Panorama della Piana di Fondi - dal sito www.turismopontino.net |
Ancora una volta mi ritrovo a deviare dal tracciato
principale e fare un passo indietro nella storia per il piacere degli amici di
Fondi e di Mondo Aurunco, lettori di questo blog, che vorrebbero io
approfondissi la storia della mitica città di AMYCLAE. Onestamente, non sapevo
nulla di questa città della piana di Fondi che la tradizione vuole sommersa dal
lago o dal mare, così come la nostra Sinuessa fu sommersa dal mare in seguito a fenomeni
di bradisismo. Approfondendo gli studi di molti archeologi inglesi ed americani
e quelli di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, ho scoperto delle cose davvero
molto affascinanti, che hanno il carattere della leggenda più che della storia.
Tuttavia proprio queste leggende fanno emergere l’importanza di un territorio
ancora poco studiato e poco valorizzato.
*****
Il nome Amyclae richiama
mondi lontani, nel tempo e nello spazio. Mondi leggendari popolati di ninfe dai
nomi affascinanti: Amantea, Calypso, Pasifae, divinità minori che gremivano il
complesso universo della mitologia greca. E la sensazione di fascino che mi da
questo nome non è affatto sbagliata perché tutto ebbe inizio proprio là,
nell’antica Grecia, dove un pezzo di Storia, partendo dai monti del Peloponneso,
si è staccato e srotolato lungo il Mediterraneo e, diventando leggenda, è approdato sulle coste
italiane, nella piana di Fondi…
L’antica Amiclae pre-spartana sorgeva nella Laconia nei pressi del
fiume Eurota, in una piana verdeggiante alle falde del monte Taigeto che ad essa
apparteneva. La leggenda vuole che fosse stata
fondata intorno al 1485 a.C. da Amiclas, figlio di Lacedemone, che le diede il
suo nome.
Amyclae era molto probabilmente la capitale dei re Achei. Secondo Stesicoro e Simonide (frammento 177) in essa abbondavano monumenti importanti tra cui le tombe di Cassandra ed Agamennone che, secondo una tradizione, regnò su questa città. Amyclae aveva però lo svantaggio di trovarsi troppo vicina alla dorica Sparta (solo venti stadi, circa due miglia e mezzo), allora formata da quattro villaggi (oboi), ma che si accingeva a diventare la potenza militare che, insieme ad Atene, dominò il mondo greco. Si può facilmente capire quanto facesse gola agli spartani la conquista di Amyclae durante l’espansione dorica nella Laconia, di cui Sparta divenne poi la metropoli principale. Non solo per una questione politica; soprattutto per una questione di prestigio.
Le altre città micenee (o achee) erano capitolate subito, ma Amyclae resistette a lungo perché tutte le forze achee si concentrarono nella sua difesa e solo per il tradimento di un suo cittadino, Filonomo, si arrese definitivamente agli Spartani. Era il IX secolo a.C. ed era re Teleclo.
Pausania, scrittore e geografo del II secolo d.C. scrive: “Durante Regno di Teleclo i Lacedemoniani presero Amyclae, Pharis e Gerontrae che erano in possesso degli Achei. I popoli delle ultime due città furono costernati all'avvicinarsi dei Dori e capitolarono a condizione di avere il permesso di ritirarsi dal Peloponneso. Ma gli Amycleani non furono conquistati al primo assalto, ma solo dopo una lunga resistenza e molti fatti importanti. E i Dori convalidarono l'importanza di questa vittoria con un trofeo che edificarono sugli Amicleani (il tempio di Giove Tropeo – ndr)". Amyclae andò così a comporre il quinto villaggio (oba) di Sparta da cui però, nel tempo, guadagnò una certa autonomia amministrativa, ma non l’indipendenza.
