo stesso percorso, ritornava all’Episcopio per ringraziare la Vergine e poi si concludeva in città.
Come si può leggere nella monografia, l’appellativo “Forum” veniva dato a tutte le città di una certa importanza che i romani fornivano di tanti "comfort" e alle quali era concesso anche il privilegio di amministrare la giustizia, tramite un pretore, e di tenere pubbliche fiere.
Nel territorio carinolese, come sappiamo, c’erano due città fregiate di questo appellativo: Foro Popilio e Foro Claudio. L’una prendeva probabilmente il nome da qualcuno della gens dei Popilii, l’altra da un nobile romano di nome Claudio che nel 386 divenne pretore della città. Entrambe erano dotate di un anfiteatro per gli spettacoli e di una basilica pagana per le riunioni pubbliche e per l’amministrazione della giustizia.
Con l’avvento del cristianesimo, le basiliche pagane furono trasformate in basiliche cristiane e più tardi divennero sedi episcopali.
Dopo la caduta dell’impero romano, i Conti di Carinola vollero continuare a ricordare il privilegio che la loro città aveva avuto di amministrare la giustizia e di tenere fiere, istituendo una suntuosa fiera di tre giorni che si teneva ogni anno ai primi di maggio nella città di Foro Claudio. Era il cosiddetto Calendimaggio, festa molto in uso nel medioevo in tante importanti città italiane.
A Valledoro, probabile nome medievale di Ventaroli e da cui quest'ultimo deriva, la festa aveva inizio con l'elezione di un Maestro di Fiera, che fungeva da Giudice popolare (pretore), detto banderale. La signora Ceraldi avanza un’ipotesi molto interessante su questa figura e che potrebbe dare una spiegazione più logica al gruppo di pitture dei mestieri presenti nell’Episcopio di Ventaroli. Secondo lei, è molto probabile che il banderale venisse scelto, di anno in anno, in una di queste corporazioni di lavoratori medioevali raffigurate nell’Episcopio.
Personalmente avanzo un’altra ipotesi, a completamento di quella della signora Marini Ceraldi, ossia che dopo ogni nomina annuale, a fine festa il banderale di turno facesse raffigurare la vignetta della propria corporazione d'appartenenza come segno di ringraziamento alla Vergine. Se così fosse, osservando le vignette in successione, si poteva capire da quale corporazione era stato preso negli anni il banderale. La presenza di date sarebbe stata di valido aiuto, ma purtroppo tutto le ipotesi rimangono nella sfera del dubbio.
Il banderale veniva accompagnato al Seggio di Giustizia da un corteo di gentiluomini a cavallo dove, aiutato da una Corte detta Nundinale, amministrava la giustizia “ad horas” nei tre giorni di festa. I cavalieri erano preceduti dal Gonfalone della Città e dal Pallio con l’effigie del protettore San Giovanni, portati da due paggi e accompagnati nel loro andare da rulli di tamburi e squilli di trombe. L’intero corteo, alla cui coda era tutto il popolo festante, partendo dalla strada Regia (la via Appia) giungeva a piedi all’Episcopio, dove rendeva omaggio all’immagine della Madonna. Poi si proseguiva per il pubblico sedile dove si insediava il banderale.
Durante i tre giorni di festa si teneva anche una corsa di cavalli che richiamava sul posto i migliori cavalieri della contrada, nobili e popolani. I festeggiamenti si chiudevano con il corteo di nuovo in marcia che, facendo lo stesso percorso, ritornava all’Episcopio per ringraziare la Vergine e poi si concludeva in città.
Queste le notizie che la signora
Marini Ceraldi ci fornisce. Esse mi hanno colpito per due motivi:
1) per le informazioni
storiche che francamente non conoscevo e che mi hanno molto affascinato;
2) per
il tesoro che abbiamo per le mani e che potremmo sfruttare a vantaggio della
crescita di Carinola, come già fanno in altre città più famose.
Ricostruire, oggi,
una rappresentazione simile sarebbe veramente un rilancio eccezionale per
Carinola, perché non solo porterebbe turismo, ma incrementerebbe anche l’economia. Nella
mia ottica, la cultura paga sempre se usata con criterio, ma con intraprendenza.
Purtroppo sembra che dalle nostre parti, non si afferri questo concetto.
Senza polemiche, spero che si cominci
a considerare seriamente le occasioni che la storia ci regala e a sfruttarle al meglio per il rilancio del territorio. Intanto, mi
sento di ringraziare a nome di tutto il popolo carinolese la signora Adele
Marini Ceraldi per tutto quello che ha fatto e che continua a fare nonostante l’età,
e le rinnovo il mio personale rispetto e la mia stima.
c.d.l.
Dal testo monografico : La Basilica di S. Maria in Foro Claudio - di Adele Marini Ceraldi - Marina di Minturno, 1990
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