Amyclae era molto probabilmente la capitale dei re Achei. Secondo Stesicoro e Simonide (frammento 177) in essa abbondavano monumenti importanti tra cui le tombe di Cassandra ed Agamennone che, secondo una tradizione, regnò su questa città. Amyclae aveva però lo svantaggio di trovarsi troppo vicina alla dorica Sparta (solo venti stadi, circa due miglia e mezzo), allora formata da quattro villaggi (oboi), ma che si accingeva a diventare la potenza militare che, insieme ad Atene, dominò il mondo greco. Si può facilmente capire quanto facesse gola agli spartani la conquista di Amyclae durante l’espansione dorica nella Laconia, di cui Sparta divenne poi la metropoli principale. Non solo per una questione politica; soprattutto per una questione di prestigio.
Le altre città micenee (o achee) erano capitolate subito, ma Amyclae resistette a lungo perché tutte le forze achee si concentrarono nella sua difesa e solo per il tradimento di un suo cittadino, Filonomo, si arrese definitivamente agli Spartani. Era il IX secolo a.C. ed era re Teleclo.
Pausania, scrittore e geografo del II secolo d.C. scrive: “Durante Regno di Teleclo i Lacedemoniani presero Amyclae, Pharis e Gerontrae che erano in possesso degli Achei. I popoli delle ultime due città furono costernati all'avvicinarsi dei Dori e capitolarono a condizione di avere il permesso di ritirarsi dal Peloponneso. Ma gli Amycleani non furono conquistati al primo assalto, ma solo dopo una lunga resistenza e molti fatti importanti. E i Dori convalidarono l'importanza di questa vittoria con un trofeo che edificarono sugli Amicleani (il tempio di Giove Tropeo – ndr)". Amyclae andò così a comporre il quinto villaggio (oba) di Sparta da cui però, nel tempo, guadagnò una certa autonomia amministrativa, ma non l’indipendenza.
Verso il VI secolo a.C.
un gruppo di greci guidati da Glauco, figlio di Minosse, e dagli stessi Castore e Polluce, protettori di Sparta, approdò sulle coste tirreniche per fondarvi
una colonia. I nuovi venuti rimasero affascinanti da un luogo lungo la costa tirrenica
chiamato Valmarino, molto simile al loro territorio d’origine, in cui due
piccoli fiumi non avevano sufficiente pendenza per arrivare al mare e le loro
foci erano impedite da cumuli di sabbia. Il terreno ne risultava un po’
paludoso proprio per la mancanza di pendenza e dal lago che si formava uscivano
due piccoli fiumi che chiamarono Fundano e Amiclano, oggi Canneto e S. Anastasio. Secondo il Galanti, un
tempo sul S. Anastasio trafficavano barche di una certa grandezza, mentre il
Canneto, più a settentrione, faceva da confine con il tenimento di Terracina. Gli
studiosi della Real Accademia di Napoli ritengono che il Canneto, e non il Liri
come comunemente si ritiene, potrebbe essere il Verde di cui parla Dante nel Purgatorio (canto III, vv 103-145). Presso tale fiume
sarebbe stato disperso il cadavere del re Manfredi, portato fuori dallo Stato della Chiesa
per ordine di Bartolomeo Pignatelli, vescovo di Cosenza, e con il
consenso di papa Clemente IV, a candele spente e capovolte, come si conveniva ad
uno scomunicato:
Se il pastor di Cosenza, che a la
caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa
faccia,
l’ossa del corpo mio sarieno ancora
in co' del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.
Or le bagna la pioggia e move il
vento
di fuor dal Regno, quasi lungo ‘l
Verde,
dove le trasmutò a lume spento.
Sulla riva del lago
che guarda verso il mare sorse la nuova Amyclae (o Amunclae).
Plinio narra che essa fu distrutta dai serpenti: Amyclae serpentibus deletae (Plinio – Hist. Nat. lib.3, § 9, ver. 6). Ora, si potrebbe anche pensare che in luogo paludoso abbondassero serpenti i quali costrinsero gli abitanti di Amyclae ad abbandonarla, ma sarebbe veramente possibile? In realtà sembra che l’Amyclae fundana fu distrutta dai Volsci, che stanziavano in zona e il cui nome, nella loro lingua, per un’assonanza, poteva significare serpenti.
Plinio narra che essa fu distrutta dai serpenti: Amyclae serpentibus deletae (Plinio – Hist. Nat. lib.3, § 9, ver. 6). Ora, si potrebbe anche pensare che in luogo paludoso abbondassero serpenti i quali costrinsero gli abitanti di Amyclae ad abbandonarla, ma sarebbe veramente possibile? In realtà sembra che l’Amyclae fundana fu distrutta dai Volsci, che stanziavano in zona e il cui nome, nella loro lingua, per un’assonanza, poteva significare serpenti.
Una spiegazione logica all'affermazione di Plinio tenta di darla Servio Mario Onorato, grammatico e commentatore dell’Eneide
di Virgilio. Egli sostiene che gli amiclani
fossero seguaci delle dottrine di Pitagora, il quale proibì ai suoi seguaci di
mangiare carne perché convinto che l’anima umana potesse migrare in corpi di animali.
Per la stessa ragione impose di non ammazzare nessun tipo di animale. Per le loro convinzioni dottrinarie, gli amiclani non uccidevano i serpenti che
popolavano i vicini acquitrini ed essi divennero talmente numerosi ed invadenti
che costrinsero gli abitanti ad abbandonare la città.
Un’altra tradizione
sostenuta dallo stesso Servio e da altri autori del passato si basa sul
"silenzio" di Amyclae quale causa della sua distruzione.
Virgilio nell’Eneide scrive:
Magnanimo Volscente satum, ditissimus agri
Qui fuit Ausonidum, et tacitatis
regnavit Amyclis
(Eneide, X, 563)
Alcuni studiosi ritengono però che Virgilio abbia trasportato una leggenda dell' Amyclae laconiana all' Amyclae fondana.
E l’ultimo verso del Pervigilium Veneris, anonimo componimento poetico dell'età imperiale, recita:
Silio
Italico invece scrive:
“Sic Amiclas,
quum tacerent, perdidit silentium” (il silenzio distrusse Amyclae).
….Sinuessa tepens fluctuque sonorum
Vulturnum, quasque evertere silentia
Amyclae
Fundique et regnata Lamo Cajeta
domusque
Antiphatae compressa freto.
(Lib. VIII, v. 527)
Due le opinioni
su questo attributo ricorrente di Amyclae:
1) che ai suoi abitanti fu imposto il silenzio come legge per mettere un freno ai falsi allarmi di attacchi nemici che ogni giorno circolavano e che atterrivano la popolazione. Quando infine il nemico arrivò sul serio, trovò la città indifesa e la distrusse.
2) la causa della distruzione di Amyclae va comunque cercata nella dottrina del silenzio di Pitagora di cui gli amiclani erano seguaci, come ritiene Aulo Gellio, giurista e scrittore romano del II secolo d.C.
A coloro che volevano seguire la sua dottrina, Pitagora imponeva un silenzio totale di cinque anni ed esso fu la causa della distruzione di Amyclae, perché nessun abitante aprì bocca per dare l’allarme all’arrivo del nemico.
Gli studi più recenti fatti nella piana di Fondi sono quelli di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, i quali ritengono che l’antica Amyclae fondana fosse sul monte Pianara e non sulla costa. In seguito a minuziose ricerche in zona, hanno trovato e misurato mura che potrebbero essere quelle di un’antica città, apparentemente estesa per 33 ettari, e che potrebbe essere stata attiva tra il VI e IV secolo a. C.
1) che ai suoi abitanti fu imposto il silenzio come legge per mettere un freno ai falsi allarmi di attacchi nemici che ogni giorno circolavano e che atterrivano la popolazione. Quando infine il nemico arrivò sul serio, trovò la città indifesa e la distrusse.
2) la causa della distruzione di Amyclae va comunque cercata nella dottrina del silenzio di Pitagora di cui gli amiclani erano seguaci, come ritiene Aulo Gellio, giurista e scrittore romano del II secolo d.C.
A coloro che volevano seguire la sua dottrina, Pitagora imponeva un silenzio totale di cinque anni ed esso fu la causa della distruzione di Amyclae, perché nessun abitante aprì bocca per dare l’allarme all’arrivo del nemico.
Gli studi più recenti fatti nella piana di Fondi sono quelli di Lorenzo Quilici e Stefania Quilici Gigli, i quali ritengono che l’antica Amyclae fondana fosse sul monte Pianara e non sulla costa. In seguito a minuziose ricerche in zona, hanno trovato e misurato mura che potrebbero essere quelle di un’antica città, apparentemente estesa per 33 ettari, e che potrebbe essere stata attiva tra il VI e IV secolo a. C.
Ma l’ipotesi Pianara trova delle fiere resistenze tra gli studiosi. Alcuni
sostengono che la città trovata dai Quilici sia molto più piccola
ed appartenga a popolazioni italiche locali, i Volsci ad esempio; inoltre, la
tradizione antica vuole Amyclae fondata sulla costa e non sul monte. Volerla su un monte significherebbe vanificare le informazioni di tanti illustri scrittori e studiosi del passato che ne hanno parlato. Altri ancora sostengono che Amyclae
potrebbe non essere mai esistita ed essere solo un’invenzione
storiografica, cosa molto diffusa nella nostra penisola.
C’è però ancora un’ultima ipotesi, derivata da una frase di Pietro Arduino, botanico di Padova del XVIII secolo,
in una nota a Plinio il Vecchio sui vini:.... "in litorale positae, hodie Sperlonga, unde
sinui amyclano nomen".
La Sperlonga di oggi sarebbe dunque l' antica Amyclae.
Di quest'ultima intrigante ipotesi nessuno può darcene certezza; probabilmente nemmeno eventuali altri studi e ricerche. Ma mi piace credere che l’affascinante leggenda di Amyclae abbia in essa la sua base storica che l’ha conservata, sebbene trasformata, fino ai nostri giorni.
La Sperlonga di oggi sarebbe dunque l' antica Amyclae.
Di quest'ultima intrigante ipotesi nessuno può darcene certezza; probabilmente nemmeno eventuali altri studi e ricerche. Ma mi piace credere che l’affascinante leggenda di Amyclae abbia in essa la sua base storica che l’ha conservata, sebbene trasformata, fino ai nostri giorni.
c.d.l.
Alcuni testi consultati
Cramer John
Anthony – A geographical and historical
description of ancient Italy – vol. II – Oxford, 1826
Desiderius
Erasmus – R.A.B. Minors – Adages – vol. 3-
Toronto, 1989
Galanti Giuseppe Maria – Della descrizione geografica e
politica delle Sicilie – Napoli 1793
Kennel Nigel
M. – The Gymnasium of Virtue: Education and Culture in ancient Sparta- The University of North Carolina Press, 1995
Lempriere
John – A classical dictionary – London,
1801
Muller Karl
O. - The history of antiquities of the
Doric race – vol. 1 – Oxford, 1830
Nibby Antonio –
Elementi di archeologia – Roma, 1828
Publio Virgilio Marone – Eneide – Ed. Scolastiche Mondadori,
1972
Quilici Lorenzo e Quilici Gigli Stefania – La forma della
città e del territorio, vol. 3 – Roma, 2006
Reale Accademia di Napoli – Rendiconto delle tornate e dei
lavori della Reale Accademia di Napoli – Napoli, 1867
Grazie Concetta per esserti interessata e pubblicato questa pagina su Amyclae - a mia volta l'ho pubblicata su il mio sito www.lacittadifondi.it nel reparto MondoAurunco - Fondi: http://www.lacittadifondi.it/modules.php?name=MondoAurunco&page=fondi.html
RispondiEliminaBeniamino Feula
Grazie Concetta
RispondiEliminaGrazie a voi per avermi dato l'opportunità di conoscere ed approfondire questa stupenda pagina storica del nostro territorio. Sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti.
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